Gravi incidenti a Mitrovica nord. Pesante il bilancio degli scontri tra la popolazione e le forze di sicurezza internazionali. Il punto di vista della comunità serba del Kosovo nella cronaca della nostra corrispondente
All'alba del 17 marzo, quarto anniversario degli scontri del 2004, gravi incidenti sono scoppiati tra la polizia e la forza militare internazionali e la popolazione serba a Mitrovica nord.
La violenza ha preso il via dopo l'inaspettata azione che ha portato le unità speciali della polizia Unmik a riprendere il controllo dei tribunali distrettuale e comunale di Mitrovica.
L'azione è cominciata intorno alle 5.30 locali, quando reparti speciali polacchi ed ucraini dell'Unmik, con l'appoggio delle forze francesi della Kfor, sono penetrati nei locali del tribunale, occupati da venerdì 14 marzo dai dipendenti e dai giudici serbi, che ne sono stati allontanati nell'estate del 1999.
In quel momento, questi si trovavano nell'ingresso del tribunale.
Nei tre giorni che hanno seguito l'occupazione del tribunale, gli ex dipendenti del tribunale hanno richiesto all'amministrazione internazionale in Kosovo che gli archivi del tribunale, ora controllato dalle autorità kosovare, fossero spostati nella parte sud della città, abitata da albanesi, e che solo in seguito sarebbero andati in ufficio.
"Questo è un processo che non può essere invertito", ha dichiarato il giudice Nikola Kabašić, durante l'occupazione degli stabili. "Quello che succede da nove anni, con il 100% di dipendenti del tribunale di nazionalità albanese, in un territorio dove il 98% degli abitanti sono serbi, non è ragionevole. Noi aspettiamo una risposta dall'Unmik. Non danneggeremo gli archivi albanesi, né apriremo gli uffici, ma porgiamo un segno di distensione", aveva poi aggiunto lo stesso Kabašić.
L'azione di ieri ha portato inizialmente all'arresto di 53 ex dipendenti del tribunale serbi. Da parte degli arrestati non c'è stato alcun segno di resistenza, anche perché da una parte nessuno si aspettava un'azione delle forze internazionali proprio nell'anniversario dei fatti del marzo 2004, e dall'altra si aspettava che a loro si rivolgesse il ministro serbo per il Kosovo Slobodan Samardžić, che il giorno prima aveva discusso della questione col vice capo dell'Unmik, Larry Rossin, a Gračanica.
Nel primo comunicato stampa della giornata, l'ufficio regionale della KPS (Kosovo Police Service) ha confermato gli arresti, specificando che non si è reso necessario l'uso della forza per entrare nell'edificio del tribunale, e aggiungendo che "le persone arrestate con l'accusa di occupazione illegale di un edificio dell'Unmik, saranno detenute in varie prigioni sul territorio del Kosovo".
Gli ex dipendenti del tribunale serbi, d'altra parte, affermano che nel penetrare nell'edificio i poliziotti hanno fracassato gli sportelli che si trovano al pianterreno, e che, nonostante la mancanza di qualsiasi forma di resistenza, al momento in cui i poliziotti sono arrivati negli spazi in cui si trovavano gli occupanti si è udita un "rumore assordante". In generale, hanno dichiarato molti di loro ad Osservatorio, l'impressione avuta è stata quella di "un'azione estremamente ruvida e prepotente".
Alcuni reporter, come il giornalista locale di B92, con le loro dirette del mattino, hanno dichiarato che, oltre all'uso eccessivo delle forza, i poliziotti internazionali, durante le perquisizioni, si sono rivolti alle donne in modo volgare.
In queste dirette, sono state le emozioni a dominare, mentre una televisione locale trasmetteva senza sosta le immagini dello sgombero del tribunale e degli arresti.
All'uscita dall'edificio, gli uomini avevano le manette ai polsi, mentre le donne avevano le mani legate con delle corde, mentre la polizia fotografava tutti senza sosta, prima di introdurre gli arrestati nei propri veicoli.
