Scoperti in una fossa comune i cadaveri di Serbi uccisi durante la guerra del Kosovo. Secondo alcuni osservatori, il ritrovamento potrebbe addirittura facilitare i colloqui tra Belgrado e Pristina sulle persone scomparse. Alcune voci dalla società civile kosovara in questo articolo di IWPR
Di Muhamet Hajrullahu*, Klina, per IWPR, 29 aprile 2005 (titolo originale: "Kosovars Expect Progress on Missing Persons").
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
I familiari serbi depongono corone di fiori e accendono candele il 23 aprile di fronte a una caverna nella regione di Klina, nel Kosovo occidentale, dove sono stati trovati i resti di 22 persone.
L'esame del DNA ha permesso di identificare sette delle vittime scoperte il 19 aprile, si tratta di Serbi che erano scomparsi nel 1998 da Rahovec/Orahovac, 50 chilometri ad ovest della capitale, Pristina.
La scoperta, vicino al villaggio di Volljakë/Volujak, segna la prima volta in cui una fossa comune di Serbi viene trovata in Kosovo, e sia le autorità del posto che i locali attivisti per i diritti umani ritengono che ciò aiuterà i colloqui tra Belgrado e Pristina sulle persone scomparse.
Due dei corpi trovati nella caverna erano quelli dei fratelli di Olgica Bozanic, del villaggio di Opterusa in Orahovac/Rahovec, considerati fino ad ora dispersi.
Ha detto che fino ad ora la famiglia aveva sperato che i suoi componenti scomparsi fossero ancora vivi.
"Dalla loro sparizione, abbiamo ricevuto varie informazioni che indicavano che erano vivi e ai lavori forzati in campi di prigionia," ha detto la Bozanic.
Vedere i cadaveri nella caverna è stato doloroso, ha aggiunto, "ma finalmente sappiamo la verità e nessuno può più raccontarci storie per farci credere che i nostri dispersi sono vivi".
L'Ufficio delle Persone Scomparse e di Medicina Legale della missione ONU in Kosovo, UNMIK, stima che poco meno di 3.000 persone sono tuttora annoverate come scomparse in Kosovo. La grande maggioranza - circa 2.400 - sono di etnìa albanese mentre i rimanenti sono Serbi, Rom e altri.
Daut Dauti, portavoce del governo del Kosovo, ha detto a IWPR il 26 aprile che la scoperta della fossa comune di Volljakë/Volujak mostra che gli Albanesi vogliono restituire i corpi dei Serbi scomparsi e che in generale sono sempre stati interlocutori affidabili e bene intenzionati nei negoziati sulle persone scomparse.
"Dare un esito ai negoziati con i Serbi sulle persone scomparse è sempre stato difficile perché gli Albanesi sono stati accusati di non ritrovare e di non restituire i corpi dei Serbi scomparsi," ha spiegato Dauti.
Dopo un anno di stallo, in cui non si è fatto alcun progresso, il gruppo di lavoro sulle persone scomparse, presieduto dal Comitato Internazionale della Croce Rossa, ICRC, si è riunito a Belgrado il 16 marzo.
Le due parti hanno firmato un documento guida e hanno accettato la lista della ICRC di 2.960 persone ancora disperse come dato di riferimento concordato. I funzionari si sono anche accordati per reincontrarsi il 9 giugno a Pristina.
Secondo Dauti, la scoperta della fossa comune rafforzerà i tentativi kosovari di spingere le autorità serbe a fare maggiori sforzi per localizzare gli Albanesi dispersi.
"Il governo appoggia l'iniziativa di ricercare e portare alla luce fosse comuni come questa," ha detto Dauti, aggiungendo che "questo ritrovamento chiaramente aiuterà la delegazione kosovara ai colloqui sulle persone scomparse coi funzionari di Belgrado".
Rappresentanti di gruppi per i diritti umani, come Jeta Bejtullahu, del Centro per una Legge Umanitaria, HLC, a Pristina dicono che la scoperta della fossa farà ben di più che facilitare le attività dei gruppi di lavoro sui dispersi.
La presentazione generalmente accurata e imparziale della notizia nei media del Kosovo, ha detto lei, "mostra che la società albanese del Kosovo è pronta ad accettare il fatto che anche i Serbi, sia pure su scala molto minore, sono stati vittime della guerra in Kosovo".
Ha aggiunto: "Questo è un passo avanti rispetto alla completa negazione che esisteva negli anni dell'immediato dopoguerra."
Bejtullahu ha insistito sul fatto che molto lavoro doveva essere fatto sul tema, dal punto di vista degli attivisti per i diritti umani.
"Ci sono ancora delle riserve tra gli Albanesi nell'accettare che la responsabilità per i crimini contro le minoranze ricada sulle spalle della maggioranza in Kosovo," ha concluso.
Olgica Bozanic, che è attualmente una rifugiata a Belgrado, ha detto a IWPR di aver visto per l'ultima volta i suoi fratelli il 18 luglio 1998, quando si svolse una battaglia tra forze serbe e l'Esercito di liberazione del Kosovo, KLA, per il controllo dell'area di Orhavac/Rahovec.
"Durante la notte tra il 17 e il 18 luglio 1998, gli Albanesi attaccarono i Serbi che vivevano a Opterusa, che era a prevalenza Albanese," ha detto.
Gli uomini serbi del posto si erano "difesi fino al mattino ma successivamente si erano arresi ai locali Albanesi e a persone... in uniforme nera". La Bozanic non vide mai più i suoi fratelli.
Dauti è convinto che l'opinione pubblica in Kosovo sta diventando sempre più consapevole del fatto che durante la guerra furono commessi dei crimini contro i Serbi.
"La società e le istituzioni albanesi devono accettare che i Serbi del Kosovo nella guerra furono anche vittime e la fossa comune di Klina lo prova," ha detto.
Bejtullahu dice che è tempo che Belgrado e Pristina depoliticizzino il tema delle persone scomparse.
L'intera questione dovrebbe essere trasferita "da una prospettiva politica ad una umanitaria", ha detto, perché questo "aiuterebbe a far luce su ciò che è successo al resto delle persone scomparse - un argomento che finora è stato tenuto in ostaggio per calcoli di convenienza politica".
*Muhamet Hajrullahu è un collaboratore regolare di IWPR. Tanja Matic ha collaborato a questo articolo