Il colossale impianto minerario di Mitrovica, diviso tra area serba e albanese, è in vendita, ma non è chiaro di chi ne sia la proprietà. La questione dello status e le privatizzazioni
Di Igor Milic*, Mitrovica, 6 luglio 2006, per BIRN (titolo originale: "Serbs and Albanians battle for Trepca Assets")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
L'idea di inviare un curatore internazionale perché riordini l'assetto patrimoniale e avvii la vendita del vasto complesso minerario del Kosovo settentrionale noto come Trepca ha provocato una bufera in Kosovo.
La Trepca, una delle più importanti imprese di questa parte dell'ex Jugoslavia, che impiega decine di migliaia di persone, è arrivata ad una situazione di stallo dopo i bombardamenti Nato del 1999 che hanno portato al ritiro dell'esercito e del governo serbi dal Kosovo.
Incuneata tra le periferie di Mitrovica, dove il Kosovo a governo albanese lambisce le enclave serbe del nord, politicamente la Trepca resta un territorio conteso, reclamato ugualmente da serbi e albanesi, con le autorità internazionali del Kosovo che tentano disperatamente di trovare una soluzione soddisfacente per entrambe le parti.
Ma una soluzione per la Trepca - che indichi chi ne sia il proprietario e chi dovrebbe ricavare maggiormente dalla sua possibile vendita - resta difficile da raggiungere.
Nel maggio di quest'anno il dipartimento legale della Kosovo Trust Agency, KTA, il dipartimento della missione ONU in Kosovo, Unmik, che gestisce il processo di privatizzazione del territorio in collaborazione con la stessa Unmik ed il governo kossovaro, ha disegnato una propria strategia per mettere in liquidazione e vendere la Trepca.
La strategia comprende la nomina di un curatore internazionale che gestisca il processo e indichi a quali azionisti spettino percentuali sugli introiti.
In effetti la strategia prevede che venga costituita una nuova società che prepari il terreno per la privatizzazione e stili un elenco dei debiti.
Kirk Adams, direttore del dipartimento per le privatizzazioni della KTA, ha un chiaro scenario in mente.
"Le installazioni minerarie saranno privatizzate in un'unica soluzione, in quanto complesso funzionalmente unitario, mentre le proprietà che non attengono al filone principale di attività, come alberghi, impianti turistici ed altri edifici che la compagnia possedeva ai tempi della Jugoslavia, saranno divise e diverranno oggetto di privatizzazioni individuali", ha detto.
Il piano ha suscitato particolare contrarietà a Belgrado, che continua a sostenere inflessibilmente che l'intero complesso è di proprietà serba, non da ultimo perché la Serbia vi ha investito milioni di euro nel corso degli anni '90. Perciò nessuna decisione andrebbe presa senza l'approvazione della Serbia.
Nenad Popovic, presidente del team economico serbo per il Kosovo, ha espresso questa posizione il 27 giugno nel corso di un incontro con il presidente della KTA, Jasper Dick, e i suoi due vice, Ahmet Shala e Ilir Salihu.
Popovic ha criticato l'intenzione della KTA di procedere verso la privatizzazione del complesso, ed ha espresso particolare preoccupazione per la nomina di un curatore internazionale.
"In tutti i documenti dell'Unmik sulla Trepca è chiaramente detto che nessuna decisione verrà presa in merito senza la partecipazione di rappresentanti del governo serbo" ha detto.
Da parte sua Pristina è inflessibile sul fatto che la Serbia non ha diritti su Trepca e che il denaro che essa sostiene di aver investito nella miniera nel corso degli anni è stato stornato in altre direzioni, molto probabilmente per scopi militari.
La maggior parte dei politici kossovari è a favore di un curatore straniero, sostenendo che una mediazione esterna potrebbe aiutare le parti a trovare una soluzione, mentre alcuni albanesi sono contrari, sostenendo che da ciò deriveranno troppe concessioni alla Serbia .
Il complesso minerario di Trepca era un elemento cruciale nell'economia del Kosovo, prima che il paese perdesse la sua autonomia negli anni '90, divenendo parte della Serbia di Slobodan Milosevic.
