Capo Sounion - Tempio di Poseidone (foto Pixabay - CC0)

Capo Sounion - Tempio di Poseidone (foto Pixabay - CC0 )

Secondo la versione del governo sarebbe un “errore burocratico”, secondo gli esperti la “svendita del patrimonio nazionale”. In Grecia, oltre 1400 fra templi e musei sono finiti nella supercassa delle privatizzazioni

15/10/2018 -  Gilda Lyghounis

Poseidone, il dio del mare, si è subito infuriato. Del resto dai tempi in cui perseguitava Ulisse nell’Odissea, si sa, è il più vendicativo dei Signori dell’Olimpo. Ma questa volta i mortali l’hanno fatta grossa. Hanno inserito almeno 1400 fra templi e musei pieni di tesori d’arte antica nella Supercassa delle privatizzazioni dove il governo greco mette i “gioielli di famiglia” da svendere per pagare i creditori internazionali. Come dare torto al dio Poseidone, che ha scatenato nei giorni scorsi un’immensa bufera nell’Egeo arrivando persino ad avvolgere con un’ondata il più famoso tempio a lui dedicato, quello di capo Sounion?

Ma la lista del patrimonio storico finito nella Supercassa è lunga: il palazzo di Cnosso a Creta, la Torre Bianca di Salonicco simbolo della città, il museo archeologico di Sparta, quello archeologico di Salonicco con i tesori della dinastia di Alessandro Magno, le mura veneziane di Chania, a Creta, il cui porto veneziano è patrimonio dell’Unesco e via dissacrando. Come minimo, c’è da aspettarsi il risveglio iracondo del Minotauro dalle rovine del palazzo cretese di Minosse, quello dei 300 Spartiati pronti a difendere i valori ellenici fino alla morte e quello del condottiero più famoso di tutti i tempi, appunto Alessandro.

“Si parla di almeno 1400 monumenti, ma in realtà sono molti di più - racconta ad OBCT Marilena Cassimatis, conservatrice della Pinacoteca nazionale di Atene - lo “scandalo” è venuto alla luce perché alcuni diligenti archeologi della sovrintendenza cretese, analizzando misteriosi codici alfanumerici apparsi nella Supercassa a partire da giugno, hanno scoperto che corrispondevano a templi e musei della loro isola. Di lì tutti i sovrintendenti dall’Egeo a Salonicco si sono messi al lavoro. Io stessa non capisco ancora se solo i muri e gli introiti dei biglietti d’ingresso della Pinacoteca nazionale possono fare lucrare i creditori internazionali e se i tesori d’arte che custodiamo sono al sicuro in quanto emblemi del patrimonio identitario nazionale, come recita la nostra Costituzione”.

Archeologi in subbuglio

Inutile dire che gli archeologi greci sono in subbuglio. Venerdì 12 ottobre tutti i siti antichi ellenici erano chiusi per sciopero, Acropoli di Atene compresa.

La neoministra della Cultura Myrsini Zorba si è affrettata a dichiarare che “nessun monumento sarà venduto. Sarà anzi un’occasione per stilare finalmente un catasto dei beni culturali sotto tutela che aspetta di essere redatto dal 2009”.

Ma cosa aspetta il paese con il patrimonio antico più famoso del mondo a stilare un catalogo dei propri monumenti e musei?

Una cosa è certa. Il groviglio burocratico è enorme. Ecco l’appello-denuncia firmato sul quotidiano Kathimerini da Lina Mendoni, archeologa nella Fondazione nazionale di ricerca ed ex segretaria generale del ministero della Cultura: “La schedatura dei 10mila e 119 immobili appartenenti allo stato greco, per i quali il Consiglio della politica economica governativa (KYSOIP), il 19 giugno 2018 ha delegato il ministero dell’Economia - in base agli articoli 196 e 209 della legge 4389/2016 [quella imposta dalla Troika che ha messo sotto austerity il paese, ndr] - a emanare le relative azioni amministrative per il passaggio dei suddetti immobili fra quelli da ‘valorizzare’, leggi da vendere. Tutto ciò mostra l’irresponsabilità e la superficialità con le quali il ministero della Cultura gestisce il patrimonio storico nazionale. E non si mascheri dietro al fatto che ‘non esiste ancora un catasto dei beni artistici’. Nel ministero esistono gli archivi delle sovrintendenze, come se per considerare tesoro archeologico il palazzo di Cnosso fosse necessario un catasto!”.

