Syriza - thierry ehrmann/flickr

Syriza - thierry ehrmann/flickr

La Grecia di nuovo alle urne, con Syriza spaccata e le opposizioni che sognano una rivincita. Ritorno alla dracma e dramma rifugiati si profilano come temi centrali

27/08/2015 -  Francesco De Palo Atene

Un buco nero, non solo nell'elettorato di riferimento, ma soprattutto nella percezione complessiva di un paese che avrebbe bisogno di stabilità e non di una nuova chiamata alle urne (la seconda in otto mesi). La Grecia si sveglia nel bel mezzo della stagione estiva nel pieno di una nuova crisi, non più solo drammaticamente economica ma ora anche squisitamente politica, con le dimissioni di Alexis Tsipras e le elezioni anticipate ormai inevitabili, molto probabilmente il 20 settembre.

Anche se la Costituzione non consente che un parlamento nato sulle ceneri di un'assemblea sciolta prematuramente (come quella caduta lo scorso dicembre) duri meno di un anno, la Grecia voterà tra un mese in un panorama estremamente frammentato (al momento nessuno ha sollevato questioni di costituzionalità, ma non è esclusa una mossa del Presidente della Repubblica). Syriza è spaccata, con 25 deputati dell'ala più radicale anti-memorandum che hanno formato il movimento Laikì Enòthita (Unità Popolare), guidato dall'ex ministro dell'Energia Panagiotis Lafazanis. Il tutto mentre nel paese è deflagrata l'emergenza dei profughi siriani (20mila arrivi nel solo mese di agosto) e si stanno agitando le acque con la vicina Albania, dopo la distruzione della Chiesa greco-ortodossa di Agios Athanasios a Dhërmi/Drymades nella municipalità di Valona – seriamente danneggiata da ignoti - su cui il premier Edi Rama ha commentato in modo scomposto alla richiesta di spiegazioni del ministro degli Esteri greco.

Il “sogno Syriza”

Svanito, in un batter d'occhio, il “sogno Syriza”, nonostante il 61% dei cittadini avesse votato “No” al referendum del 4 luglio scorso. Il primo governo di sinistra radicale della storia greca sconta la capriola pro-memorandum fatta dall'ex premier, che ha provocato la spaccatura (irreversibile?) con chi, come Lafazanis, credeva che il governo eletto lo scorso gennaio dovesse portare a termine la piattaforma programmatica nata nel famoso discorso di Salonicco: no all'austerità, eliminazione della troika e del memorandum, lotta agli oligarchi, difesa dei ceti meno abbienti e della prima casa per i mutuatari morosi, riapertura della tv di stato “Ert”.

Dell'intero pacchetto programmatico solo quest'ultimo punto è stato portato a termine, mentre le misure economiche e solidali sono state cassate dal nuovo memorandum che, se da un lato concede un terzo prestito alla Grecia da 86 miliardi (l'80% dei quali Atene restituirà ai creditori), dall'altro aumenta gli svantaggi alla voce condizioni e incrementa il divario tra chi sta soffrendo la crisi e il resto del continente. Queste le ragioni tecniche e valoriali che hanno portato alla rottura con quei deputati che si rifanno al cenacolo culturale di “Iskra”, il cui leader è proprio Lafazanis.

Rottura

Ma ci sono anche rilievi personali che hanno gettato altro sale sulle ferite politiche. Il rapporto di Tsipras con la presidente della Camera, Zoì Kostantopoulou, datato, si è svilito proprio per la decisione del 40enne premier di accettare i diktat della troika. La seconda carica dello stato, passionaria syrizea della prima ora e coriaceo avvocato penalista, nell'ultimo mese ha fatto di tutto dallo scranno dell'assemblea pur di ritardare sia il voto parlamentare sulle misure sia la scelta delle urne, facendo rimanere l'aula aperta anche con soli sette deputati presenti. Tra l'altro si è distinta per un atteggiamento che il suo predecessore, il conservatore Vaghelis Meimarakis, non ha avuto: da perfetta super partes ha consentito in questo scorcio di 2015 che al voto in aula partecipassero anche i sette deputati di Alba dorata reclusi (da tre mesi sono di nuovo in libertà).

Senza dimenticare l'altra grande questione che ha fatto perdere a Tsipras preziosi punti percentuali (secondo un sondaggio della Bild, Syriza è scesa al 28%, dal 36% di un mese fa): l'ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, silurato da Tsipras come “pegno” alla Merkel, non perde occasione di criticare il suo ex premier e amico. Gli ha dato del traditore dagli schermi televisivi di un canale francese, ribadendo che “Tsipras non ha tradito me come persona, ma l'intero popolo greco”.

Opposizioni

Chi gongola, anche se ufficialmente critica la scelta delle urne, sono le opposizioni di Tsipras, ma con dei distinguo di merito. Secondo i primi rilievi, al secondo posto con il 25% ci sono i conservatori di “Nea Dimokratia”, guidati dal neo segretario Meimarakis su cui però pendono alcuni scandali legati ad accuse di tangenti per la fornitura di armi quando era ministro della Difesa.

Terzi, staccatissimi al 9%, i centristi di “Potami” (“Il fiume”) dell'ex giornalista televisivo Stavros Theodorakis che oggi ha lanciato il suo slogan elettorale: “Noi possiamo”. Forte di ottimi sponsor interni come il suo ex editore quando lavorava al canale televisivo “Mega”, il potente oligarca Bobolas, e di nuove amicizie europee (come Martin Schultz e Pierre Moscovici), Theodorakis ha rinnovato le sue liste candidando intellettuali e giornalisti, e si dice possa essere un nome spendibile in caso di governo di larghe intese. Infatti, stando così le percentuali di voto, Syriza pur risultando primo partito non avrebbe l'autonomia necessaria per formare un governo e quindi si aprirebbe nuovamente la partita delle alleanze.

Scomparsi dai radar i socialisti del Pasok, sotto la soglia di rappresentanza minima, e la nuova formazione socialdemocratica dell'ex premier Giorgios Papandreou, Kinima, mai decollata realmente. Spicca il 7% di Alba dorata, che resiste nonostante un processo non ancora iniziato per i sette deputati sotto accusa, oggi scarcerati per decorrenza dei termini (erano in carcere dal settembre 2013).

Temi

Al netto di tattiche politiche e strategie euro-guidate, la campagna elettorale si giocherà essenzialmente su due temi: il ritorno alla dracma e il dramma dei migranti. Secondo il deputato scissionista Kostas Lapavitsas, ora in Laikì Enothita, la dracma "non era la soluzione al problema, ma un mezzo per raggiungere la soluzione", sottolineando che la nuova formazione a cui ha aderito, "non è dalla parte della dracma, ma coerentemente anti-memorandum come prospettiva" per il popolo greco. Il professore di economia ha aggiunto che il terzo memorandum porterà austerità e recessione per almeno due anni, la disoccupazione salirà, i giovani migreranno ancora e gli anziani vivranno con una magra pensione.

Sullo sfondo ecco le proposte di Unità Popolare, che, guardando a lungo termine, punteranno al taglio del debito, alla nazionalizzazione delle banche per contrastare l'austerità. Posizioni curiosamente appoggiate anche dal programma di Alba dorata, che chiede la nazionalizzazione delle banche e il rilancio di prodotti interni per stimolare l'economia ellenica bloccata ancora su una maxi importazione di quasi tutti i prodotti finiti.