Di gran lunga il maggiore datore di lavoro, la Trepca è sempre stata, fin da allora, motivo di orgoglio per i locali, sia serbi che albanesi.
La sua crescita nell'era postbellica è stata impressionante. Nel 1960 impiegava 8.000 lavoratori, e verso il 1989 la cifra era salita a 23.000, due terzi dei quali erano albanesi.
Il periodo positivo è poi declinato velocemente, mentre le relazioni etniche in Kosovo diventavano conflittuali e mentre le avventurose imprese militari della Serbia avvicinavano la Trepca sempre più alla bancarotta.
L'ultima goccia arrivò nel 1999, dopo che la campagna di bombardamenti NATO lasciò Mitrovica etnicamente divisa e l'ONU assunse l'amministrazione del Kosovo.
Da quel momento la liquidazione e la vendita della compagnia si è imposta come l'unica soluzione economicamente percorribile.
Ma ciò ha generato una ridda di nuovi conflitti sull'attribuzione dei debiti e delle proprietà.
Interessi serbi, albanesi ed internazionali sostengono tutti di avere negli anni investito sulla Trepca e di avere il diritto di vedersi restituire il proprio denaro.
Come dice Nenad Popovic, "Dobbiamo individuare chi siano i reali proprietari della Trepca e chi abbia investito su di essa negli ultimi 40 anni".
Il responsabile della KTA per le privatizzazioni, Kirk Adams, sostiene che una speciale corte risolverà il contenzioso sulla proprietà, in accordo con la delibera 13/2002 dell'Unmik.
"I fatti saranno stabiliti e le decisioni verranno prese dalla Camera speciale della Suprema corte del Kosovo, che è specificamente competente per le questioni di attribuzione di proprietà che riguardano la KTA", ha detto.
Secondo la KTA sono 49 le compagnie che sostengono di avere investito sulla Trepca, per un totale di 75 milioni di euro.
Ma Bajrush Xhemajli, del principale partito d'opposizione del Kosovo, il Partito democratico del Kosovo, PDK, nega che una tale somma sia mai stata investita nella Trepca.
Egli ritiene che i soldi possano anche essere stati registrati come investimenti per la Trepca, ma siano stati in realtà spesi per altri scopi dal regime di Milosevic negli anni '90.
"Questi investimenti sono stati probabilmente utilizzati per sostenere le molte guerre che il regime serbo ha intrapreso sul territorio dell'ex Jugoslavia", ha detto.
Xhemajli sostiene che la KTA ha già fatto troppe concessioni alla Serbia riguardo alle decisioni da prendere sulla Trepca.
La strategia della KTA sulla Trepca è stata "decisa sotto influenza serba ed ha spianato la strada alle pretese serbe riguardanti la Trepca", ha detto.
Egli ha aggiunto che la strategia era troppo favorevole verso i passati creditori della Trepca e che in generale "non favoriva il Kosovo".
Xhemajli si è detto in disaccordo con l'idea stessa di privatizzare la Trepca prima che sia stato definito lo status finale del Kosovo, sostenendo che i colloqui potrebbero essere usati come uno strumento per risolvere molte questioni di proprietà che meriterebbero di essere trattate in separata sede.
Bahri Sabani, membro del consiglio della KTA e presidente del Sindacato lavoratori del Kosovo, si oppone anch'egli al piano di nominare un curatore internazionale.
"Le priorità di un curatore internazionale sarebbero quelle di privatizzare la Trepca per pagare i debiti", e non quella di garantire la riassunzione alla gente del posto, ha detto.
Ma la maggior parte dei membri del governo kossovaro, come il ministro dell'Economia, Haki Shatri, supportano l'idea dell'arrivo di un curatore internazionale alla Trepca.
Il complesso ha bisogno di "un punto di vista esterno, separato dai fronti albanese e serbo, che possa stabilire se le pretese in termini di debiti e proprietà siano fondate", ha detto Shatri.
*Igor Milic è un collaboratore di Balkan Insight. Balkan Insight è la pubblicazione online di BIRN