John Kerry

Il segretario di Stato USA John Kerry, in visita ieri in Kosovo, ha invitato l'opposizione a sospendere le violente poteste al contestato accordo sull'Associazione delle municipalità serbe

03/12/2015 -  Violeta Hyseni Kelmendi Pristina

Durante la sua breve visita in Kosovo, il segretario di Stato statunitense John Kerry ha ribadito il supporto degli USA al processo di normalizzazione dei rapporti tra Pristina e Belgrado facilitato dall'Unione europea, condannando allo stesso tempo l'uso della violenza da parte dell'opposizione politica kosovara.

La visita di Kerry è avvenuta in un periodo di profonda crisi politica che attanaglia il Kosovo proprio sul tema delle relazioni con la Serbia. Dopo un breve incontro col premier Isa Mustafa e con i suoi vice Hashim Thaçi e Branimir Stojanović all'aeroporto internazionale di Pristina, Kerry ha dichiarato che “gli Stati Uniti hanno investito molto sul Kosovo, e non sosterrebbero mai un accordo che metta a rischio la sovranità, l'indipendenza e la stabilità del paese”.

Kerry ha invitato i partiti di opposizione a evitare proteste violente e a rendere possibile il dibattito nell'aula del parlamento. “L'assemblea nazionale è il tempio della democrazia, non il luogo dove usare lacrimogeni. C'è bisogno di un impegno pacifico per risolvere i problemi”, ha poi aggiunto il segretario di Stato. Kerry ha espresso il sostegno del presidente USA Barack Obama alla leadership kosovara nel dialogo con la Serbia, processo che richiede decisioni politicamente difficili.

Il segretario di Stato ha poi lodato gli sforzi di Pristina nella lotta contro l'estremismo radicale e la corruzione, e l'impegno nel rafforzare lo stato di diritto, anche con la creazione della corte speciale sui presunti crimini commessi da combattenti dell'UÇK durante la guerra in Kosovo.

Dopo l'incontro con Kerry, Isa Mustafa a ribadito che il governo kosovaro è determinato a continuare il negoziato con la Serbia, fino a portarlo a termine.

Muro contro muro

L'attuale vicolo cieco politico in Kosovo è legato a due accordi internazionali firmati dal governo lo scorso agosto. Il primo rappresenta un'intesa centrale nel dialogo tra Kosovo e Serbia, che tra gli altri punti pone le basi per la creazione dell'Associazione delle municipalità serbe in Kosovo, istituzione che garantisce ai serbi kosovari ampi spazi di autonomia nella gestione di economia locale, sanità, istruzione e pianificazione rurale ed urbana. L'altro è invece legato alla demarcazione del confine tra Kosovo e Montenegro, criticato pesantemente dall'opposizione, che sostiene che il Kosovo abbia perduto una parte del proprio territorio in seguito alla firma.

Visto che l'attuale maggioranza gode dei due terzi dei 120 deputati presenti in parlamento, l'opposizione (formata dall'Alleanza per il futuro del Kosovo (AAK) e dall'Iniziativa per il Kosovo (NISMA) e dal movimento Vetëvendosje-Autoderminazione), consapevole di non avere i numeri per opporsi alla ratificazione, ha deciso di bloccare in modo violento i lavori del parlamento.

Il premier Mustafa nega che gli accordi presi siano dannosi per il Kosovo, sostenendo che l'intesa con la Serbia è sostenuta dalla comunità internazionale ed aiuterà il Kosovo a normalizzare le proprie relazioni con la Serbia e ad avanzare lungo il percorso di integrazione europea, mentre l'accordo col Montenegro è in linea con la costituzione jugoslava del 1974, e il Kosovo non perderà un solo metro quadro del proprio territorio.

Alcune settimane fa la presidente kosovara Atifete Jahjaga ha chiamato in causa la Corte costituzionale, chiedendo se gli accordi sull'Associazione delle municipalità serbe sia compatibile con la costituzione del Kosovo. La Corte ha sospeso l'intesa con una decisione d'urgenza, annunciando un pronunciamento definitivo per il prossimo 12 gennaio.

