Continuano ad essere incerti i passi da fare dopo il boicottaggio elettorale della maggioranza dei Serbi del Kosovo. Indecisioni che si riflettono anche sul potere di Belgrado, dove prosegue il disaccordo tra il premier e il presidente
La formazione del parlamento kosovaro prevista per il 23 novembre è stata definitivamente rimandata per la fine di dicembre. Questo perché, nonostante i rappresentanti dei partiti politici albanesi abbiano annunciato che in quella occasione si sarebbe tenuta la prima seduta del neoeletto parlamento, i rappresentanti dell'UNMIK hanno ritenuto che tali aspettative fossero irreali.
Le speculazioni in relazione al nome del nuovo premier del Kosovo, gli accordi politici condotti a porte chiuse e le circostanze relative all'instabilità politica, hanno condotto ad un prolungamento della formazione del parlamento, motivo per cui l'attività politica kosovara è praticamente bloccata.
Tuttavia, nonostante non si sia tenuta la seduta dell'assemblea kosovara, i mandati dei deputati sono stati accertati secondo le regole e le procedure previste per questo procedimento.
Mentre i rappresentanti dei partiti politici albanesi così come gli altri partiti delle minoranze hanno verificato i propri mandati, i rappresentanti serbi hanno proceduto diversamente.
Delle due liste serbe che hanno partecipato alle elezioni kosovare, una ha deciso in questo modo: facendo sapere che è intenzionata a partecipare al lavoro del parlamento sin dall'inizio. Slaviša Petković, leader della Građanska Inicijativa Srbije (Iniziativa civica della Serbia), alla quale appartengono due mandati, ha utilizzato il proprio diritto e ha verificato i mandati, affermando che due deputati serbi comunque saranno presenti alla seduta parlamentare fissata per la fine di dicembre, mentre la decisione sui passi futuri verrà presa in accordo con i colleghi di partito.
Dall'altra parte, i rappresentanti della Srpska lista za Kosovo i Metohija (Lista serba per il Kosovo e Metohija), anch'essa presente alle elezioni, non hanno partecipato alla seduta e con ciò non hanno verificato i propri mandati.
Dragiša Krstović, membro di questa lista, afferma che verrà rispettato l'accordo, cioè il suggerimento del presidente serbo Boris Tadić, secondo il quale i primi tre mesi dalla costituzione del parlamento non ci sarà partecipazione ai lavori di questa istituzione.
Il periodo di passaggio dovrebbe essere utilizzato per osservare la situazione, mentre la decisione finale dipenderà in buona parte dalla preparazione dei politici albanesi nel rendere possibile una vita normale e sicura per la comunità serba in Kosovo.
Tuttavia, Krstović ha aggiunto che esiste la possibilità che la decisione venga modificata se nel frattempo "cambierà qualcosa", fatto che conferma la tesi già nota secondo la quale l'intera politica serba non dispone di una strategia definita per il Kosovo, così che continua la prassi di formulare soluzioni ad hoc in relazione alle questioni cruciali.
Confrontandosi col problema su cosa fare dopo le elezioni in Kosovo, la Belgrado ufficiale ancora una volta si comporta in modo non uniforme. Le differenze tra il premier Koštunica e il presidente Tadić su tutte le questioni aperte, ed anche sulla questione del Kosovo, aumentano. Esemplare il fatto che i due gabinetti siano giunti alla totale interruzione delle comunicazioni.
Pertanto, le differenti direzioni seguite dai due politici suddetti e la loro impossibilità nel trovare un compromesso hanno portato al congelamento delle relazioni reciproche, cioè ad un'ulteriore minaccia di destabilizzazione della vita politica del Paese.
Benché le cose questa volta, in qualche modo, siano state risolte, rimane l'impressione che la cosiddetta coabitazione non durerà a lungo. Inoltre, la posizione di Tadić per quanto riguarda il Kosovo è condivisa da Vuk Drašković, ministro degli esteri della Serbia e Montenegro, col che si avvista già la nuova coalizione per le possibili elezioni anticipate in Serbia.
Cercando di superare le differenze tra i rappresentanti serbi che hanno boicottato le elezioni kosovare e quelli che vi hanno partecipato, il premier Koštunica ha organizzato diversi incontri, nei quali un posto centrale è stato riservato all'adozione di una strategia comune di comportamento.
