Il governo italiano ci crede. Spinge in sede europea affinché si prosegua senza esitazione all'integrazione dei Paesi dei Balcani in Europa. E per risolvere la questione Kosovo l'Europa non può dimenticarsi della Serbia. Un'intervista al sottosegretario agli Esteri Famiano Crucianelli che ha introdotto il convegno "Kosovo, regione d'Europa"

20/12/2006 -  Davide SigheleLuka Zanoni

Dopo l'allargamento Ue a 10 nuovi Paesi nel 2004 e il prossimo allargamento a Bulgaria e Romania in Europa sembra ci sia poca voglia di altri paesi membri. Negli utlimi mesi lo stesso José Barroso ha predicato prudenza ...

Ho partecipato agli ultimi tre incontri dei ministri degli Esteri Ue, in sostituzione di D'Alema e si è sempre discusso di Balcani e di allargamento. Non c'è dubbio comunque che in Europa vi sia una forte resistenza ad un ulteriore allargamento, sia che si tratti di Turchia, per evidenti ragioni, sia che si tratti di Balcani. La resistenza viene da una parte dei Paesi membri anche se debbo dire che molti altri Paesi, sicuramente la maggioranza (il che non è sufficiente in Europa), ritengono che la stabilità e l'evoluzione democratica dei Balcani debbano essere assolutamente garantite attraverso la prospettiva europea. Per noi i Balcani sono una priorità, siamo in prima linea in questa battaglia politica nelle sedi europee. Nell'ultima riunione in cui si è parlato di allargamento, pur con una discussione difficile, sono stati ribaditi gli accordi presi a Salonicco, nel 2003, dove si insisteva sulla prospettiva europea dei Balcani. Ma non c'è dubbio: è una strada non lineare quella che abbiamo dinanzi.

Da quando ricopre il ruolo di sottosegretario agli Esteri è stato più volte in Paesi del sud est Europa. Recentemente anche in Kosovo. Quali le impressioni che ne ha ricavato?

La mia impressione è che in Kosovo siamo di fronte, da un punto di vista politico ma debbo dire anche da un punto di vista culturale e sociale, a posizioni del tutto inconciliabili tra quelle sostenute dalle autorità serbe e quelle sostenute dalle autorità kosovare.

Questo è un problema molto serio perché nessuno oggi, tanto meno l'Inviato speciale Onu Marrti Ahtisaari, ha nelle mani la carta per poter trovare una posizione condivisa. Il Kosovo è una realtà molto difficile. Per un verso c'è l'aspirazione all'indipendenza e l'aspirazione a far parte dell'Unione europea. D'altro canto però, al di là dei problemi con la Serbia, c'è un Paese non da ricostruire ma da costruire, nelle sue istituzioni politiche e sociali.

Ritengo che la presenza di forze multinazionali, civili e militari, sia una presenza che dovrà durare per un certo periodo di tempo, fino a quando non si avrà un assetto statuale che permetta di sviluppare una normale dialettica nel Paese. Quindi vi sono diversi problemi. Vi è un problema collegato alla prospettiva dell'indipendenza ed al conflitto con la Serbia e vi è un problema che riguarda specificatamente il Kosovo e la costruzione della sua realtà istituzionale e politica.
E' ormai probabile che all'attuale presenza Onu, l'Unmik, succeda una presenza a guida Ue che sembra ispirata alle istituzioni internazionali della Bosnia di Dayton ...
Io mi auguro che sia più efficace rispetto alla presenza internazionale in Bosnia. Ho discusso di questo proprio con l'attuale alto Rappresentante in Bosnia Schilling. Credo sia molto difficile fare dei paragoni, si tratta di due realtà molto diverse. In Bosnia in questi mesi si cerca di passare da una presenza attiva della comunità internazionale ad una di monitoraggio anche se Schilling, nell'ultimo incontro che ho avuto con lui, era autocritico. Certo ha modificato la sua visione originaria che era quella fondamentalmente di essere all'esterno dei processi bosniaci, di osservare. Ora è preoccupato per il futuro e ritiene opportuno avere anche poteri d'intervento che sono fondamentali se vuoi incidere sulla realtà.

Io penso che se dobbiamo immaginare una presenza in Kosovo, questa presenza non possa che essere molto attiva. Deve poter intervenire su quelle che saranno le contraddizioni, che saranno molto serie sul versante serbo-kosovaro e saranno serissime anche sul terreno dell'organizzazione del Kosovo.

Ora è evidente che sono due cose diverse, perché in Bosnia noi siamo di fronte ad una missione che deve gestire un equilibrio fra bosgnacchi, serbi e croati, cioé che deve gestire una situazione che è tendenzialmente dirompente, come hanno dimostrato le ultime elezioni, dove tutti sono andati verso posizioni nazionaliste. La situazione è molto più delicata.

In Kosovo si tratta invece di costruire un processo politico di organizzazione democratica. Però la questione che resta aperta e che inciderà non poco sulla presenza internazionale è che fine farà il nord ed i serbi del nord, e questo è tutto quanto ancora da vedere.

Bisognerà garantire, come io credo, uno Stato multietnico. E' quindi evidente che la presenza di una forza multinazionale diventa assolutamente decisiva e diventa decisiva anche la sua capacità di iniziativa ed i poteri che può avere. Però qui siamo nel campo delle ipotesi, perché non sappiamo cosa succederà, non sappiamo cosa farà Mitrovica, cosa faranno i serbi kosovari...

Cosa pensa della proposta di Osservatorio di fare del Kosovo la prima "Regione d'Europa"?

Io apprezzo molto l'idea, perché è la stessa cosa che noi sosteniamo quando parliamo di Paesi balcanici in Europa. In sostanza sosteniamo la stessa cosa, che tutti questi Paesi possono trovare il loro assetto, la loro prospettiva democratica e la loro stabilità solo se entrano in Europa. Però il problema è che noi in Europa abbiamo grandi difficoltà a fare entrare la Croazia e quindi si immagini a far entrare il Kosovo, che in quanto a standard europei ha ancora molta strada da fare.

C'è inoltre una vera insensibilità europea. Gli europei sono talmente presi dai loro meccanismi che non sono sensibili alla questione politica: quello che ti chiedono è il livello democratico, lo stato di diritto...e su questo terreno in Kosovo bisognerà lavorare.

Non riusciamo a fargli riaprire nemmeno il negoziato con la Serbia, perché Belgrado non ha rispettato una condizione peraltro discutibile ... perché con la Croazia si è avuto un altro tipo di atteggiamento sulla questione della collaborazione con il Tribunale dell'Aja.

Mi spiego meglio. L'atteggiamento europeo è talmente rigido e burocratico che non si riesce a riaprire nemmeno un negoziato che sarebbe stato molto utile proprio per affrontare il capitolo Kosovo. Quindi proporre l'ingresso del Kosovo in Europa è un'idea che a mio parere sta dentro il ragionamento, ma è irrealistica nel contesto attuale.