Sul Kosovo USA e Russia sono agli antipodi e l'Unione Europea rischia di temporeggiare e dividersi, perdendo così credibilità internazionale. Nonostante il futuro, sia del Kosovo che della Serbia, non possa che essere europeo. Nostra traduzione
Di Branka Trivic*, Belgrado, per BIRN, Balkan Insight, 12 settembre 2007 (titolo originale: "Strains Tell within Europe over Kosovo")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Le nette e contrapposte posizioni assunte da Stati Uniti e Russia in merito al Kosovo potrebbero portare ad una divisione politica nell'Unione Europea, con un conseguente calo della sua credibilità di attore in politica estera: questo il monito degli analisti.
In un'intervista con la AFP dell'8 settembre Kurt Volker, sottosegretario di Stato aggiunto per gli Affari europei ed euroasiatici degli Stati Uniti, ha dichiarato che il Kosovo appare determinato a dichiarare l'indipendenza, in mancanza di di una decisione sul futuro status della provincia.
"In quel caso noi riconosceremmo l'indipendenza del Kosovo, come - riteniamo - molti altri, perché questo è l'unico modo per progredire stabilmente nei Balcani", ha detto.
Il vice ministro degli Esteri russo Vladimir Titov ha subito replicato, esprimendo la viva preoccupazione che, prima della conclusione dei negoziati, qualsiasi dichiarazione che possa pregiudicare una futura soluzione non contribuirà al processo.
Intanto, il ministro degli Esteri austriaco Ursula Plassnik domenica ha indirettamente criticato le due prese di posizione, sia quella russa che quella statunitense. "Nessuno dei due né Serbia né Kosovo andrà ad unirsi agli USA né alla Russia, la direzione è quella dell'Unione Europea", ha detto la Plassnik.
Nonostante il Dipartimento di Stato abbia successivamente sottolineato che i media avevano riportato erroneamente le parole del proprio rappresentante, è rimasta la sensazione che gli americani stiano preparandosi ad una mossa unilaterale sul Kosovo.
Gli esperti sostengono che l'attuale situazione di stallo sul Kosovo e la prospettiva di un riconoscimento unilaterale hanno causato ulteriori divisioni all'interno della UE. La situazione è simile a quella dei primi anni '90, durante la disgregazione dell'ex Jugoslavia, e potrebbe lasciare la UE senza una voce unitaria in merito alla questione. Un altro ostacolo, proseguono gli esperti, è lo status della futura missione UE, dato che alcuni Paesi membri si asterrebbero dal mandare truppe o dal contribuire ad una missione civile in Kosovo senza un mandato dell'ONU.
Presi tra incudine e martello, i ministri degli Esteri dell'UE si sono sforzati in un weekend di summit in Portogallo per costruire un fronte unito. Ma i diplomatici sono stati costretti ad ammettere che sul Kosovo le differenze tra i 27 Stati sono profonde.
Mentre Gran Bretagna e Francia sembrano pronte a riconoscere l'indipendenza del Kosovo, la Spagna, l'Ungheria, la Grecia, la Slovacchia, Cipro, la Romania e la Bulgaria sono riluttanti ed altre nazioni hanno un atteggiamento ambivalente. "Lo status del Kosovo dev'essere risolto all'interno dell'ONU", sembra che abbia dichiarato il ministro spagnolo Miguel Angel Moratinos durante il summit.
Il ministro degli Esteri bulgaro Ivajlo Kalfin ha dichiarato martedì a Sofia che la comunità internazionale deve portare Belgrado e Pristina ad un "rapido accordo tramite mutue concessioni", aggiungendo che né Belgrado né Pristina dovrebbero essere costrette ad una soluzione che non sia condivisa da entrambe.
Un Paese la cui posizione sul Kosovo è percepita come ambigua è la Germania. Alcuni sono comunque convinti che la Germania sia in effetti la capofila di quelle nazioni che si oppongono a qualsiasi mossa unilaterale che porti all'indipendenza del Kosovo. La scorsa settimana Berlino ha lanciato un monito contro ogni tentativo di scavalcare l'ONU e la Russia sull'indipendenza del Kosovo, sostenendo che una tale mossa metterebbe a repentaglio le relazioni della Germania stessa con Mosca .