Ma esiste davvero il rischio che il tempio di Apollo a Larissa sia venduto ai cinesi? “Stupidaggini” commenta la conservatrice della Pinacoteca nazionale di Atene Marilena Cassimatis: “I creditori internazionali volevano mettere le mani su quanto fruttano questi monumenti allo stato greco, ossia sui biglietti d’ingresso. Ma è impossibile trovare una corrispondente cifra nei siti dei ministeri interessati. Vi sfido ad analizzare il sito dell’Acropoli: il suo bilancio è fantasma. E il governo ha firmato questo passaggio dei templi alla Supercassa delle privatizzazioni in modo subdolo, nascondendoli sotto codici alfanumerici. Più che uno scandalo, io parlerei di una tragicommedia greca”.

Insomma, fra “errore della burocrazia” (versione del governo) e “svendita del Patrimonio nazionale” (versione degli studiosi, soprattutto quelli ostili al governo Tsipras) chi ci capisce qualcosa è bravo.

E dire che nel 2008 all’inizio del megaprestito alla Grecia firmato Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale alcuni paesi, come quelli scandinavi, avevano preteso come “garanzia” il Partenone. Mentre il governo greco, indignato, dichiarava che mai e poi mai le isole e il patrimonio nazionale sarebbe stato oggetto di baratto.

Divinità a difesa del patrimonio nazionale

Ma possiamo stare tranquilli, a proteggere i propri templi penseranno ben altri custodi: il dio Poseidone che ha già scatenato la peggiore bufera a memoria d’uomo nell’Egeo le scorse settimane, pronto persino a riprendersi negli abissi il proprio santuario a Capo Sounio in attesa di tempi migliori, il Minotauro, le cui zampate hanno già fatto traballare quest’estate l’isola di Creta con scosse telluriche di avvertimento. E che dire degli incendi apocalittici che hanno sconvolto l’Attica a luglio, causando circa 100 morti?

“Tutta colpa di quell’ateo del nostro primo ministro Alexis Tsipras” ha tuonato in quell’occasione il metropolita Ambrosios, guida della Chiesa cristiana ortodossa di Kalavrita, nella Grecia occidentale. “È lui che ha scatenato l’Apocalisse su tutti noi: un ateo che convive con la compagna Peristera, rifiutando di sposarsi secondo i sacri crismi ma anche di fare battezzare i propri figli. Un miscredente che ha fatto approvare la legge sulle unioni civili fra gli omosessuali. Che ha tolto il crocifisso dalle scuole! Risultato? Gli incendi sono partiti da un fulmine celeste. È un chiaro messaggio del cielo”.

La Chiesa di Grecia, guidata dal patriarca Ieronimos, si è limitata allora a dichiarare che le parole di Ambrosios esprimono unicamente un’opinione personale. Solo un giovane parroco di Kalamata, il pope Neofitos, ha sfidato la gerarchia ecclesiastica e ha scritto su Facebook che lui rispetta tutti gli anziani, tranne uno, l’80enne Ambrosios appunto, che farebbe meglio a tacere e versare nettare e ambrosia sul dolore dei greci carbonizzati negli incendi e sui loro familiari, non aceto e bile.

Ma davanti all’ira degli dei antichi defraudati dei propri templi, basterà questa volta un post di un giovane parroco? Tanto più che i 300 Spartiati, pronti a immolarsi alle Termopili, non lasceranno certo nessuno toccare il Museo della loro città. Armati di scudo, lanceranno il loro urlo di battaglia e grideranno ai creditori internazionali e al ministero greco dell’Economia: “Volete le nostre armi? Venitele a prendere!”.