Mentre a Vienna si discute del futuro del Kosovo, la diversità culturale della regione non è più ormai che un ricordo. Gli ultimi croati stanno sparendo sotto gli occhi della comunità internazionale. Inchiesta nel comune di Vititna, dove non restano che alcuni vecchi isolati, sulla montagna
Di Laurent Geslin, Le Courrier des Balkans, 19 febbraio 2006 (titolo originale: «Kosovo : l'agonie des Croates de Letnica»)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Foto: Francesco Martino
«Siamo qui da 800 anni, e non abbiamo nessun altro posto dove andare». Mato Matic, davanti al suo caffè freddo, si lascia andare a qualche lacrima. Robusto vegliardo dallo sguardo penetrante, il portavoce della comunità è uno degli ultimi croati di Letnica.
Prima del 1990, quattro villaggi croati si estendevano sui contrafforti della Skopska Crna Gora, massiccio montuoso tra il Kosovo e la Macedonia. 350 case solo a Sasare, frazione sovrastante Letnica, più di 3.700 abitanti in totale. «La vita era dura, ma sotto Tito si poteva andare con le proprie mucche fino a Zagabria. Oggi mia moglie viene aggredita non appena scende nei campi».
Il lungo calvario dei croati del Kosovo è cominciato nel 1991. Vojislav Seselj, alla testa delle sue milizie nazionaliste serbe, allora spadroneggiava nella regione. «I croati non vanno sgozzati con un coltello, bensì con un cucchiaino arrugginito», assicurava all'epoca.
Poi vennero i tempi dei bombardamenti della NATO e del protettorato internazionale. Sfortunatamente gli occidentali si dimostrarono presto del tutto incapaci di proteggere le minoranze del Kosovo. Intimidazioni, minacce, aggressioni e continui furti: i croati se ne sono andati, talvolta anche con la complicità dei soldati della KFOR. Il 31 ottobre 1999, 293 abitanti di Letnica sono stati evacuati su dei camion dai soldati della NATO verso la vicina Macedonia, e in seguito trasferiti in aeroplano in Krajina dal governo di Zagabria per ripopolare un villaggio della Lika, abbandonato dai suoi abitanti serbi. «Protezione» di un Kosovo pluriculturale in rovina e epurazioni etniche incrociate...
Oggi a Letnica non restano che 55 croati, in maggioranza anziani. Incapaci di proteggere il loro villaggio, hanno visto insediarvisi numerosi albanesi, originari di Brest in Macedonia. Mato racconta ancora: «Ho visto dei banditi fare a pezzi a colpi di piccone una casa dove un vecchio malato era incapace di alzarsi dal letto per proteggere i suoi muri». La polizia sembra chiudere un occhio e le pattuglie americane che girano nella valle sono incapaci di assicurare una qualsiasi protezione. «Sarebbe stato sufficiente per fare restare quelle persone che gli americani stanziassero quattro o cinque soldati nel villaggio», assicura Mato.
Di qui a dieci anni i croati di Letnica, eredi di una storia plurisecolare, saranno scomparsi. Questo villaggio isolato non rappresentava alcun pericolo per i nazionalisti albanesi, perché allora un tale accanimento nello svuotarlo dei suoi abitanti? Senza dubbio perché a qualche ora di cammino, lungo sentieri tortuosi, si arriva a Brest, villaggio isolato sulla montagna macedone, zona extralegale dato che la frontiera è controllata in modo molto blando dall'esercito americano.
Isolati sulla Skopska Crna Gora molti villaggi macedoni, non raggiungibili d'inverno, sono divenuti in questi ultimi anni delle zone dove è attivo il narcotraffico. Senza documenti di identità i trafficanti si stabiliscono indifferentemente sul versante kosovaro o su quello macedone e transitano regolarmente in mezzo alle zone minate, nel cuore di una regione in cui la frontiera non è più controllata da nessuna autorità.
I croati di Letnica sono tra le vittime di una politica internazionale inefficace e dello sviluppo delle organizzazioni mafiose del Kosovo.