I partiti d'opposizione rimangono fermi nella loro protesta e chiedono al governo di ritirare la firma da entrambi gli accordi. Come alternativa l'opposizione ha proposto di tenere un referendum o di indire elezioni anticipate, richieste però ignorate dalla maggioranza di governo. La situazione è degenerata quando i deputati dell'opposizione hanno utilizzato – per ben cinque volte – gas lacrimogeno in parlamento, con l'obiettivo di bloccare i lavori dell'aula. Cinque deputati, tra cui il leader di Vetëvendosje Albin Kurti, sono stati arrestati all'interno dell'inchiesta partita sull'uso dei lacrimogeni.

Tra gli arrestati c'è anche la deputata Donika Kadaj Bujupi: dopo il suo fermo, un gruppo di manifestanti ha distrutto le finestre di una stazione di polizia di Pristina e vari veicoli pubblici sono stati bruciati o seriamente danneggiati. Kurti è stato invece arrestato insieme ad una novantina di membri di Vetëvendosje durante una manifestazione per il 28 novembre (festa dell'indipendenza in Albania). Sia Kadaj Bujupi che Kurti sono al momento agli arresti.

Situazione ancora più complicata

Secondo Dren Doli, del “Group for Legal and Political Studies”, il rifiuto ostinato del governo di discutere con l'opposizione la questione dell'Associazione delle municipalità serbe è legato alla prossima decisione della Corte costituzionale. “Nel frattempo, però, la situazione è stata complicata dalla reazione violenta della polizia contro il blocco dell'opposizione, dall'arresto dei suoi leader così come dall'azione delle forze speciali all'interno delle sedi di Vetëvendosje”, ha dichiarato Doli ad Osservatorio Balcani Caucaso. “Naturalmente l'ultima decisione della presidenza del parlamento di escludere i deputati dell'opposizione dalle sedute dell'Assemblea nazionale, impedendo fisicamente la loro presenza in aula con l'aiuto delle forze dell'ordine ha approfondito la crisi politica. Un'azione così estrema rischia di trasformare la crisi politica in una sospensione della democrazia parlamentare”, ha aggiunto Doli.

Istituzioni ferite

Amnesty International ha chiesto un'indagine urgente sull'azione della polizia, dopo l'arresto e le denunce di maltrattamento di decine di attivisti di Vetëvendosje durante la manifestazione della scorsa domenica. Secondo Doli, l'arresto dei deputati riflette sia una errata interpretazione della democrazia che un abuso delle istituzioni. “Arrestare i leader e i deputati dell'opposizione non è democrazia. L'uso di fumogeni da parte degli arrestati è sicuramente un reato. D'altra parte, però, il margine fino a cui l'uso di tali strumenti può essere utilizzato come espediente politico è soggetto a dibattito”.

“L'abuso delle istituzioni democratiche può essere visto su due piani diversi. Il primo riguarda appunto l'uso di fumogeni da parte dell'opposizione, nonostante la consapevolezza che si tratti di un'azione che va oltre il proprio mandato costituzionale in quanto deputati. Il secondo, invece, concerne l'interpretazione della coalizione di governo dell'azione di disturbo come violazione del codice penale, senza tenere in debito conto la libertà di mandato di ogni deputato di agire in senso politico all'interno del parlamento”. Secondo Doli, “la decisione di rispondere alla provocazione dei fumogeni attraverso l'arresto non limiterà gli effetti della crisi politica, ma contribuirà invece a renderla più grave”.

In un comunicato congiunto emesso recentemente, l'ufficio dell'UE in Kosovo e le ambasciate dei paesi membri dell'Unione hanno invitato al ritorno del dialogo nella sfera politica, ed in particolare all'interno del parlamento “per prevenire ogni ulteriore escalation di violenza che può portare al danneggiamento di cose e al ferimento di persone”.

Secondo l'UE “i cittadini hanno bisogno di un parlamento e di istituzioni funzionanti per affrontare le sfide economiche, sociali e quotidiane [del Kosovo]”