Uno straordinario libro di viaggio capace di fare di una piccola isola un continente. Recensione
Itaca è l’isola che simboleggia il viaggio. L’aver dato i natali a Ulisse e i lunghi anni ricchi di luoghi e avventure da lui trascorsi per ritornare a casa dopo la guerra di Troia ne hanno fatto un mito, quello ben rappresentato dalla poesia di Costantino Kavafis, ora nella nuova traduzione di Andrea Di Gregorio per le edizioni Garzanti , là dove scrive: Nella mente, dovrai sempre avere Itaca./ E’ lei la meta tua, è là che devi giungere./ Ma non affrettare il viaggio./ Meglio che duri molti anni;/ e che tu arrivi all’isola ormai vecchio,/ ricco di tutto quel che hai guadagnato in viaggio,/ senza aspettarti che le ricchezze te le dia Itaca./ Itaca ti ha dato il viaggio bello./ Senza di lei non ti saresti messo in strada./ E non ha altro da darti./ E se la troverai povera, non è Itaca che ti ha ingannato./ Ora sei diventato sapiente, e hai tanta esperienza/ che avrai capito, ormai, cosa significano le tante Itache.
Questa stessa isola, piccola, povera, modesta, poco abitata, è l’isola che ha trovato Luca Baldoni, un poeta appassionato di viaggi ed escursionismo, con la Grecia nel cuore. Anche a lui Itaca ha dato il “viaggio bello”, perché ci è arrivato e più volte tornato con l’idea, propria di altri viaggiatori del passato, di trovare i luoghi di Ulisse, quelli che sono rappresentati nei canti dell’Odissea: la capanna di Eumeo, la Fonte Aretusa, la Roccia del corvo, la Scuola di Omero, la Grotta Loizos, Aetos, le grotte delle Ninfe e così via. Ne è nato, dal racconto di questi suoi viaggi, dal primo agli altri seguiti magari organizzando escursioni per viandanti e curiosi, un libro godibile sotto ogni punto di vista “Itaca, l’isola dalla schiena di Drago”, edito da Exòrma.
Godibile innanzitutto per la scrittura - raffinata e, nello stesso tempo, di immediato assorbimento - quindi per la rappresentazione dell’isola odierna, con i suoi villaggi modesti, la sua gente semplice che, comunque, cerca di trarre vantaggio dal mito che rappresenta il loro sito, per quanti - tardo hippies, nudisti, gente in fuga dalla civiltà - hanno colonizzato, almeno nelle stagioni più calde, baie e spiagge disabitate. Godibile anche per lo spessore culturale, le tante letture, citazioni, diari, autori del passato, tutti alla ricerca dei luoghi omerici, che arricchiscono le pagine, così coniugando il racconto di oggi con quello di ieri in un unicum che fa la bellezza e l’interesse di questo libro. Scritto, per altro, visitando l’isola a piedi, dormendo al sacco a pelo o in ripari di fortuna, occasionali, così immergendosi nelle pieghe dell’isola visitata nella sua natura più selvaggia, senza mediazioni di sorta, e immergendosi in incontri con la gente del posto o stranieri.
Come quello con un tardo hippie italiano che ad Itaca ha preso residenza e gli offre alloggio. Un tipo che così racconta la sua scelta: "L’ho proposto a mia moglie, ma lei mi ha detto che era fuori discussione. Le ho spiegato che ero pronto a farlo da solo, o chiunque condividesse con me questo sogno: non credo più nell’amore di coppia, o forse non ci ho mai creduto. Col tempo, invecchiando, è cresciuto il desiderio di comunione spirituale disinteressata. C’è solo quella che ci unisce, che ci lega l’un l’altro, che ci fa fruttificare. Non il possesso reciproco". E gli sembra di trovare in Luca Baldoni questo partner: "Chiaro che anche tu sei stato chiamato da quest’isola. Ganz klar. Aspettiamo tutti una chiamata. Ma non lo sappiamo. Nicht wahr?". Ma Baldoni, seppur accetta poi l’ospitalità, per tre euro al giorno, scopre anche altre comunità come quella di Sarakiniko. "Loro la chiamano retreat. Ognuno possiede un piccolo appezzamento sulla penisola. Quando hanno iniziato, la parte comunitaria doveva essere preponderante. Ora ognuno si fa abbastanza i cazzi suoi, non penso che avrebbero problemi a farti dormire sotto un albero per un po’".
Le scoperte si susseguono, alcune indotte dagli autori che Baldoni porta con sé: William Gell su tutti, ma anche Byron, raccontato da Edward Trewlaney, ed Heinrich Schliemann. Dalle citazioni dell’Odissea ai testi più recenti, secoli di storia attraversano l’isola, integrati anche da incontri con studiosi che hanno scelto di stabilirsi lì, come l’archeologa di cui l’autore non fa il nome, presentatagli da Fotoula, un’amica del posto, che gli mostrerà diversi frammenti riconducibili a secoli lontani come quello "con su scritto il nome di Odisseo che risale al primo secolo dopo Cristo". Ma ci saranno le evocazioni dei pirati e delle loro azioni, degli archeologi avventurieri, del terremoto del 1953 che ha distrutto il vecchio centro di Vathi, il capoluogo, le invasioni, i migranti e altro ancora, tutto a portata di una pagina ben levigata sul piano della scrittura e delle informazioni.
Molti e diversi inoltre i percorsi che portano a luoghi altrimenti inaccessibili con altri mezzi che non siano i piedi. Il libro parla naturalmente anche di siti avulsi dall’Odissea come il monastero di Kathara o il villaggio fantasma di Anoghi, del quale sopravvive un campanile veneziano del 1682, così come altre testimonianze del periodo veneziano gli verranno incontro e, con lui, al lettore.
“Itaca, l’isola dalla schiena di drago” è davvero uno straordinario libro di viaggio capace di fare di una piccola isola un continente. Un libro che invita al viaggio. “E se la troverai povera, non è Itaca che ti ha ingannato”.