Prassonissi, Rodi, Grecia - Foto F. Fiori

Prassonissi, Rodi, Grecia - Foto F. Fiori

Una bellissima strada semideserta che attraversa la garriga, colorata e profumata. Otto chilometri in un su e giù, in parte zona militare e in parte area protetta. Prosegue il viaggio in bicicletta del nostro insulomane Fabio Fiori, alla scoperta di Rodi

03/05/2024 -  Fabio Fiori

Sono un insulomane, appartengo cioè a coloro “che trovano le isole irresistibili. La semplice consapevolezza di trovarsi su un’isola, un piccolo mondo circondato dal mare, provoca in loro un’inspiegabile ebrezza”. Un’ebrezza vagabonda che vivo in questi giorni rodioti, in questa esplorazione dell’isola fatta in bici e a piedi.

Insulomania l’ha chiamata proprio il mio Virgilio rodiota, Lawrence Durrell, che attraverso le sue pagine mi accompagna in questo viaggio isolano, in questo lungo periplo d’aprile. Insulomania acutissima oggi che pedalerò su un’isola per raggiungere un’altra isoletta tidale, Prassonissi, su cui spero d’arrivare quando con l’abbassarsi della marea è collegata all’isola madre.

In questi giorni freddi e piovosi, con la maggior parte delle strutture recettive ancora chiuse, sarò costretto a optare per un’andata e ritorno impegnativa di un centinaio di chilometri con un dislivello di ottocento metri. Impegnativo ma fattibile, anche perché avrò la bici scarica, visto che lascerò i bagagli nella camera affittata ieri a Lindos.

Prassonissi è un’isoletta che protende di qualche chilometro Rodi, in direzione sudovest, verso la regina dell’Egeo, quella Creta che dista una settantina di miglia, passando per un’altra isola importante: Karpathos. Scarpanto per i veneziani, nome che Tommaso Porcacchi, un altro insulomane, ricollega alla parola greca carpatho, cioè frutto, proprio perché molto fruttifera, si legge nel suo seicentesco “L’isole più famose del mondo”.

Al mattino pedalo sulla strada costiera in direzione sud, sotto un cielo grigio e basso. Qualche goccia d’acqua e refoli marini. I primi venti chilometri sono un susseguirsi di cantieri aperti e di conseguenza c’è traffico di camioncini e pickup ad uso edile. Ville e villette, palazzi e palazzine, più o meno distanziate, più o meno completate. Perché superato Akra Lindos, un promontorio bello e selvaggio posto a sud del paese, la costa è bassa e sabbiosa, perciò appetibile turisticamente.

Turismo ed edilizia legata ad esso, sono le economie portanti dell’isola. Semi abbandonate pesca, pastorizia e agricoltura, che sono state per millenni fondamentali, insieme alla navigazione commerciale.

Un abbandono dell’economia contadina ancor più evidente qui, nella piana di Cattavia, attraversata dalla strada che svoltando a destra lascia la costa. Mi fermo davanti alla Chiesa di San Marco, nell’omonimo villaggio agricolo dismesso, costruito durante l’occupazione italiana, negli anni Venti del Novecento. Periodo in cui la piana fu bonificata e messa in produzione, con l’arrivo di contadini dall’Italia.

La chiesa in stile razionalista è stata da poco ristrutturata, come gli edifici sul fianco destro, dove c’è anche un caffè che però sembra chiuso da qualche mese. Il campanile è ancora circondato dalle impalcature, mentre sono diroccati gli altri edifici che costituivano un esteso centro residenziale e agricolo. È un rudere anche il vicino, grande opificio, in origine funzionale alla lavorazione della seta.

Leggerò poi che su questa piana venne realizzato un piccolo aeroporto militare, di cui però non ho visto traccia. Breve sosta per un caffè in una delle poche locande aperte di Cattavia, il paese più meridionale di Rodi, prima di rimettermi in sella verso Prassonissi.

Prassonissi, il Faro (foto F. Fiori)

Prassonissi, il Faro (foto F. Fiori)

Una bellissima strada semideserta che attraversa la garriga, colorata e profumata. Otto chilometri in un su e giù, in parte zona militare e in parte area protetta. Fervono invece i lavori primaverili nel piccolo villaggio costiero, sorto di recente in radice al tombolo sabbioso che collega Rodi all’isolotto.

Lascio la bici legata a un palo portabandiera e vado a piedi verso Prassonissi. È una lunga passeggiata, prima sulla spiaggia e poi sui sentieri dell’isolotto, in direzione della sua estremità meridionale. Il faro mi appare quando raggiungo la cima di una delle collinette dell’isolotto, circondato dai mille colori e dagli altrettanti profumi della gariga, da cui s’alzano ginepri capaci di resistere anche al violento Meltemi estivo. Il profilo austero del faro si staglia contro un orizzonte pelagico parzialmente chiuso a sua volta dall’ombra di Scarpanto, oggi ancor più selvaggia per il cielo che s’è fatto plumbeo e le foschie che l’assaltano.

Sono solo in questa fredda e ventosa mattina d’aprile ai piedi del faro abbandonato. M’intrufolo dentro e salgo la scala a chiocciola che mi porta fino alla lanterna. Immobile e rugginoso il meccanismo rotatorio; vuota la lente di Fresnel, qualche vetro rotto, altri sostituiti da pannelli plastici. Una brezza d’imbatto musica quest’incanto aereo, mentre lo sguardo e la fantasia naviga in direzione sudoccidentale, oltre Scarpanto. Ecco! approdo su una piccola spiaggia di Capo Sidero, propaggine settentrionale dell’amata Creta, attorniata dalle piccole isole Dionisiadi.

Così per un attimo eterno le due isole regine dell’Egeo sono un tutt’uno, caro alle dee e agli dei. Mare sarai forse per me funesto, ma mi piaci “perché anche il tuo cuore, come il mio, / vortica senza fine, sdegna la fede e il focolare”, ripeto piano, mandando a memoria un verso di Katzanzakis.

Ps

“Le isole più famose del mondo descritte da Thomaso Porcacchi da Castiglione Arretino e intagliate da Girolamo Porro padovano”, si legge in copertina di uno dei primi isolari, pubblicato nel 1572 a Venezia. Il Cinquecento è il secolo d’oro dell’editoria veneziana e gli isolari, prima degli atlanti, sono un vero e proprio genere. In quello di Porcacchi, a Creta sono dedicate cinque pagine e, di seguito, a Scarpanto due e a Rodi quattro. Un itinerario letterario e geografico, corredato da immagini fantasiose che invitano al viaggio, anche oggi. “Fu detta Rhodi, ouero dalle Rose, o dalle Melagrane, che in perfettione sopra tutti gli altri luoghi produce”. Ecco una suggestione che mi ha fatto prendere un treno, un aereo e poi salire in sella per scoprire l’isola delle melagrane.