Secondo testimoni, molti dei quali hanno poi preso parte agli scontri, sono state proprio queste scene, che hanno definito "inaccettabili ed umilianti" la scintilla che ha fatto scoppiare i disordini.
Dimostranti serbi, accorsi sulla scena, hanno tentato di impedire fisicamente la partenza dei veicoli della polizia Unmik, sui quali si trovavano le persone arrestate. Hanno cominciato a lanciare pietre e pneumatici incendiati. Secondo molti testimoni, molti giovani si sono letteralmente gettati sui veicoli della polizia, per fermarne l'avanzata.
I dimostranti sono così riusciti a liberare 21 degli arrestati, mentre i restanti 32, 20 uomini e 12 donne, sono stati trasportati a Priština, per essere poi rilasciati entro la giornata di ieri.
Durante i disordini, da parte della polizia sono stati utilizzati moltissimi lacrimogeni e bombe sonore, di cui portano testimonianza il grande numero di bossoli rimasti sulle strade davanti al tribunale accanto alle pietre lanciate dai manifestanti.
Le fonti ufficiali degli organi internazionali, hanno parlato esclusivamente della violenza proveniente da parte serba. Nei comunicati del comando regionale di Mitrovica della KPS, si legge che intorno alle 7.30 "2-300 manifestanti gettavano pietre e bottiglie molotov sulle forze dell'Unmik e della Kfor, mentre due veicoli dell'Unmik sono stati danneggiati", mentre alle 8.10 è avvenuta un'esplosione che ha ferito tre poliziotti e due militari della Kfor, che sono stati poi evacuati. Secondo la KPS, da parte serba sono state gettate anche bombe a mano e utilizzate armi da fuoco.
Nonostante le assicurazioni di Aleksander Ivanko, direttore della sezione per le comunicazioni pubbliche dell'Unmik, riprese dalla tv B92, secondo cui da parte delle forze internazionali non c'è stato l'uso di armi da fuoco, queste dichiarazioni sono state indirettamente smentite da fonti militari della Kfor, che hanno affermato, di fronte ai microfoni dello stesso media, che i militari del contingente internazionale hanno fatto fuoco, ma esclusivamente in aria, come segno di avvertimento.
Fonti serbe locali, parlano invece di uso eccessivo della forza, e accusano le forze internazionali di uso di armi da fuoco.
Jovo Radović, vice procuratore del tribunale comunale di Mitrovica, è uno degli arrestati, e si trovava in un mezzo dell'Unmik, quando, secondo quanto ha dichiarato ad Osservatorio, l'uomo al volante, con al braccio la bandiera degli Stati Uniti, ha inserito un caricatore nella propria pistola d'ordinanza, facendo fuoco "in direzione della folla", che impediva il transito del mezzo.
"Il mezzo in cui mi trovavo, insieme a tre colleghi e a due poliziotti dell'Unmik, ha lasciato il tribunale e, arrivato nei pressi della scuola elementare, è incappato in una folla che ha tentato di bloccarne il cammino. Il poliziotto americano alla guida ha inserito un caricatore nella sua pistola, e l'ho visto chiaramente fare fuoco in direzione dei manifestanti. Ha scaricato un intero caricatore. Ripeto, non in aria, ma in direzione della folla. Ci siamo fatti strada, ma poco dopo un nuovo assembramento di persone si è presentato sulla strada. Il poliziotto nel frattempo ha ricaricato l'arma. Direi che ha esploso in tutto una decina di colpi, tutti quelli del primo caricatore più uno dal secondo. Mi sono sembrati attimi senza fine, ed io ed i colleghi abbiamo provato momenti di terrore, perché i manifestanti provavano a fermare il mezzo lanciando pietre e sostanze incendiarie", ha detto Radović in una dichiarazione esclusiva per l'Osservatorio.
