Arrivati in Kossovo per seguire una funzione religiosa non vogliono più rientrare in Serbia e chiedono di poter ritornare nelle proprie case. E' la storia di 27 sfollati serbi ora alloggiati a Bica, nella municipalità di Klina.
Quello di Decani è uno dei monasteri ortodossi più suggestivi del Kossovo. E' leggermente in collina, a pochi chilometri dal centro cittadino. L'entrata è protetta da un check point di militari italiani. Il 24 novembre scorso sono arrivati dalla Serbia 27 sfollati serbo-kosovari. Per poter assistere alla cerimonia liturgica dedicata a Sveti Stephan, Santo Stefano. Le luci di candela di cera d'api, i canti dei monaci. Ma a cerimonia conclusa i 27 sfollati serbi non se ne sono più voluti andare ed hanno manifestato la loro intenzione di rientrare nelle proprie case a Klina, nell'ovest della Provincia.
Le organizzazioni internazionali che si occupano di rientri di sfollati e rifugiati e la stessa amministrazione internazionale UNMIK sono rimaste spiazzate dalla richiesta. Questi rientri non erano affatto previsti. Nello stallo generale si è deciso di fare alloggiare momentaneamente queste 27 persone a Bica, paesino nella municipalità di Klina dove, già nell'estate del 2002, erano rientrate alcune famiglie serbe. A Bica la KFOR italiana ha una propria base e lì sono state alloggiate momentaneamente le famiglie di rientranti. "Non torneremo indietro - hanno affermato due loro rappresentanti - resteremo a Bica sino a quando l'UNMIK non risolverà le questioni legate al diritto di proprietà delle nostre case occupate attualmente da famiglie albanesi".
Lo scorso 10 dicembre poi 11 persone del gruppo di Bica sono uscite dall'enclave e si sono recate a Klina dove sono rientrate in una delle case dovute abbandonare nel 1999. In poche ore si è raccolta una folla di cittadini albanesi e sono partiti degli scontri con KFOR e la polizia UNMIK. "Secondo alcuni testimoni la causa degli incidenti andrebbe accreditata alla KFOR in quanto avrebbe iniziato a colpire i manifestanti con bastoni al che essi avrebbero risposto con sassaiole" riporta il quotidiano kossovaro Koha Ditore che poi si concentra sulle parole del Presidente della municipalità. "E' una provocazione" ha affermato quest'ultimo "non ci hanno ascoltato, quindi è successo quello che è successo".
A Klina il rientro spontaneo delle famiglie serbe ha creato forti malcontenti. Al Municipal Working Group - riunione settimanale durante la quale le autorità locali si confrontano con associazioni, ONG ed organizzazioni internazionali - i rappresentanti della municipalità di Klina hanno espresso la loro frustrazione in merito alla vicenda ed hanno specificato come siano del tutto contrari a ritorni spontanei. "Non accettiamo il ritorno dei serbi perché non sappiamo ancora nulla sui nostri familiari scomparsi", hanno specificato. Dura la replica dei rappresentanti dell'amministrazione internazionale. "Non è possibile sostenere solo un tipo di rientri. Ed inoltre inutile vantarsi di sostenere i rientri, seppur solo quelli organizzati, e poi non fare nulla per individuare i colpevoli di assalti a membri delle minoranze". Secondo l'UNMIK la municipalità deve piuttosto dimostrare di trattare in modo uguale tutti i suoi cittadini, indipendentemente dall'etnia di appartenenza.
Nella stessa comunità internazionale emerge comunque diffidenza rispetto a questi rientri spontanei che forzano i ritmi letargici dei rientri organizzati rischiando però di essere percepiti come una provocazione dalla comunità albanese che ancora teme un ritorno delle autorità serbe in Kossovo. Si temono incidenti e si preferisce continuare attraverso la politica dei rientri, scarsi sino ad ora, in aree attualmente abbandonate e possibilmente non troppo vicine ai grandi centri abitati. Ricostruire case distrutte è molto più facile infatti che non sfrattare da case occupate illegalmente intere famiglie albanesi. E garantire la sicurezza in paesini di campagna è più semplice che farlo in centro città. Prima nuove enclaves e poi pian piano ricostruire le basi della convivenza. Sembra questo il motto dell'amministrazione internazionale. Reso esplicito dalla KFOR per quanto riguarda la vicenda di Klina. "Non ci assumiamo alcuna responsabilità in merito alla sicurezza di eventuali rientranti in città", hanno subito specificato.
Secondo un documento dell'Alto Commissariato dei Rifugiati, il Global Appeal 2004, tra il gennaio 2004 ed il dicembre 2004 i rifugiati in Serbia e Montenegro originari della Bosnia Erzegovina diminuiranno da 89.950 a 40.000. Quelli originari della Croazia da 180.000 a 40.000. Gli sfollati interni invece, per la gran parte originari del Kossovo, passeranno da 220.000 a 200.000. Una diminuzione percentuale molto inferiore rispetto ai due dati precedenti. E purtroppo rischia di essere una previsione ottimistica. "La mancanza di chiarezza sullo status finale della provincia continuerà a rendere difficili le relazioni tra la comunità maggioritaria nella Provincia e le minoranze" affermano all'Alto Commissariato "e questo ritarderà ulteriormente i processi di rientro".