Lindos, Rodi, Grecia - Foto F. Fiori

Lindos, Rodi, Grecia - Foto F. Fiori

Libero e leggero, in sella al suo ferreo corsier tutto attrezzato. Cinquanta chilometri di pedalate con dislivello di 500 metri. Il nostro instancabile Fabio Fiori prosegue in direzione Lindos, il bianco paese, posto sulla sella di due porti

19/04/2024 -  Fabio Fiori

Si parte! Libero e leggero, sulle strade di un’isola fascinosa. È la libertà e la leggerezza della bici, la più rivoluzionaria delle macchine ottocentesche. È il fascino di Rodi, abitata da tempi remoti, contesa da genti diverse, mappata da geografi visionari. Tra questi Vincenzo Maria Coronelli, nato a Venezia nel 1650 da famiglia modesta e diventato cosmografo pubblico della Repubblica nel 1685. Realizzò carte e mappamondi, isolari e portolani. È del 1695 “Isola di Rodi geografica-storica, antica, e moderna coll'altre adiacenti, già possedute da' Cavalieri Hospitalieri di S. Giovanni di Gerusalemme”. Potremmo definirla noi oggi una guida in forma di saggio, con tanto di mappe e disegni dei luoghi più importanti.

Ma oggi, in questo luminoso pomeriggio d’aprile, non ho tempo per leggere libri o guardare carte, devo solo pedalare in direzione di Lindo, sulla strada costiera. Una cinquantina di chilometri, in direzione sud, con cinquecento metri di dislivello. Quattro ore circa, comprese un paio di pause. La mia è una bici da viaggio economica, ma robusta e affidabile, d’alluminio con freni a pinza, forcella anteriore d’acciaio, una guarnitura tripla e un pacco pignone da sette. Una bici di una quindicina di kg, che con le due borse laterali cariche arriverà a pesarne venticinque. Ho copertoni larghi 40 mm, che mi permettono di pedalare anche su strade bianche, non troppo dissestate. In pianura viaggio a 15-20 km/h, a seconda del vento e della condizione. In quest’occasione non ho né la tenda e né il necessario per campeggiare. Sono quindi abbastanza leggero.

In bicletta a Rodi - foto F. Fiori

In bicletta a Rodi - foto F. Fiori

C’è traffico sulla vecchia strada costiera, che in quindici chilometri porta a Faliraki. Per lunghi tratti a sinistra si vede un mare splendido, mentre attraverso una casbah balneare più o meno densa. Grandi alberghi costruiti nel dopoguerra, altri recenti, palazzine, casette, taverne, ristoranti e bazar, molti trasandati, qualcuno diroccato, tutti naif o speso kitsch.

Questo lato meridionale dell’isola, protetto d’estate dal Meltemi, vento monsonico settentrionale, è quello più urbanizzato, legato direttamente o indirettamente all’economia turistica. A Faliraki m’immetto sulla strada più grande, nuova e trafficata, in direzione Archanggelos, un paesone agricolo e artigianale, alle falde settentrionali di una brulla montagna alta 500 metri che s’affaccia sul mare.

Sarebbe bello lasciare la strada principale per salire fino alla vetta, ma mi mancano ancora una ventina di chilometri e voglio arrivare a Lindos prima del tramonto. La strada sale passando a ovest della montagna, per poi scendere verso l’ampia Baia di Renis. Rivedo il mare a sinistra e il pedalare si fa più leggero. Poi la strada svolta leggermente in direzione est e sale un po’. Raggiunta l’altura costiera, Lindos m’appare in tutta la sua immutata bellezza. Bianco il paese, posto sulla sella dei due porti. Ambrata la rocca, costruita attorno all’antica acropoli consacrata ad Athena Lindia. Mi fermo in un piazzale panoramico. C’è una brezza fredda e una luce diamantina.

Questa che è l’unica sopravvissuta delle tre città delle origini, vista da quassù ha ancora un’aura mitica, quella di un’isola amata dagli dèi e curata dagli uomini. Un’isola che Zeus regala a Elios e dove poi il dio del sole amò la ninfa Rodo, con cui ebbe sette figli maschi, gli Eliadi, tra cui Fetonte tragicamente noto per aver sottratto il carro solare al padre.

Scendo in pochi minuti ed entro in paese a piedi, con il mio ferreo corsier alla mano. Il paese è ben conservato, situazione abbastanza inusuale in Grecia dove terremoti e insipienze hanno raso al suolo con ugual violenza. Ma qui, come mi racconterà poi Georgos, un rodiota appassionato di arte e storia dell’isola, la dominazione italiana ha avuto anche effetti positivi, proprio sulla conservazione e sulla valorizzazione del patrimonio culturale.

C’è poca gente in giro, molte botteghe e taverne sono ancora chiuse. Trovo una camera in una casetta sopra al centro storico, da cui la vista s’apre sul mare, sui due porti e sul castello. Sistemo velocemente le mie cose e faccio una doccia. Ho ancora un’ora di luce per riscendere al paese e andare al castello. Lo trovo chiuso e così faccio una camminata sulla scogliera perimetrale. Sono quasi le sette di sera e il sole è già sparito dietro alle colline. Mi fermo e mi siedo sulla nuda, grigia roccia ai piedi della seconda falesia su cui è stata costruita la rocca e prima ancora l’acropoli di Lindos. Di qui l’isola appare nella sua antica veste guerriera e turrita, mentre l’Anatolia è scomparsa alla vista e lo sguardo s’apre in direzione del Medioriente.

Quattrocento miglia separano i porti di Lindos da quelli di Giaffa, antico approdo crociato, oggi inglobato da Tel-Aviv. Di galere e guerre, cocche e commerci, mi parla adesso il mare. Dal murmure ombroso mi distrae il cinguettio degli uccelli che volano e saltellano sulla scogliera, alla ricerca di semi e insetti. Una capinera a pochi metri da me raccoglie una pagliuzza dorata e spicca via leggera. Lontani, alti, celesti garriscono i rondoni.

Per Athena Lindia questa sera recito ad alta voce un verso di Kavafis: “Gli uomini conoscono il presente. / Il futuro lo conoscono gli dèi”. Io qui stasera ascolto il passato che, come il futuro, posso solo immaginare.

Ps

L’Istituto Luce, acronimo di L'Unione Cinematografica Educativa, fu fondato da Benito Mussolini nel 1924. È quindi uno dei suoi primi lavori il documentario in bianco e nero, del 1924 intitolato “Rodi” , “La perla delle isole egee fondata nel 408 a.C.”. Oltre trenta minuti di immagini mute, cadenzate da didascalie esplicative di luoghi, storie, usanze, monumenti. Diversi minuti sono dedicati a “Luoghi suggestivi”, in primis Lindo, con il suo bianco abitato, la maestosa rocca e i suoi due porti. Negli stessi archivi si trovano filmati più brevi e recenti, fino ai primi anni Quaranta del Novecento, dove anche attraverso la voce narrante emerge la retorica coloniale e fascista. Rimangono comunque documenti importanti per conoscere meglio l’isola e la sua lunga storia. Ma anche per viaggi nel tempo che ammantano di fascino quelli contemporanei.