Si gioca in seno al Consiglio di Sicurezza. Ma non solo. La partita sullo status del Kosovo la si condiziona anche con l'attività di lobbing. Dopo il vantaggio iniziale albanese si assiste ora alla rimonta dei serbi
Di Krenar Gashi a Pritsina e Jeta Xharra a New York - BIRN
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Antonia Pezzani
La partita delle Pubbliche Relazioni per il Kosovo a New York dopo il vantaggio iniziale albanese vede la rimonta dei serbi, che hanno deciso di usare la stessa tattica dei loro avversari
Cerca "Kosovo" in internet, e potresti sentirti un po' confuso. E questo perché se non dopo uno sguardo attento, savekosova.org e savekosovo.org - il primo fondato dal Consiglio statunitense per il Kosova e il secondo dal Consiglio statunitense per il Kosovo - sembrano pressoché identici.
Ma nonostante i layout simili, il contenuto di questi due siti web è completamente diverso. Uno è per l'indipendenza, l'altro appoggia il controllo serbo sul territorio. Per aumentare la confusione, entrambi si servono della stessa argomentazione: la paranoia globale sul terrorismo islamico.
Prova con Wikipedia, la popolare enciclopedia interattiva di internet, e non avrai un grammo di saggezza in più. La pagina sul Kosovo è chiusa dopo che schieramenti di pro-e anti- indipendentisti hanno bombardato il portale web di modifiche.
Il lobbismo è arrivato all'apice mentre le Nazioni Unite valutano il proprio progetto per giungere a una conclusione sullo status finale del paese. Dopo che mesi di negoziazioni a Vienna non hanno fruttato un accordo tra la Serbia e la maggioranza albanese del Kosovo, la spinosa questione di cosa fare della provincia si è spostata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a New York, e lo stesso è accaduto con i lobbisti.
La battaglia su internet non è solo un ulteriore segno dello sforzo intensificato da parte di entrambe le fazioni di convincere la comunità internazionale della propria causa. È anche un segnale che la Serbia sta sempre più usando le stesse tattiche che da anni usano i rivali albanesi.
Se pure savekosovo e savekosova si rispecchiano, gli albanesi in precedenza erano stati all'avanguardia quando si trattava di fare sentire il proprio messaggio negli Stati Uniti. Ma la Serbia ora sta rimontando e sta sfruttando le debolezze del fronte albanese per esercitare l'influenza dell'ultimo minuto.
Gli albanesi trovano la loro voce
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito a New York il 4 aprile per discutere il progetto per lo status finale del Kosovo redatto dall'Inviato speciale delle Nazioni Unite, Martti Ahtisaari, che consigliava l'indipendenza del Kosovo sotto la supervisione internazionale.
Il progetto delle Nazioni Unite è un compromesso tra le richieste più radicali di entrambe le parti. Mentre gli albanesi del Kosovo cercavano l'indipendenza completa e immediata, la Serbia sperava di tenersi stretta il Kosovo almeno fino alla fine di un nuovo round di negoziazioni, con il sostegno della Russia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza.
Le diplomazie kosovara e serba sono entrambe impegnate a spingere tutti i membri del Consiglio di Sicurezza a condividere la propria visione dello status finale del Kosovo. Ma la consapevolezza del ruolo cruciale degli Stati Uniti in qualsiasi decisione futura significa che entrambi i gruppi hanno riorganizzato i lobbisti per sostenerli a Washington e a New York.
Per quanto riguarda questa tattica, le autorità serbe sono rimaste molto indietro rispetto ai loro rivali albanesi, che l'hanno usata fin dagli anni '80.
Al momento, la lobby serba è mobilitata dal Consiglio statunitense per il Kosovo, ACK, un'associazione che stando al sito web, si "dedica a promuovere una migliore comprensione negli USA della provincia serba del Kosovo a Metohija e della partecipazione essenziale degli Stati Uniti nel futuro della provincia."
