La tutela dell'ambiente in Kossovo è spesso stata trascurata, soffocata dalle cosiddette 'emergenze'. Ora un'associazione italiana, in collaborazione con un gruppo di volontari kossovari, propone un primo piccolo passo.
Muove i primi passi 'Fare Verde Kosova', sezione locale dell'associazione ecologista italiana Fare Verde: sono infatti volontari kosovari collegati a Fare Verde a gestire la prima esperienza di raccolta differenziata a Djakova, sud ovest del Kossovo. Un'iniziativa che coinvolge anche la base italiana 'Falco' che da l'esempio alle altre strutture militari ed alle amministrazioni locali in Kossovo, avviando la raccolta differenziata delle numerose lattine in alluminio per bevande consumate presso la mensa e i bar della caserma.
L'iniziativa, patrocinata dalla Provincia di Roma, è stata resa possibile grazie alla disponibilità dell'Azienda Municipale Ambiente di Roma che ha donato cinque contenitori - trasportati via aerea per concessione del COI Difesa - destinati al conferimento delle lattine. Queste saranno avviate
al riciclo a cura di giovani volontari di Djakova, che hanno deciso di chiamare 'Fare Verde Kosova' il proprio gruppo e di occuparsi della tutela ambientale, dopo una prolungata collaborazione con Fare Verde, da tempo impegnata in programmi di sostegno alla crescita ed alla formazione dei giovani dell'area.
Proprio la tutela ambientale è una emergenza per lungo tempo trascurata in Kosovo, dove l'impatto ambientale della obsoleta tecnologia prebellica di stampo socialista (nella produzione industriale e di energia), le conseguenze dirette del conflitto e l'accelerazione dei consumi, avvenuta dopo la guerra con l'arrivo di fondi e personale internazionale (civile e militare), creano conseguenze fortemente negative sull'ecosistema soprattutto nel campo dei rifiuti (sono numerose le discariche abusive), dei corpi idrici (non esistono depuratori) e dell'inquinamento atmosferico (la centrale
elettrica di Obilic, alimentata ad antracite, ha un impatto deleterio sull'atmosfera e sul suolo per le ceneri volanti e solide prodotte).
Oltre a ciò sono da considerarsi gli effetti devastanti sull'ambiente e sulla popolazione di impianti industriali come quello di Trepca a Mitrovica (Kosovo settentrionale), un'autentica bomba ambientale e sanitaria (ne è prova il tasso di mortalità per malattie cancerogene in quella città) che nessuno ha il coraggio politico, né i soldi, per affrontarla e proporre una bonifica dell'intera area. Rispetto a realtà di questo tipo, l'uranio impoverito, così popolare sui nostri mass media, diventa quasi un alibi per non affrontare i problemi veri di chi in queste aree vive (e troppo spesso muore) 365 giorni l'anno.