Miniere di Trepça, foto di Andrea Pandini

Nel 1989 uno sciopero dei minatori di Trepça fece tremare l'intera Jugoslavia. Nel gennaio 2015 i minatori sono tornati ad incrociare le braccia, stavolta per spingere il parlamento di Pristina a trasferire ufficialmente la proprietà del complesso nelle mani del governo del Kosovo

28/01/2015 -  Nerimane Kamberi

(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 27 gennaio 2015)

Agim Ferizi, 58 anni, esce dalla miniera senza degnare uno sguardo al pannello che sovrasta l'entrata e che ogni minatore, prima di sprofondare nei meandri della terra, guarda. Vi è scritto “Me fat”, “Buona fortuna”. “La fortuna di cui si ha sempre bisogno in miniera, il pericolo è ovunque”.

Agim ha cominciato a lavorare qui nel 1981. Nel 2007 ha ricevuto la medaglia di “Migliore minatore di Trepça”. Dopo aver caricato cinque vagoncini di minerale rientra a casa sua, in città, a Mitrovica. “Ieri sera dopo lo sciopero ero molto stanco. Avevo mal di testa e quasi non riuscivo a parlare ma oggi ho ripreso il lavoro, come sempre”. Venerdì tutto è ritornato alla normalità nella miniera di Stan Tërg/ Stari Trg, nord di Mitrovica, il principale pozzo del complesso minerario di Trepça. Dopo tre giorni di sciopero i minatori hanno ripreso la via delle gallerie sotterranee. La miniera - che ha occupato le prime pagine dei giornali da lunedì scorso, giorno di inizio dello sciopero – ha ritrovato solo ora la calma da angolo sperduto, dimenticato nel nord del Kosovo. Anche se sicuramente si tratta solo di una calma provvisoria.

“Lo sciopero non è terminato, è solamente sospeso per un mese”, spiega Musa Mustafa, portavoce del sindacato delle miniere di Trepça. “I miniatori hanno inviato al primo ministro Isa Mustafa una richiesta, semplice e chiara: Trepça deve appartenere al Kosovo, al popolo del Kosovo e il suo azionario di maggioranza deve essere il governo del Kosovo”. Il governo, continua il sindacalista, dovrà rendere conto ogni mese su come sta evolvendo la questione “ma non devono trascorrere più di cinque mesi, altrimenti la situazione potrebbe degenerare”.

Trepça è la storia

“Trepça, è la storia, è un sinonimo di sopravvivenza per gli albanesi, è tutto per noi”, sottolinea Agim Ferizi, con il suo accento particolare da minatore. Abita in un bell'appartamento a qualche centinaio di metri dal ponte che separa la città tra il nord – abitato prevalentemente da serbi – ed il sud, a maggioranza albanese. “Attualmente i minatori non vivono più in condizioni miserabili. Ricevono un salario nella media che permette loro di rispondere ai loro bisogni e a quelli della loro famiglia”, spiega. Agim Ferizi vive con la moglie in questo tre-stanze acquistato per loro dai figli, emigrati in Germania e Belgio. “Nessuno ha voluto lavorare in miniera. Io ci sono ritornato nel 2004, dopo aver trascorso qualche anno in Germania, quando i serbi ci hanno espulsi”.

“In altre occasioni noi scioperavamo contro il nemico, oggi invece scioperiamo per aprire gli occhi ai nostri fratelli che non vedono e non capiscono cosa sta accadendo”, dichiara ad una televisione locale un ex minatore. Con “In altre occasioni” si riferisce al 1989 quando i minatori rimasero rinchiusi per otto giorni nelle gallerie della miniera, senza ritornare in superficie.

“Vi è una differenza tra lo sciopero del 1989 e quello attuale. Nel 1989 si trattava di uno sciopero politico - spiega Agim Ferizi - non invece quello del gennaio 2015. Siamo in sciopero per difendere la proprietà del nostro stato, i beni del Kosovo. Trepça appartiene agli abitanti del Kosovo”.

Prima della guerra, serbi e abanesi vi lavoravano assieme, ma attualmente i serbi lavorano nella zona di Zvečan e gli albanesi nelle altre aree. “Ho firmato una dichiarazione dove ho affermato che ero pronto a lavorare di nuovo assieme ai serbi, si lavorava bene assieme... in passato”, aggiunge Agim Ferizi.

“Durante lo sciopero del 1989 continuavamo a ricevere notizie allarmanti: se non uscivamo, ci dicevano, l'esercito sarebbe intervenuto ed avrebbe invaso il Kosovo. Noi ci battevamo contro la soppressione dell'autonomia del Kosovo. Eravamo contro tre persone, di cui chiedevamo le dimissioni, Rrahman Morina, Ali Shukriu e Husamedin Azemi, dirigenti della provincia al soldo di Milošević. Oggi non abbiamo più paura. Non siamo contro nessuno. Siamo solo a favore del nostro bene, vogliamo salvare Trepça dalla bancarotta”.

“Tutto il Kosovo è solidale”

Alcuni colleghi di Agim Ferizi, con il loro casco da minatori in testa, hanno partecipato alla grande manifestazione tenutasi sabato scorso a Pristina. “Se vi è uno sciopero di minatori si riscontra subito solidarietà in tutto il Kosovo, perché il nostro lavoro è molto duro. I minatori, sono il popolo”, sottolinea con fierezza Agim.

Ciononostante, uno degli ex dirigenti della belle epoque del complesso di Trepca, Burhan Kavaja, ha dichiarato in un'intervista per Koha Ditore: “Questo sciopero non mi piace perché le richieste dei minatori non sono chiare e non si capisce nemmeno se lo sciopero sia o meno nel loro interesse”.

Frasi che hanno fatto reagire Nezir Behrami, presidente del sindacato dei minatori. “Se non fossimo convinti che è nel nostro interesse non avremmo mai dichiarato sciopero. Ciononostante non vogliamo che questo sciopero sia utilizzato da nessuno per fini politici. Il nostro interesse, l'interesse di Trepça, è l'interesse dello stato del Kosovo, è l'interesse nazionale. In questo senso non abbiamo alcuna intenzione di destabilizzare il Kosovo, sarebbe contrario alle nostre richieste, ai nostri principi ora che abbiamo le nostre istituzioni. E penso che troveremo un compromesso ed una lingua comune con il governo sulla questione di Trepça”.

In ogni caso, il minatore Agim Ferizi, se necessario, è sempre pronto a rispondere all'appello di sciopero del suo sindacato per difendere Trepça, “questo gigante così potente, così ricco”.