La lobby serba sul Kosovo si mise in moto solo dopo che la lobby albanese aveva già raggiunto forse il suo più grande successo - l'intervento NATO contro la Yugoslavia nel 1999, che portò all'effettiva separazione del Kosovo dalla Serbia, e all'insediamento di un'amministrazione delle Nazioni Unite a Pristina.
Gli albanesi sono diventati lobbisti per assenza. In quanto abitanti marginalizzati di una provincia autonoma serba nell'ex-Yugoslavia, non avevano né ministri del governo né altri organi ufficiali per articolare i propri interessi all'estero.
Privi di tali sbocchi per dar voce ai propri problemi, gli albanesi incominciarono le campagne lobbiste nei paesi stranieri grazie alla massiccia diaspora, ampiamente presente negli Stati Uniti.
La prima organizzazione divenuta lobby per gli interessi albanesi sul Kosovo negli USA fu la Lega civile albanese statunitense, AACL, fondata e guidata da Joseph DioGuardi, ex-membro del congresso statunitense con un background albanese.
Stando al sito ufficiale, AACL è "una lobby registrata di cittadini che rappresenta le preoccupazioni e gli interessi a Washington, DC, del popolo albanese."
DioGuardi ha sponsorizzato numerose risoluzioni congressuali sul Kosovo e ha organizzato il primo viaggio congressuale in Kosovo nel 1990 con il congressista Tom Lantos, un altro lobbista pro-albanesi.
Questa visita fu importante per gli albanesi del Kosovo e la loro vita politica parallela, allora guidata da Ibrahim Rugova. Fu seguita da altre visite di membri del Senato statunitense insieme a Bob Dole, ampiamente percepite come pro-albanesi.
La casa serba divisa
Il lobbismo alla luce del sole come quello portato avanti da entrambi questi gruppi, era un fenomeno pressoché sconosciuto nell'ex-Yugoslavia. Componente regolare del processo democratico negli Stati Uniti e in altri stati occidentali, non aveva un'equivalente nel fronte socialista.
"Negli Stati Uniti il lobbismo è un'attività legale. Puoi sponsorizzare la campagna elettorale di un politico in modo da poterlo usare per promuovere i tuoi propositi," ha detto Fron Nahzi dell'East-West Managing Institut, un'organizzazione no profit statunitense che promuove lo stato di diritto, la società civile e il sistema del libero mercato.
Nahzi ha aggiunto che durante gli anni '90, la comunità albanese negli USA colse questa opportunità di iniziare a sponsorizzare diversi politici. Secondo la legge statunitense, nessuna singola persona può donare più di 2,000 $ a un singolo politico, ma gli albanesi kosovari erano ben organizzati. Come spiega Nahzi, distribuirono donazioni per ogni membro delle loro numerose famiglie.
Ma oltre a ciò c'era dell'altro. Stando a Samuel Hoskinson della Jefferson Waterman International, un'agenzia lobbista che sostiene l'indipendenza del Kosovo, "fare un lobbismo di successo significa dire l'informazione giusta alla persona giusta al momento giusto."
Uno statunitense-albanese che lavora per l'indipendenza, Harry Bajraktari, ha detto a Balkan Insight che una strategia attenta e lungimirante era cruciale per la causa kosovara. Ha spiegato in che modo lui e i suoi colleghi avessero fatto lobby con Bill Clinton e Bob Dole in modo da influenzare l'amministrazione statunitense in toto.
"Sostenemmo Bill Clinton quando ancora era governatore dell'Arkansas," afferma Bajraktari. "Una volta che furono Bill Clinton e Bob Dole nostri amici, parlarono ai propri amici e colleghi della nostra causa kosovara."