Testimoni raccontano di aver visto anche tiratori scelti sull'edificio del tribunale fare fuoco sulla massa dei serbi in rivolta. Nei cortili delle case vicine al tribunale, nei quali i dimostranti si sono rifugiati dai gas lacrimogeni, era possibile vedere larghe macchie di sangue.
In seguito al trasferimento degli arrestati serbi a Priština, il portavoce regionale dell'Unmik, Gyorgy Kakuk, ha dichiarato che questi sarebbero stati presto rilasciati. Su vari media serbi, questo ha dato vita a speculazioni sulla necessità di effettuare il trasferimento a Priština, data l'intenzione del rilascio immediato.
Anche la presidente del tribunale comunale di Mitrovica, Branka Semenov, era tra gli arrestati. Ecco come ha descritto ad Osservatorio quanto successo sulla strada per Priština: "Per prima cosa ci hanno portato nel centro regionale di Mitrovica sud, ma non ci hanno fatto uscire dai mezzi. In seguito, siamo partiti alla volta di Vučitrn, per poi tornare ancora a Mitrovica. Siamo poi nuovamente ripartiti, per arrivare alla prigione di Vučitrn. Qui abbiamo ancora atteso, in silenzio, all'interno delle camionette. Siamo stati quindi trasferiti a Priština, e consegnati alla KPS. I poliziotti albanesi ci hanno offeso, sapendo che eravamo serbi, visto che non era presente alcun poliziotto internazionale. Quando ho chiesto di andare al gabinetto, mi hanno costretto a togliermi le scarpe. Sapevano molto bene che sono un presidente di tribunale. Non ci hanno dato acqua, e siamo rimasti con le mani legate per almeno sei ore. Ci hanno slegato solo quando è stato chiaro che si stavano portando avanti negoziati. E' stata un'esperienza terribile", ha dichiarato in esclusiva la Semenov ad Osservatorio.
Gli scontri a Mitrovica sono finalmente terminati quando le forse di polizia internazionale si sono ritirate dalla città e in quell'occasione un automezzo della polizia ha sbandato e si è trovato sulla corsia dell'auto del pronto soccorso.
I bambini sono stati fatti uscire da scuola subito dopo il loro arrivo nelle prime ore del mattino, mentre tutti i negozi erano chiusi.
Dei circa cento feriti in questi scontri, una settantina circa sono serbi. In gravi condizioni sono due serbi: Ilija Cuca, che a causa delle gravi ferite ha perso un occhio, e che è stato trasportato all'ospedale di Belgrado per un intervento chirurgico, mentre il membro del Servizio di polizia kosovaro, Nebojsa Vukomanovic, è stato ferito alla testa, trasportato a Kragujevac per un'operazione e attualmente si trova in coma.
Uno dei membro ucraini dell'unità di polizia è la prima vittima degli scontri di ieri nella città sull'Ibar. Durante la notte, a Pristina, il poliziotto è morto a causa delle ferite riportate ieri, la notizia è stata confermata dal portavoce del KPS Veton Eljsani.
L'Ufficio regionale per la stampa del KPS a Kosovska Mitrovica aveva inizialmente comunicato che sono 63 i membri della polizia internazionale feriti, dei quali 48 sono membri dell'unità della polizia speciale, e che per le ferite subite non sono in pericolo di vita. Il comandante polacco della polizia, Andrzej Matejuk ha detto alla BBC che 27 poliziotti feriti sono polacchi. Tra i poliziotti feriti ci sono anche 14 ucraini. Le fonti di informazione militare dei francesi hanno comunicato che sono stati feriti anche 20 soldati francesi, dei quali otto hanno subito gravi ferite.
Il ministro polacco degli Interni Gzegoz Setina è giunto questa mattina in Kosovo, con un aereo del governo ha riportato in patria i poliziotti rimasti feriti durante gli scontri a Mitrovica.
