Akhalgori, in Ossezia del Sud, prima della guerra di agosto era abitata prevalentemente da georgiani. Molti dei residenti vivono ora in centri per i rifugiati, ma alcuni ex amministratori tornano per aggiustare le condutture dell'acqua
Di: Deborah B. Wild, per EurasiaNet, 3 aprile 2009 (titolo originale: "South Ossetia diary: former Georgian officials help with Akhalgori repairs")
Traduzione di Osservatorio Balcani e Caucaso
È stata un'apertura a cui non avrebbero pensato neppure i negoziatori più esperti. Mentre diplomatici occidentali e giornalisti tentavano in ogni modo di raggiungere la città contesa di Akhalgori, nella regione separatista dell'Ossezia del Sud, la rottura delle condutture dell'acqua ha permesso agli ex-amministratori georgiani di ritornare.
Come la maggior parte degli abitanti, Vladimir Shermadini, ex vice-presidente della regione di Akhalgori, ha abbandonato il piccolo centro abitato il 15 agosto 2008, quando sono arrivate milizie separatiste ossete e truppe russe. Ma già dopo una settimana, era ritornato.
Il suo scopo era semplice: parlare ai nuovi amministratori osseti della cittadina, i quali per lo più non avevano alcuna idea della situazione delle infrastrutture nella regione o di altri problemi di questo tipo. "Abbiamo mostrato loro tutta la documentazione disponibile e li abbiamo informati di come le cose funzionano nella regione", ha raccontato Shermadini al reporter di Eurasianet . Il sistema di condutture dell'acqua ha bisogno di riparazioni, "ma loro non sanno come fare" - ha dichiarato, riferendosi agli osseti.
Nei sette mesi seguiti all'arrivo degli osseti, Shermadini o Zurab Pitskhelauri, l'ex-presidente della regione nominato da Tbilisi, sono andati ad Akhalgori almeno una volta alla settimana, badando bene ad essere sempre presenti agli incontri che l'amministrazione osseta organizza ogni domenica nel locale cinema. "Non mi sono mai perso nessuno di questi incontri, perché non voglio avere notizie per sentito dire, voglio informazioni di prima mano", ha detto Shermadini.
In cambio del suo aiuto, Shermadini, che aveva lavorato per l'amministrazione di Akhalgori per 30 anni, avrebbe voluto garanzie riguardo al completamento dei progetti già avviati, come la riparazione di strade, del sistema energetico e del sistema di condutture che portano acqua ad Akhalgori. Ma i rappresentanti dell'amministrazione osseta, molti dei quali vivevano ad Akhalgori prima della guerra separatista con la Georgia del 1991-1992, non hanno offerto garanzie. "La nuova amministrazione non ha alcun potere", ha aggiunto Shermadini.
Persone appartenenti alla comunità georgiana che talvolta ritornano ad Akhalgori, per controllare i propri possedimenti o visitare dei parenti, descrivono la cittadina come se si trovasse in una specie di limbo. "Nessuno controlla davvero la situazione. C'è molto caos e confusione lassù", ha dichiarato Robinson Tskomelidze, membro di una delle 1.400 famiglie di Akhalgori che attualmente vivono a Tserovani, un insediamento costruito per rifugiati non lontano dalla città di Gori.
I rifugiati dicono che l'amministrazione osseta della città raccoglie la spazzatura due volte alla settimana, e che l'unità di emergenza dell'ospedale è ancora in funzione con due medici, un chirurgo, infermieri ed il resto dello staff. Anche scuola ed asilo sono ancora aperti, mentre una birreria locale ed alcuni ristoranti sono ora chiusi.
La vita però rimane difficile. Da agosto non ci sono più stati approvvigionamenti di gas, e le forniture di acqua ed elettricità non sono regolari. Le pensioni non vengono pagate, ed i lavoratori del settore pubblico diAkhalgori hanno ricevuto il loro ultimo stipendio a gennaio; secondo gli ex-residenti, i salari non sono stati pagati né nei mesi precedenti, né nei successivi.
I piccoli autobus che cinque volte al giorno collegano Akhalgori con i territori controllati dai georgiani sono una delle poche cose rimaste invariate dalla guerra. I proprietari dei negozi di Akhalgori si affidano a questi autobus per ottenere rifornimenti da Tbilisi, situata a circa 90 minuti di viaggio, ma andare avanti e indietro ha un costo.
"Solo alcune persone possono andare in sicurezza... Sono soprattutto le donne che tornano indietro", dice il rifugiato Tskomelidze. Il trattamento dei passeggeri che vanno ad Akhalgori dipende da chi si trova in quel momento al punto di controllo al limitare della cittadina: "Di solito, le macchine private non devono pagare per entrare in città. I minibus pagano tra i 5 e i 10 lari circa 3-6 dollari. Ma potrebbero chiederti 100 lari circa 60 dollari, e se non li hai, ti terranno lì finché non arriverà qualcuno con i soldi" raccontaTskomelidze. Non è stato possibile contattare amministratori di Tskhinvali per verificare queste informazioni.
Le donne che fanno questo viaggio, lo fanno sempre con un certo disagio. Una donna osseta di nome Dali ha lasciato Akhalgori perché temeva per i propri figli, che portano il cognome del loro padre georgiano. Lei ritorna regolarmente ad Akhalgori per prendersi cura dei suoi anziani genitori. "Non sono mai stata fermata o minacciata", racconta Dali, aggiungendo che preferisce dormire nella casa dei propri genitori invece che nella propria, in quanto la loro appartenenza al gruppo osseto fornisce un certo grado di protezione.
Sia i rifugiati osseti che quelli georgiani provenienti da Akhalgori, intervistati da EurasiaNet, hanno detto che non c'è stato alcun tentativo di obbligarli a prendere il passaporto osseto o russo, diversamente da quanto dichiarato frequentemente dai media georgiani. Gli ex-residenti, tuttavia, dichiarano che Akhalgori non è più sicura neanche per gli osseti. Lo scorso 4 marzo un insegnante ed un amministratore cittedino, entrambi etnicamente osseti, sono stati accusati di tradimento e di aver attentato al governo del de facto presidente dell'Ossezia del Sud, Eduard Kokoity, per aver partecipato alle elezioni presidenziali alternative del 2006, organizzate da Tbilisi. Dopo proteste internazionali, entrambi sono stati rilasciati di prigione.
L'8 marzo l'esplosione di un deposito di armi, ad alcuni chilometri da Akhalgori, ha aumentato ulteriormente il senso di disagio degli abitanti della regione. L'ex vice-capo di Akhalgori, Shermadini, ha trovato tutte le finestre del proprio appartamento distrutte dall'esplosione. "I russi hanno cercato di nascondere l'evento, chiedendo scusa, ma tutti si sono subito nascosti negli scantinati delle proprie case", racconta Shermadini. "La gente non aveva idea di cosa stesse succedendo. Qualcuno credeva che una nuova guerra avesse avuto inizio e che i georgiani stessero invadendo l'area".
Altre esplosioni sono seguite il 12 marzo, obbligando altre 22 famiglie ad andare al centro per rifugiati di Tserovani. Secondo Shermadini, ad Akhalgori non è rimasto più del 5 per cento della popolazione che vi risiedeva precedentemente. Secondo Shermadini, non è più possibile raggiungere i vertici dell'attuale amministrazione, Anatoli Margievi ed il suo vice. Sembra che per lui non vi sarà più occasione di collaborare alla costruzione delle condutture dell'acqua diAkhalgori. "Nessuno è più al sicuro lì", ha concluso Shermadini.