Gli albanesi ebbero il vantaggio dell'unità a sostegno della meta dell'indipendenza. Ai serbi mancava questo vantaggio. Lo stato del regime di Slobodan Milosevic, virtualmente paria, gli impedì di occuparsi di decisioni internazionali sul Kosovo. Allo stesso tempo, profonde divisioni interne emersero nel governo democratico che successe alla caduta di Milosevic nel 2005.
Goran Svilanovic, deputato del partito democratico serbo ed ex-ministro degli Esteri, ha affermato che mentre il governo serbo assumeva un'agenzia lobbista e di Pubbliche Relazioni negli Stati Uniti nel 2001, fronteggiava problemi dovuti a dispute endemiche tra l'ultimo primo ministro della Serbia Zoran Djindjic e l'allora presidente yugoslavo, Vojislav Kostunica.
"Dietro ai lobbisti non c'era il governo, ma singoli leader politici," ha dichiarato. "Non era chiaro se l'impresa di PR fossero lobby nell'interesse della Serbia o nell'interesse di questi politici."
I serbi rimontano
Nonostante il vantaggio iniziale degli albanesi, per quanto riguarda il ricorso ai lobbisti, i serbi stanno rimontando.
Svilanovic, che ora dirige il Tavolo di lavoro democratizzazione e diritti umani per il Patto di stabilità per il sud-est europeo, afferma che il governo serbo, ora guidato da Kustunica, "ha preso un accordo con una di queste agenzie e questo è positivo, ed ora fanno lobby in nome della Serbia."
Obrad Kesic, un lobbista serbo-statunitense della compagnia TSM Global Consultant, è d'accordo che la Serbia stia rimontando in questo campo. "Washington è piena di lobbisti kosovari," ha detto. "Alcuni sono per i serbi e alcuni per gli albanesi."
Kesic fa notare che la lobby serba si sta concentrando su due diversi obbiettivi, servendosi di due agenzie di lobby. Una, assunta dal governo serbo, si dedica strettamente all'amministrazione statunitense e lavora distante dai riflettori mediatici.
"Dall'altro lato, c'è Venerable, un'altra compagnia assunta dai serbi del Kosovo che fa lobby presso alcuni gruppi mirati, come le comunità cristiane, " ha spiegato Kesic.
James Jatras, della Venerable, afferma che ora la lobby serba ha delle probabilità. "La lobby albanese è stata attiva per un periodo davvero lungo," ha detto. "Negli Stati Uniti, c'era solo il loro punto di vista. La guerra stessa fu un loro enorme successo."
Ma Jatras ha affermato che la lobby albanese si è recentemente sopita. "Erano sicuri che avrebbero ottenuto l'indipendenza per la fine del 2006, e questo era quanto," ha detto.
Florin Kelmendi, uomo d'affari albanese-statunitense che sponsorizza la lobby albanese, ha concesso che ci fosse del vero in questo. "Nel 1999 pensavamo che il nostro lavoro fosse finito e smettemmo di fare lobby" ha detto, incolpando il governo del Kosovo di non sostenere la lobby negli USA.
Gli albanesi appoggiano almeno tre organizzazioni per concentrare il sostegno per indipendenza del Kosovo. Oltre ad AACL, c'è il Consiglio nazionale albanese statunitense, NAAC, e la Nuova alleanza per il Kosovo, fondato dall'uomo d'affari kosovaro Behgiet Pacolli.
La Nuova alleanza di Pacolli ha assunto la Jefferson Waterman International per fare lobby per il Kosovo a Washington.
In ogni caso, in molti credono che la lobby albanese potrebbe essere meglio organizzata. "Gli albanesi fanno singolarmente lobby presso congressisti e senatori," ha detto Nahzi. "Avendo presente quanti soldi hanno speso, l'impatto fu piuttosto scarso visto che dal Congresso statunitense non è uscito alcun documento concreto in sostegno alle loro idee."