Secondo quanto riporta B92, in questo momento negli ospedali si trovano 13 poliziotti, due sono stati operati, mentre gli altri sono stati ricoverati alla base. Si tratta perlopiù di ferite causate da schegge e piccoli pezzi di granate e di bombe molotov, coi quali i serbi di Kosovska Mitrovica hanno attaccato i poliziotti.
Quando nel tardo pomeriggio di ieri a Mitrovica sono rientrati gli impiegati del tribunale, la situazione si è definitivamente calmata, mentre la tensione era salita subito dopo che il ministro per il Kosovo e Metohija, Slobodan Samardzic era giunto a Mitrovica. Il ministro aveva radunato i cittadini in rivolta presenti alla manifestazione spontanea, che erano per le strade e sotto la forte pioggia che scendeva.
Rivolgendosi ai cittadini raccolti, Samardzic ha cercato di calmare la tensione e ha chiesto ai cittadini che si tranquillizzassero. Aveva detto che era in contatto con i funzionari internazionali e che i lavoratori del tribunale sarebbero stati liberati nel corso della giornata, e poi che l'azione di attacco e di arresto dei serbi sarà "indagata fino in fondo".
"Per queste vittime dobbiamo garantire che non ci saranno più vittime, e che lotteremo per il nostro diritto, e cioè che il Kosovo è Serbia. Non ci sono serbi in Kosovo senza la Serbia. La Serbia qui sarà sempre presente finché ci sono i serbi, e viceversa. Pertanto, vi prego, disciplina e andiamo verso il tribunale", ha detto il ministro.
Samardzic ha poi detto che "restituiremo questo a quelli che ce lo hanno fatto".
Gli studenti riuniti, i cittadini e il ministro Samardzic nei pressi del ponte hanno deposto dei fiori davanti al monumento dei serbi uccisi durante le violenze del 17 marzo 2004.
Samardzic d'altra porte, prima degli incidenti aveva dichiarato che all'incontro che ha avuto con il vice capo dell'Unmik Larry Rossin, il 16 marzo scorso a Gracanica, aveva raggiunto l'accordo che non sarebbero state condotte azioni, finché il giorno successivo non si fosse discusso con gli impiegati serbi del tribunale.
Nonostante si valuti sia sul versante serbo che su quello internazionale che tra il ministro serbo e il vice capo dell'Unmik Rossin ci sia in corso in conflitto, ora anche personale, come ha detto ieri notte un analista alla tv B92, l'impressione che riportano fonti ufficiose locali e internazionali indica che il ruolo del ministro Samardzic durante la giornata di ieri, volto a tranquillizzare la situazione, sia stato molto positivo e costruttivo.
Dal canto suo l'amministrazione civile internazionale a Kosovska Mitrovica ha continuato nella giornata di ieri a tenere aperto il canale di comunicazione con i presidenti e i leader dei comuni serbi del nord.
In contatti personali, alcuni singoli cittadini del nord, dai loro conoscenti internazionali, da amici o colleghi, nel corso della giornata di ieri hanno ricevuto messaggi di incoraggiamento, condanna delle azioni delle unità di Pristina, e la fiducia che i membri delle unità internazionali a Kosovska Mitrovica non sapessero nulla di questa azione, così come le scuse per quanto accaduto.
Agli eventi di ieri hanno reagito sia i funzionari locali che quelli internazionali. Alle valutazioni amareggiate e rivoltose dei leader del nord del Kosovo si sono aggiunti tutti i politici di rilievo di Belgrado. Tutti concordano sul fatto che si sia giunti ad un uso eccessivo della forza, e tutti concordano sulla necessità di avviare un'indagine immediata. Il presidente Tadic ha "segnalato l'impressione che sia stato fatto un uso eccessivo della forza a Mitrovica al segretario generale della NATO Jaap de Hoop Sheffer e all'alto rappresentate dell'UE per la politica estera e per la sicurezza Havier Solana", come dichiarato per la Radio televisione della Serbia. Contemporaneamente Tadic ha fatto appello a tutte le parti in Kosovo di astenersi dalle violenze, avvertendo che "il limite non deve essere per niente oltrepassato".
