Un'ascesa a piedi sopra Paleochora. Con l'orizzonte che si amplia in un profondo respiro blu. Continua il nostro viaggio a Creta accompagnati da Fabio Fiori
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La Grecia, compresa Creta, non è più economica! I prezzi sono cresciuti molto negli ultimi anni e in taverna sono quasi quelli della provincia italiana. Ieri sera a Paleochora, una birra costava 4 euro, un piatto d'erbe (di montagna, buonissime) 6 euro, un piatto di polpo arrosto (scarso!) 14 euro. Prezzi allineati anche per gli alimentari. Questa mattina a Paleochora: latte a 2 euro al litro, pane a 5 euro al chilo, frutta e verdura a 2-3 euro al chilo. Immagino che comunque la gente si arrangi, che il riscaldamento sia un lusso a cui rinunciare, che il sole, il mare, la montagna rimangano gli svaghi più popolari, oltre all'irrinunciabile caffè, qualche sigaretta, la musica, le chiacchiere, gli amori. “Mi fermerò qui. Ad ammirare un po' la natura. / Mare al mattino, cielo senza nubi / d'un viola splendido, la riva gialla: tutto / grande e bello, fulgido nella luce”. Ecco la luce! La luce di Creta, della Grecia, del Mediterraneo, quella cantata da Kavafis, quella che riempie gratuitamente ed eternamente l'anima dei greci e di chi come me adesso va errabondo sulle strade, sui sentieri, sulle rive di un mare assoluto. Quello che ho alla mia destra e diventa sempre più assoluto, mano a mano che il sentiero sale.
Sono partito a piedi da Paleochora due ore fa, cielo e mare imbronciato, previsioni di vento forte confermate, mi hanno costretto a desistere dal progetto di raggiungere Gavdos. Dell'isola conserverò il desiderio mio e il racconto di Geórgios.
Lo zaino da 30 litri questa mattina è pienissimo e peserà 8/9 chili. Ho quello che mi serve per il viaggio: abbigliamento minimo ma comunque sufficiente per temperature che la notte scendono sotto i 15°C, un sacco a pelo per eventuali imprevisti pernotti all'aperto, qualche medicina, tre libri, un taccuino e qualche carta, borraccia da 0,75 litri, frutta secca, smartphone e caricatore. Ma oggi ho anche una bottiglia d'acqua da 1,5 litri in più e pranzo frugale, acquistato prima di partire. Pane al sesamo, formaggio di capra e olive, oltre a qualche fava fresca. Kúamoi in greco, vietata ai pitagorici e ai sacerdoti di Eleusi, bandita sulle tavole dei riti orfici. Non si sa bene perché, anche si sospettano legami con il mondo dei morti. Leggenda vuole che le fave furono gli unici legumi che Demetra non donò ai Feati. Di certo però a Creta le fave si mangiano fresche in primavera, come in tutte le campagne greche e italiche, ma ancor di più si consumano secche tutto l'anno, innanzitutto per fare humus deliziosi.
Devo percorrere una quindicina di chilometri, con un dislivello stimato sulla carta di circa 600 metri. Uscendo dal paese, non ho visto indicazioni per il sentiero E4, che dovrò percorrere in direzione Sougià. Ho dovuto chiedere informazioni per Paralia Anidri e poi per Paralia Galiskari, dove finisce la strada bianca e incomincia il sentiero. Le due spiagge in questa stagione sono ancora semideserte; nessun bar aperto, nessun lettino e ombrellone. Solo pochissime persone che si godono qualche raggio di sole che appare e scompare tra le nuvole. Non c'è vento, ma l'onda lunga frange rumorosamente sulla riva. Il sentiero diventa subito più ripido, con passaggi stretti tra grandi massi. Metto gli auricolari e ascolto una playlist che mi ha preparato Pino. Non è partito con me, causa Covid, ma la sua musica e i ricordi delle nostre lunghe chiacchierate invernali mi accompagnano passo a passo. Nella playlist, canzoni popolari greche e pezzi musicali tradizionali mediterranei. Non poteva mancare Markos Vamvakaris, il “patriarca del rebetiko”, ma c'è anche Nana Mouskouri cantante e politica nata nel 1934 a Chanià, una celebrità internazionale, e Ross Daly musicista iralandese di nascita, cretese d'adozione, fondatore di una scuola negli anni Ottanta del Novecento a Houdetsi, vicino a Iraklio. Daly ha fatto conoscere al pubblico internazionale la lira cretese, suonandola magistralmente, e l'ha aggiornata modificandola. Cammino per un'altra ora sul sentiero che più o meno segue l'isoipsa dei venti metri sul livello del mare. Liviko Pelagos, è scritto sulla mia carta, si mostra in tutta la sua grandiosa bellezza, che si fa di minuto in minuto più selvaggia per lo Scirocco che continua a salire. Poi il sentiero diventa quasi una scalinata. In poche centinaia di metri sale fino a quota 250. Incontro solo un camminatore tedesco che mi da indicazioni precise sul prosieguo. Ha una sessantina d'anni, fisico asciutto e mi dice che viene a Creta da vent'anni, sempre in primavera. “Ich liebe Kreta, das Meer, den Himmel, die Blumen!”. Ama Creta, il suo mare, il suo cielo, i suoi fiori. E' quasi mezzogiorno quando raggiungo il pianoro, un verde pascolo per capre e pecore. Mi fermo a riposare e a mangiare, sistemandomi sotto un carrubo per fare un sonnellino. Poi proseguo sul sentiero in direzione est verso Lissos. Oggi sito archeologico liberamente accessibile, lì dove duemilacinquecento anni fa i Dori costruirono un villaggio. Un approdo, case e strade, una piazza, un teatro e un tempio dedicato ad Ascelpio, dio della medicina.
Quando arrivo, Lissos è deserta, sento un vociare lontano verso il mare, poi il borbottio di una barca che si allontana e infine il silenzio. O per meglio dire quello dell'uomo, perché è un rumoroso silenzio naturale. “Gli dei sono canti. Prima di essere figure e volti, gli dei furono un ritmo e una melodia, perché l'origine è sonora, una vibrazione”, ha scritto Marius Schneider. Qui, in un nuvoloso pomeriggio d'aprile, tra queste antichissime e solitarie rovine il vento suona le pietre e le fronde, una musica primitiva, un inno arcaico e spirituale.
ps
Al Labirint Musical Workshop, fondato e diretto da Ross Daly, ha studiato il musicista e musicologo Carmelo Siciliano, maestro e amico di Pino. Un libro recente di Siciliano, "Suonare la Grecia. Antologia di musica greca tradizionale strumentale", è stato per noi importante per orientarci nelle antiche e nuove musicalità di Creta. Più in generale, nella relazione sonora con gli ambienti naturali e umani, mi è indispensabile da vent'anni la frequente e sempre emozionante rilettura de “La musica primitiva” di Marius Schneider, un libro che illumina su una fondamentale intuizione: gli dei sono canti. Perché prima di essere immagini, gli dei sono stati suoni.