In ogni caso, Eliot Engel, congressista statunitense, è convinto che i lobbisti kosovari abbiano ottenuto molto. "Molte persone al Congresso non sapevano nemmeno dove fosse il Kosovo," ha detto. Engel è fiero di essere stato tra i primi ad aver fatto lobby per l'indipendenza del Kosovo, perché, dice, "è corretto, è giusto ed è legittimo."
Harry Bajraktari afferma che i lobbisti albanesi negli Stati Uniti hanno riempito un gap vitale. "Abbiamo giocato il ruolo di ambasciatori del Kosovo," ha detto.
Molti lobbisti albanesi ammettono il significativo successo strategico recentemente strappato dalla Serbia, particolarmente nei riguardi della Russia, membro con potere di veto del Consiglio di Sicurezza.
"Il ruolo della Russia nel caso del Kosovo è molto importante e la lobby serba ha influenzato la posizione della Russia, " ha detto Nahzi.
Gli albanesi adesso incominciano a preoccuparsi per paura che i serbi bissino il successo anche negli Stati Uniti.
"I lobbisti serbi stanno pubblicando inserzioni su giornali che ogni senatore statunitense legge...che dipingono il Kosovo come un covo del fondamentalismo islamico, di stupefacenti e di prostituzione," ha affermato Yll Bajraktari, dell'Istituto statunitense per la pace, USIP.
"Hanno persino pubblicato un portachiavi ad anello con il ritratto di Bin Laden, che sostengono sia stato fatto in Kosovo."
È un'interessante svolta nella battaglia per il Kosovo questa tattica. Il fatto che la maggioranza dei kosovari sia musulmana negli USA è cooptata sia dagli schieramenti pro- che da quelli anti-indipendenza.
"Un Kosovo indipendente sarebbe uno stato canaglia...uno stato albanese musulmano dominato dai terroristi," ha affermato Jatras.
È franco sul fatto di usare la religione come argomento chiave contro l'indipendenza del Kosovo.
"La componente religiosa in Kosovo è in crescita e non puoi fare un passo senza sbattere contro l'ennesima moschea finanziata dai sauditi," ha detto. "Ed è per questo che bisogna evitare l'indipendenza."
Ma che circa il novanta per cento degli abitanti del Kosovo siano musulmani lo sbandiera pure la lobby a favore dell'indipendenza.
"Gli albanesi del Kosovo sono persone molto laiche. È molto scorretto affermare che solo perché qualcuno è musulmano è un terrorista islamico," ha affermato Engel, aggiungendo che "un Kosovo indipendente sarà il miglior alleato statunitense in Europa."
I lobbisti kosovari stanno cercando di convincere gli USA a sostenere l'indipendenza del Kosovo proprio come opportunità di dimostrare che non sono anti-musulmani.
In pianta stabile
A prescindere dall'esito di questa recente strategia, i lobbisti saranno una caratteristica a lungo termine della diplomazia per il Kosovo.
Ivan Vejvoda, direttore del Balkan Trust for Democracy ed ex-consigliere del governo serbo di Zoran Djindjic per la politica estera, ha comunicato che la risoluzione dello stato del Kosovo non sarebbe arrivata nel giro di una notte.
"È un processo questo in corso fin dal 1999 e continuerà anche dopo che sarà approvata una risoluzione delle Nazioni Unite," ha affermato.
Nell'interesse di una soluzione pacifica della vertenza kosovara, è convinto che il governo serbo debba assumere un atteggiamento molto più fattivo. "Non è mai troppo tardi per entrare in rapporto con la comunità internazionale ma deve essere una presenza continua se vorrà riconosciuti i propri interessi," ha affermato.
Jatras è d'accordo. Anche se il Kosovo otterrà l'indipendenza, dice, la lobby serba non si arrenderà.
"Stiamo facendo tutto il possibile per assicurarci che l'indipendenza non accada," ha affermato. "Ma anche se le Nazioni Unite accettassero l'indipendenza, avrà ancora più senso continuare con il lobbismo," ha dichiarato.