Dall'altra parte, benché fosse stato invitato, il presidente Tadić non si è fatto vedere a questi incontri, un ulteriore segno del grado di incomprensione, in questo istante, tra le due figure chiave della politica serba.
Il primo incontro, tenutosi l'11 novembre, ha visto la presenza dei rappresentanti serbi che hanno partecipato alle elezioni, i quali hanno chiesto al premier di formulare una posizione del governo sulla linea d'azione dopo il boicottaggio.
Oliver Ivanović, leader della Lista serba per il Kosovo e Metohija ha riferito in quella occasione che "il governo deve prendere una decisione: se vuole accettare i rappresentanti serbi legittimamente eletti e se vuole garantire, attraverso il suo impegno nel parlamento kosovaro, l'implementazione del piano di decentramento".
Inoltre, i partecipanti all'incontro hanno espresso ancora una volta la convinzione che il Piano di decentramento del governo serbo sia il punto di partenza per qualsiasi accordo sul futuro del Kosovo.
I rappresentanti serbi hanno chiesto al premier che il governo si inserisca in modo attivo nella soluzione dei problemi della comunità serba in Kosovo, così che il suo ruolo non possa risolversi nel semplice fornire consigli e messaggi.
Tuttavia, secondo le parole dei partecipanti, non si è discusso della verifica dei mandati e dell'eventuale partecipazione dei Serbi eletti al parlamento kosovaro.
Il giorno dopo l'incontro, il premier Koštunica ha ricevuto presso il governo serbo anche l'altra delegazione di Serbi del Kosovo, di coloro che hanno boicottato le elezioni di ottobre, per poter sentire anche le loro idee rispetto ai futuri passi da compiere.
In quella occasione è stato detto che la Belgrado ufficiale deve essere introdotta di più nelle decisioni che riguardano il Kosovo, un denominatore comune sui cui sono d'accordo entrambe le correnti della comunità serba del Kosovo.
Ancora una volta è stato ribadito che il piano sul decentramento è il documento da cui bisogna partire, così che si possa, sulla base di ciò, raggiungere più velocemente e più facilmente un consenso.
Considerando che questi rappresentanti hanno boicottato le elezioni, per loro la questione della verifica dei mandati è irrilevante, sicché hanno rilanciato la possibilità di organizzare delle ulteriori elezioni per i rappresentanti della comunità serba.
Benché la comunità internazionale abbia rigettato una tale possibilità, i leader serbi del Kosovo continuano a considerare che in questo modo diminuirebbero le tensioni e si renderebbe possibile far sì che in parlamento entrino i legittimi rappresentanti, ossia coloro che verrebbero appoggiati dalla maggioranza della cittadinanza serba.
Tuttavia, la conclusione più importante dell'incontro riguarda la riorganizzazione delle istituzioni esistenti che in Serbia si occupano della questione del Kosovo, al fine di coinvolgere attivamente Belgrado nella soluzione dei problemi della comunità serba del Kosovo.
In riferimento a ciò, è stato suggerito di formare un Consiglio statale, un Fondo per il Kosovo e Metohija, e che venga pure riorganizzato il Centro di coordinamento, di fatto bloccato da mesi.
Il Consiglio statale, secondo questo piano, dovrebbe avere un ruolo consultivo, mentre il Fondo dirigerebbe gli investimenti necessari per la permanenza e il ritorno dei Serbi del Kosovo.
Con questa riorganizzazione si cercherebbe di lavorare parallelamente su più binari, di modo che l'attenzione venga indirizzata non solo alle discussioni e agli accordi politici, ma anche al miglioramento della situazione economica dei Serbi del Kosovo, intesa come elemento chiave per la loro permanenza.
La formula per la riuscita, su cui negli ultimi giorni si discute a Belgrado, consisterebbe quindi nella migliore coordinazione tra la Belgrado ufficiale e i Serbi del Kosovo, realizzando un generale consenso e la suddivisone degli obblighi e degli impegni tra i maggiori attori, con l'intento finale di garantire una posizione più forte dei negoziatori in vista dei negoziati sullo status del Kosovo, annunciata per l'anno prossimo.