Tbilisi, Georgia -  2022 - Manifestazioni di piazza a favore dell'UE © EvaL Miko/Shutterstock

Tbilisi, Georgia -  2022 - Manifestazioni di piazza a favore dell'UE © EvaL Miko/Shutterstock

In settimana il Consiglio europeo deciderà se assegnare lo status di paese candidato UE alla Georgia. Il paese intanto oscilla fra una legge liberticida in odore di Russia, che limita assemblee e dimostrazioni di piazza, e un'opinione pubblica spiccatamente filo-europea

12/12/2023 -  Marilisa Lorusso

I prossimi 14 e 15 dicembre il Consiglio europeo deciderà sullo status da assegnare alla Georgia nel percorso di integrazione europea. Nel periodo precedente alla dichiarazione della Commissione europea favorevole all’assegnazione dello status di candidato, nel paese si respiravano aspettative, ma anche timori. Dopo tutte le turbolenze con i partner sia europei che atlantici, soprattutto negli ultimi due anni, l’esito del percorso di avvicinamento all’Unione Europea è tutto meno che scontato. Come poco scontate appaiono le possibili reazioni dell’opinione pubblica che - in più occasioni - ha dato forti segni di insofferenza verso le misure adottate dal governo, anche attraverso la mobilitazione in piazza.

Il 18 settembre i servizi di sicurezza nazionale georgiani hanno dato l’allarme su possibili atti di destabilizzazione che potevano scaturire proprio dalle piazze, attraverso la nascita di presidi permanenti. L’accusa poi si è concentrata contro presunti finanziatori americani, e si è sollevato un grande polverone intorno all'agenzia statunitense di supporto allo sviluppo USAID. Nel ginepraio di accuse che hanno circondato le attività di USAID ha preso la parola anche l’ambasciata statunitense, per difendere l’operato dell’agenzia e ricordare che opera in conformità al mandato e alle linee politiche espresse da Washington.

Insomma l’ennesima bordata anti-occidentale del Sogno Georgiano al governo. L'evidente tensione politica è divenuta presto il contesto entro cui far partire la procedura per adottare un emendamento alla Legge sulle assemblee e dimostrazioni, che avrebbe dovuto rispondere ai supposti pericoli imminenti per la sicurezza e la stabilità dello stato.

Il blitz

Come il blitz che ha portato alla riforma dell’Ispettorato di Stato, il 5 ottobre scorso il Parlamento georgiano ha adottato con procedura accelerata un emendamento ad una legge dello stato, e come nel caso dell’Ispettorato, l’assenza di dibattito e di spazio per miglioramenti, non predice nulla di buono.

Con 74 voti a favore è stata emendata la Legge sulle assemblee e dimostrazioni. La nuova versione del testo attribuisce più poteri alla polizia per smantellare eventuali strutture provvisorie, come accampamenti o tende, se questi possono rappresentare un rischio per i partecipanti, causare disagi, o essere considerati superflui per l’organizzazione dell’evento. La violazione della legge impone un’ammenda pecuniaria o un periodo di detenzione fino a 15 giorni. È stato contestualmente cambiato il codice di procedura civile per incorporare la nuova disposizione di legge e aggiungere la confisca delle strutture provvisorie.

L’emendamento viene dai banchi del Sogno Georgiano. La legge così formulata è stata oggetto del veto presidenziale. In extremis, prima che si procedesse al suo voto di impeachment la presidente Salomè Zourabishvili, come ipotetici due ultimi atti presidenziali, la Zourabishvili ha privato della cittadinanza georgiana la discussa figura di Otar Partskhaladze e ha posto il veto su su quella che è subito stata ribattezzata come la “legge della tenda”.

L’opposizione la definisce più acremente la “nuova legge russa”, additandola come parte del pacchetto liberticida creato sulla falsariga di quello che in una decina d’anni ha annichilito la capacità organizzativa e di protesta della società civile russa. Il presidente del Parlamento aveva comunque già preannunciato che anche qualora fosse stato apposto il veto presidenziale, si sarebbe proceduto con l’adozione della legge, visto che la costituzione lo permette.

Le critiche

Chiunque abbia familiarità con le proteste in Georgia, sa che le tende ne fanno spesso parte. Le proteste sono spesso protratte, e in vari momenti nella storia del paese si sono creati dei presidi permanenti con strutture temporanee. Uno dei più recenti è quello del padre di Lazare Grigoriadis, che si trova ancora in carcere, e che ha stazionato per un lungo periodo presso gli edifici istituzionali del paese. Non a caso all’adozione dell’emendamento lui e il fratello del detenuto sono stati allontanati, dopo un alterco con la polizia.

Lo stesso giorno dell’adozione della legge c’è stata una manifestazione in cui sono state erette tende, che è finita con un paio di fermi, e appunto con l’allontanamento dei Grigoriadis.

Il difensore civico ha liquidato l’emendamento alla legge come una interferenza sproporzionata nella libertà di manifestare dei cittadini. Critica anche GYLA, una delle organizzazioni watchdog più attive nel paese, che si è rifatta anche a una sentenza del 2016 della Corte di Tbilisi che ribadiva il diritto a manifestare avvalendosi anche dell’uso di strutture temporanee. Sulla stessa linea la dichiarazione congiunta di varie organizzazioni non governative georgiane che denunciano la formulazione vaga dei termini di legge, e quindi la possibile grande discrezionalità con cui potrà essere applicata.

Anche l’ambasciatore UE ha sollecitato una certa cautela nel limitare le libertà dei cittadini quando vogliono protestare.

Gli standard internazionali

Parere sfavorevole è arrivato anche dall’OSCE/ODIHR, che attraverso un’Opinione Urgente , sollecitata dal governo georgiano, ha bocciato la legge emendata.

Il parere qualificato è arrivato a novembre, dopo il veto presidenziale, e invita la Georgia ad astenersi dall’adottare una legge che è difforme dai parametri internazionali sulla liberà di manifestazione. L’OSCE/ODIHR ritiene, in modo analogo a quello delle organizzazioni locali, che la legge così formulata può trovare applicazione in modalità che imporrebbero ingiustificate limitazioni al diritto di manifestazione che può materializzarsi anche attraverso sit-in o presidi permanenti, che includano il ricorso a ripari di natura temporanea, come appunto tende.

L’OSCE ha ricordato che esistono dei criteri di restrizione e che non sono indicati come generico “pericolo” o “disagio”. È chiaro che tutte le manifestazioni causano una forma di disagio, e questo è parte della visibilità che gli organizzatori vogliono dare a un contenuto o a un evento. Limitazioni più circostanziali sono ricordate anche dalla Convenzione Europea sui Diritti Umani e dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, trattato ONU. Anche le sanzioni previste dalla legge emendata, pecuniaria e carceraria, sono state valutate troppo pesanti in proporzione al reato contestato.

L’Opinione Urgente ha sollecitato quindi il parlamento georgiano a non adottare la legge così formulata, e ad aprire un tavolo di consultazioni con la società civile, e tramite un dialogo inclusivo trovare una nuova formulazione della legge.

Intanto la creatività georgiana nel manifestare si è già espressa con qualcosa sempre tessile ma di diversa natura. A una settimana dalla decisione del Consiglio i georgiani hanno sfilato con la più grande bandiera dell’Unione Europea esistente : 22 metri per 33, con le 12 stelle create nelle 12 regioni georgiane e fatte confluire a Tbilisi.