Livio Senigalliesi, uno dei fotografi italiani più impegnati nel raccontare conflitto e ricostruzione nell'ex Jugoslavia, torna in Kosovo. Nei suoi scatti, realtà che restano diverse e lontane. A nord di Mitrovica i serbi ancora sulle barricate contro il tentativo di Thaçi di prendere il controllo delle frontiere. A Pristina e dintorni, intanto, sorgono nuovi simboli e nuove speranze. Un fotoracconto
Estate 2011. Il Kosovo torna sotto l'attenzione dei media internazionali. Nonostante i primi significativi progressi nel processo di dialogo tra Pristina e Belgrado, nuova tensione emerge sulla questione dei timbri doganali. La Serbia non riconosce quelli kosovari, impedendo così a quella che ancora considera una sua provincia di esportare verso il proprio mercato. Il Kosovo decide di applicare “misure di reciprocità” e chiude le proprie frontiere alle merci serbe.
La tensione sale: torna in primo piano la questione irrisolta del Kosovo settentrionale, area a larga maggioranza serba che, di fatto, disconosce l'autorità di Pristina.
Per le autorità kosovare, è il momento di lanciare un messaggio forte ai serbi che vivono a nord della città divisa di Mitrovica. Anche perché portare avanti un effettivo blocco delle merci serbe è difficile se non si controllano tutti i punti di ingresso nel Paese, compresi quelli situati nel Kosovo settentrionale. Il governo di Hashim Thaçi lancia un'operazione dei reparti speciali della polizia, che però incontra resistenza armata. In uno scontro a fuoco nei pressi di Zubin Potok muore il poliziotto Enver Zymberi. La popolazione serba del Kosovo settentrionale torna sulle barricate, e il punto di frontiera di Jarinje viene dato alle fiamme. La situazione viene riportata lentamente alla calma con l'intervento e la mediazione della KFOR.
E' in quest'atmosfera tornata incandescente che il fotografo Livio Senigalliesi, veterano (e pluripremiato) rappresentante dell'informazione italiana più impegnata nel raccontare la dissoluzione della Jugoslavia e il lungo e difficile processo di ricostruzione, torna in Kosovo.
Dopo aver raccontato per immagini la guerra in Croazia e Bosnia-Erzegovina, Senigalliesi è stato uno dei primi fotoreporter internazionali a seguire con continuità l'escalation del Kosovo, prima, durante e dopo la guerra del 1999.
Oggi i suoi scatti raccontano di un Kosovo che continua ad essere diviso in realtà diverse e distanti, nonostante dal conflitto armato siano passati più di dieci anni. Le differenze più evidenti, naturalmente, si colgono confrontando il Kosovo settentrionale e il resto del paese. A nord di Mitrovica la comunità serba vive oggi intrappolata da una “sindrome da trincea”, pronta a riemergere con forza ad ogni nuovo episodio di tensione.
A Pristina, invece, nonostante problemi economici irrisolti, l'atmosfera è pervasa da ottimismo e voglia di guardare al futuro. Una voglia che si traduce soprattutto in una “febbre da costruzione”, che sta cambiando in fretta il volto della città, ma anche in enormi cantieri stradali che, nelle intenzioni del premier Thaçi, dovrebbero ribaltare la posizione strategica del Kosovo nei confronti dei propri vicini. Vai al fotoracconto
Per approfondimenti sulla recente crisi in Kosovo, vai al dossier OBC "La crisi nel nord del Kosovo".