Le giornate violente di marzo hanno reso la situazione kossovara ulteriormente complessa. Quale il destino di questa area dei Balcani? Alma Lama, corrispondente dell'Osservatorio, sonda alcune ipotesi.
Le proteste violente del marzo scorso in Kossovo sembra abbiano facilitato la circolazione dell'idea di arrivare ad una divisione della Provincia tra albanesi e serbi. In Kossovo in molti hanno criticato la violenza anche perché rischiava di dare un'aurea plausibile proprio a questa soluzione per il suo status finale. Dai media internazionali quest'opzione sembra invece sia considerata come una delle soluzioni possibili all'odio etnico in questa regione dei Balcani.
Rappresenterebbe una vera soluzione ai problemi la separazione in più aree del Kossovo? Anche prima dei drammatici scontri di marzo Belgrado aveva tentato di inserire nel dibattito diplomatico quest'opzione. Alla proposta di "cantonizzare" il Kossovo si era però fermamente opposta la Comunità internazionale. Ora sembra il contesto sia mutato.
Una cosa è certa, la Serbia non accetterà di ritirarsi senza un pezzo del territorio del Kossovo. Secondo alcuni già negli accordi di Rambouillet, nel 1999, era stato preparato un piano per la divisione della Provincia. Da Mitrovica verso nord sarebbe stata Serbia, il resto sarebbe andato in mano agli albanesi del Kossovo.
Cinque anni dopo la fine della guerra serbi ed albanesi sono ancora molto lontani da una possibile convivenza. Ismail Kadaré, grande scrittore albanese molto conosciuto anche all'estero, in un proprio editoriale di questi giorni titolato "La riparazione delle male" ha ricordato come da parte albanese vi sia stato, nei giorni successivi agli scontri, un riconoscimento del male commesso. "Ma chi" si chiede Kadaré "nei Balcani ha fatto così? La Serbia in questi sei anni successivi ai crimini mostruosi commessi in Kossovo non ha mostrato alcun sentimento di colpa e di dolore per quanto successo". E Kadaré aggiunge che non si deve strumentalizzare l'accettazione dell'errore da parte degli albanesi per arrivare alla divisione del Kossovo.
Più duro nel suo giudizio Arben Xhaferri, intellettuale e politico albanese di Macedonia, secondo il quale "quelli che più hanno esultato dopo l'esplosione di violenza sono stati i serbi i quali non hanno fatto neppure un tentativo per nascondere l'entusiasmo per le case bruciate e le persone morte. Tutte le reazioni dei serbi sono state dettate da finalità politiche".
Baton Haxhiu, analista politico e giornalista kossovaro, dichiara ad Osservatorio che "tutto quanto è accaduto il 17 e 18 marzo può essere giudicato come una vera e propria sentenza: la fine dell'illusione di un Kossovo multietnico. Speranze ne sono rimaste purtroppo pochissime". Per Haxhiu il Kossovo è ora entrato in un nuovo processo politico, in un nuovo contesto geostrategico, quello che rischia di portare alla sua divisione, "lungo quel fiume dove sono morti i tre ragazzini albanesi. Quest'ultima causa scatenante dei disordini di marzo. Ma l'opzione della divisione del Kossovo è disastrosa ed impossibile".
Nel frattempo Shkelzen Maliqi, un altro analista kossovaro, ha dichiarato per il New York Times che "vi è una sola cosa certa per la soluzione del problema del Kossovo: non ritornerà sotto la Serbia e Montenegro. Tutto il resto è possibile".
Ma c'è un forte paura nella Comunità internazionale. Quella legata allo spostamento di confini nazionali nel contesto balcanico. Se il Kossovo dovesse dividersi (ma in parte, seppur attenuati, gli stessi timori vi sono in caso di indipendenza) c'è il rischio che le conseguenze si facciano sentire con violenza in molti altri Paesi dei Balcani: il frazionamento del Kossovo come quello fatto dell'Albania in seguito al Congresso di Londra nel 1913 rischia di andare di traverso ai responsabili della politica internazionale.
La Valle di Presevo cercherà immediatamente la separazione dalla Serbia e l'annessione al Kossovo; la Macedonia rischierebbe di essere divisa in due; il Montenegro opterebbe immediatamente per l'indipendenza; gli albanesi del Montenegro rivendicherebbero il loro 'territorio etnico'. Ma conseguenze si potrebbero far sentire anche in Paesi dove non vivono albanesi. In Bosnia Erzegovina ad esempio dove la Republika Srpska potrebbe chiedere la separazione dalla Bosnia e l'annessione alla Serbia. Il 17 ed il 18 marzo i segnali sono stati chiarissimi di come la violenza rischia di espandersi, nuovamente, a tutta la regione.
Shkelzen Maliqi si dichiara contrario ad istituzioni parallele della comunità serba. "Non possiamo tollerarle, rischiano di portare ad altra violenza ed altri attentati".
Fino ad ora la politica USA e dell'Unione europea è stata quella di creare istituzioni locali in modo da procrastinare il più possibile la soluzione dello status giuridico del Kossovo. Di qui anche la politica di decentralizzazione anche per rafforzare l'autogoverno delle enclaves serbe. Ma la stessa decentralizzazione è vista con sospetto dagli albanesi che temono possa anch'essa portare alla divisione del Paese.
Tim Judah, giornalista della BBC e autore del libro sul Kossovo, "La guerra e la vendetta", interpreta questa politica delle Nazioni Uniti come un tentativo di prendere tempo e contemporaneamente proteggere la minoranza serba. Ma è sempre più evidente che USA ed UE stanno zoppicando e non hanno alcun piano per risolvere la "questione Kossovo". Di qui anche la sempre maggiore impazienza albanese che è sfociata nella violenza etnica. Ma come trovare un compromesso che possa accontentare sia serbi che albanesi?
Alcune proposte sono arrivate dalla Germania. La Fondazione tedesca "Bertlesmann" ha proposto che il Consiglio di Sicurezza approvi una nuova risoluzione che dichiari, per un lungo periodo, il Kossovo una "regione dell'ONU". I parlamentari liberali del Bundestag hanno invece accusato l'UNMIK di fallimento ed hanno chiesto che l'Unione europea subentri al più presto per amministrare il Kossovo.
Le idee per la risoluzione del Kossovo sono molte e diverse tra loro ed intanto i cittadini temono che la politica stia creando un nodo indissolubile ... che potrà essere sciolto solo con un colpo di spada. "Un Kossovo disgregato, pieno di tasche ed enclaves, non può essere che pieno di trappole all'infinito", afferma lo scrittore Kadaré.