Un vertice intergovernativo tenuto a Peja lo scorso novembre ha reso più fluido il passaggio tra Kosovo e Albania. Un processo favorito dall’UE ma che, anche a causa delle dichiarazioni del premier albanese Edi Rama, è stato fortemente criticato dalla Serbia
Lo scorso 26 novembre i governi di Albania e Kosovo si sono riuniti a Peja per il quinto di una serie di vertici intergovernativi, tenutisi sotto lo slogan di “insieme per lo sviluppo”. In questa occasione si è arrivati alla stipula di nove tra accordi, protocolli e memorandum, soprattutto in materia economica e di armonizzazione amministrativa.
Più nel dettaglio, Albania e Kosovo si sono accordate su questioni come: gestione del debito pubblico e approccio nei confronti delle istituzioni finanziarie internazionali; creazione di un ufficio doganale kosovaro nel porto di Durazzo; creazione di un unico modello di documentazione relativo alle produzioni di agricoltura ed allevamento; cooperazione nel settore della sanità; rimozione del roaming telefonico; riconoscimento delle reciproche patenti di guida; convergenza sulle politiche giovanili.
Il punto cardine dell’incontro, però, è stato l’accordo sulla rimozione di tutte le barriere, tariffarie e non tariffarie, tra Albania e Kosovo. E proprio su questo tema si sono spese le parole più forti e cariche di simbologia da parte dei leader albanesi. Di fatto, da giugno, quando gli accordi entreranno in vigore, il confine tra i due paesi diverrà fluido e verrà istituita un’area di libera circolazione di beni ed individui, su modello Schengen.
Dichiarazioni controverse
Durante i lavori, il premier albanese Edi Rama ha rilasciato dichiarazioni con forti connotazioni identitarie, sottolineando l’importanza che l’accordo avrà per la politica della regione. Affermando ad esempio che Albania e Kosovo sono pronte ad affrontare le “sfide comuni per la crescita economica, la prosperità, e per garantire il futuro della nostra nazione, la nostra nazione albanese, costituita da due stati”.
Nella conferenza stampa a chiusura dei lavori, Rama ha utilizzato la bandiera albanese come metafora per i popoli di Albania e Kosovo. Rispondendo alle domande dei giornalisti, ha infatti auspicato di trovare la strada per fare sì “che gli albanesi stiano insieme. Non insieme a parole, ma nella realtà. Che gli albanesi si uniscano, che quell’aquila bicipite sia una, e che l’Albania ed il Kosovo siano una cosa sola, in ogni direzione ed in ogni aspetto”. Successivamente, durante le foto di rito, Rama ed il premier kosovaro Ramush Haradinaj si sono fatti riprendere mentre ponevano congiuntamente le mani sulla bandiera albanese, sulle cui teste dell’aquila era stata apposta la rispettiva firma.
Al di là delle dichiarazioni puramente simboliche, Rama ha anche lanciato delle proposte per dare sostanza a quanto proclamato. Ha infatti espresso il desiderio di trovare una strada comune per gli albanesi nel mondo, con la redazione di un documento analitico ad opera dei ministeri degli Esteri di Kosovo e Albania, in grado di far convergere la politica estera dei due paesi in una sola nel 2025, “creando una visione strategica unica per l’Albania, il Kosovo e per gli albanesi” su temi come “demografia, potenziale di sviluppo economico, sistema politico e così via”.
Questa sorta di pianificazione congiunta su tematiche estere richiama il discorso fatto dallo stesso Rama nel parlamento di Pristina il 17 febbraio dello scorso anno, in occasione del decimo anniversario della dichiarazione di indipendenza del Kosovo. Allora, in un breve intervento, sostenne come i due paesi avrebbero potuto avere un’unica politica estera e rappresentanza diplomatica, oltre che “un unico presidente, simbolo dell’unità nazionale”.
Reazioni dalla Serbia
Le reazioni di parlamentari e membri del governo della Serbia non sono tardate ad arrivare. La Serbia del resto non ha mai riconosciuto l’indipendenza del Kosovo. La premier serba Ana Brnabić ha sostenuto che la fluidità del confine kosovaro-albanese, insieme alla creazione dell’esercito del Kosovo e i dazi al 100% sui beni serbi, abbiano portato il dialogo tra Belgrado e Pristina indietro non di uno, ma di cinquanta passi.
Il presidente del Comitato parlamentare serbo sul Kosovo e Metohija, Milovan Drecun, ha invece affermato come questa manovra politica sia un tentativo da parte dell’Albania di annettere a sé una porzione di territorio serbo, andando contro la Risoluzione ONU 1244 che regola la cornice giuridica internazionale del Kosovo. Sempre Drecun ha sostenuto che la creazione della Grande Albania sembra ora inevitabile e, soprattutto, viene avallata dalle potenze occidentali.
Il contesto europeo ed il chiarimento di Rama
Nel rispondere alle accuse di irredentismo, Rama ha sottolineato come la convergenza tra Kosovo ed Albania sia da contestualizzare all’interno del cammino di integrazione europea degli stati balcanici, e la conseguente perdita di rilevanza sostanziale dei confini nazionali.
La caduta delle barriere tra Albania e Kosovo, ha dichiarato il premier albanese, avviene infatti sul modello della Convenzione di Schengen. Tra l’altro la creazione del moderno valico di frontiera di Morina, ultimato nell’estate 2018, è stata finanziata per un milione di euro da parte della delegazione UE in Albania, al fine di dotare il valico di infrastrutture per controlli efficienti, in linea con i requisiti UE e con specifico riguardo agli standard Schengen. Come dichiarato durante l’inaugurazione dall’allora ambasciatrice UE in Albania Romana Vlahutin, si stanno “rafforzando i collegamenti tra le persone e portando sia l’Albania che il Kosovo un passo avanti verso gli standard dell’Unione europea”.
Lo scorso 15 gennaio, durante la conferenza stampa in occasione dell’inaugurazione ufficiale dell'ufficio doganale del Kosovo presso il porto di Durazzo, Rama ha chiarito che la creazione di un’area di libera circolazione non vuole essere un’esclusiva di Albania e Kosovo, ma che è un suo obiettivo estendere il progetto anche verso Montenegro e Macedonia del Nord, con cui già sono stati presi contatti.
Durante la stessa conferenza stampa, Rama ha poi risposto in maniera secca alle critiche sul presunto progetto pan-albanese che secondo alcuni si celerebbe dietro agli accordi di Peja, dichiarando a chiunque muova o muoverà accuse in tal senso che “non esiste la Grande Albania, ma esiste una nazione albanese, che ha tutto il diritto di vedere il proprio futuro come parte di uno stesso sistema ed organizzazione. Perciò, se vogliono continuare con questa discussione, siamo pronti a parteciparvi. Non abbiamo nulla da nascondere”.