Dall'altra parte, i politici e i funzionari albanesi hanno accolto con favore l'azione dell'Unmik e della polizia della Kfor.
"Le azioni violente di oggi contro la polizia dell'Unmik e contro i membri della Kfor sono completamente inaccettabili sia per le istituzioni che per la gente del Kosovo. L'attacco brutale dei dimostranti contro le forze dell'ordine ha dimostrato pubblicamente che agli usurpatori del Tribunale distrettuale di Mitrovica dà fastidio la legalità, la pace e la stabilità in Kosovo.
I funzionari internazionali e le agenzie in Kosovo hanno dichiarato che è stata oltrepassato "un limite non consentito" il vice capo dell'Unmik Larry Rossin e il comandante della Kfor Xavier de Marniac hanno condannato le violenze nella parte nord di Mitrovica.
Rossin e de Marniac hanno detto che le violenze contro al polizia dell'Unmik e la Kfor, che ieri hanno preso il controllo del tribunale a Mitrovica nord, "sono una flagrante violazione della Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU", e hanno fatto appello alla pace, come esplicitato nel comunicato dell'Unmik.
"La Kfor risponderà in modo fermo alla violenze dei rivoltosi a Kosovska Mitrovica che hanno violato la legge attaccando coi sassi, le molotov e le bombe a mano, nonché con colpi di arma da fuoco i membri delle forze internazionali", ha dichiarato a Bruxelles il portavoce della NATO James Appathurai
A Mitrovica nord, da ieri sono le forze della Kfor francese ad essere responsabili dell'ordine pubblico. Nel frattempo, oggi la stazione di polizia che si trova in questa parte della città è di nuovo sotto il controllo della KPS, mentre i militari della Kfor sono piazzati davanti al tribunale, alla centrale della KPS e agli edifici amministrativi dell'Unmik.
La Kfor pattuglia anche la città, mentre non ci sono in giro poliziotti dell'Unmik. Sul ponte principale sul fiume Ibar, l'estremità meridionale è controllata dai poliziotti albanesi del KPS, mentre quella settentrionale dal contingente militare internazionale.
Le strade sono state ripulite dalle pietre e dai bossoli, mentre gli scheletri anneriti dei mezzi dati alle fiamme sono stati rimossi. I negozi sono aperti, e la situazione sembra normalizzata. Nel frattempo, membri del team negoziale per il tribunale, hanno dichiarato di essere pronti a dialogare con i rappresentanti della giustizia dell'Unimk, e di voler offrire soluzioni al problema rappresentato dalla esclusione dei dipendenti serbi dei tribunali a Mitrovica nord.
"I dipendenti del settore giustizia di etnia serba non rinunceranno alle proprie richieste di poter tornare sui propri posti di lavoro nei tribunali distrettuale e comunale di Mitrovica", ha affermato oggi il procuratore distrettuale Milan Bigović.
Bigović ha poi dichiarato che i serbi sono pronti a discutere con il personale competente per la magistratura dell'amministrazione dell'Unmik, per far sì che in modo pacifico si risolva il problema del ritorno in questi organi di giustizia.
Nella mattinata di oggi, a Mitrovica nord, un piccolo gruppo di giovani ha gettato pietre in direzione di una colonna di mezzi della Kfor francese, ma questo è stato l'unico incidente registrato. I militari francesi hanno esploso una bomba sonora, e alcuni proiettili di gomma in aria, e tanto è bastato per far fuggire i giovani.
Questo conferma però l'alto grado di rabbia accumulato dai serbi che vivono a Mitrovica nord a causa dei fatti di ieri, accaduti a quattro anni precisi dalle violenze del marzo 2004, che hanno portarono alla fuga di circa quattromila serbi kosovari dalle proprie case, alla distruzione di 35 tra chiese e monasteri e alla morte di 19 persone.