Altri analisti insistono nel dire che la Germania non è interessata ad intraprendere una nuova disputa con Washington. "L'ultima cosa di cui i tedeschi hanno bisogno, dopo la diatriba con gli USA sull'Iraq, è un altro diverbio sui Balcani", ha detto Jonathan Eyal del RUSI, l'Istituto reale per i servizi uniti di difesa e sicurezza.
Anche l'ex ambasciatore americano in Serbia, William Montgomery, dubita che Washington voglia un conflitto con l'Europa sul Kosovo. "Se Gran Bretagna, Francia e Germania si accordassero per un riconoscimento unilaterale del Kosovo, questo darebbe agli Stati Uniti abbastanza coraggio per supportare gli albanesi, perché vadano e lo facciano proclamino l'indipendenza, ndt", ha dichiarato in una recente intervista a Radio Free Europe.
"Ma se anche uno solo di questi tre Paesi viene persuaso da quelli dubbiosi, dagli altri dell'Unione Europea, a non fare questo passo... Io non penso che gli Stati Uniti sarebbero disposti a farlo da soli".
I diplomatici europei non nascondono la loro impressione che le possibilità di un accordo tra Belgrado e Pristina prima della conclusione dei colloqui, il 10 dicembre, siano scarse.
Luis Amado, rappresentante del Portogallo, Paese che ha la presidenza di turno dell'UE, ha ammonito che evitare una divisione europea sul Kosovo è "la chiave per la credibilità della politica estera europea". Contemporaneamente ha ammesso che non ci sono garanzie su come si comporteranno i singoli Paesi membri dell'UE di fronte a un fallimento dei colloqui.
"Questo è un déjà-vu", nota Mark Almond, storico presso l'Oriel College dell'Università di Oxford. "Siamo tornati ora nella situazione in cui eravamo nel 1991, quando alcuni Stati dell'UE volevano riconoscere la secessione di Croazia e Slovenia, mentre altri pensavano che questa fosse una cattiva idea. In qualche modo siamo tornati dov'eravamo 16 anni fa".
In conseguenza delle sue consuete divisioni interne e dei tentennamenti in merito alle guerre in Jugoslavia, l'UE perse gran parte della sua credibilità come attore internazionale negli anni '90.
Preoccupato che l'UE potesse finire col riproporre in Kosovo la stessa politica fallimentare, Richard Holbrooke, inviato speciale dell'amministrazione Clinton, concluse dopo le rivolte in Kosovo del marzo 2004 che solo Washington possedeva la chiave: servivano le pressioni degli USA - un ingrediente sempre necessario quando si ha a che fare con l'Unione Europea, lenta e impacciata dalle procedure - per risolvere una volta per tutte lo status del Kosovo.
Anche David Chandler, professore di Relazioni internazionali presso l'Univerità di Westminster, riconosce che vi sono delle divisioni all'interno dell'UE sul tema del riconoscimento unilaterale del Kosovo.
"Noi tutti ricordiamo la frammentazione della Jugoslavia, che in molti casi si basava su riconoscimenti unilaterali, talvolta da parte di Stati della UE come la Germania, altre volte - come nel caso della Bosnia - dall'America", ha detto.
Chandler sottolinea un altro importante punto: "Se l'indipendenza del Kosovo venisse riconosciuta unilateralmente ciò sarebbe problematico, in termini di mancanza di chiarezza su dove stanno le responsbilità", ha detto.
Eyal concorda, evidenziando un'altro timore per gli europei, nel caso che l'indipendenza del Kosovo fosse riconosciuta unilateralmente - lo status dell'attuale missione di pace.
"Quale sarebbe lo status della forza internazionale che continuerebbe ad essere presente in Kosovo se risultasse che gli Stati Uniti stanno violando la risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha messo in campo questo contingente?" si è domandato.
Alcuni Paesi dell'UE costituzionalmente vietano l'invio di truppe per prender parte a missioni internazionali, in assenza di un mandato ONU. "È molto chiaro che il parlamento della Germania... non darà l'autorizzazione a mantenere le truppe tedesche stanziate in Kosovo se non sarà assolutamente chiaro quale sia il mandato legale internazionale di questa forza", ha proseguito Eyal.
Di fronte alla minaccia americana di unilateralismo sul Kosovo, i responsabile dell'UE sono nel panico, come è risultato evidenzte dalle molte recenti esternazioni confuse e contraddittorie, alcune delle quali toccavano il tema della possibile suddivisione del Kosovo. Combattuta tra la necessità di mantenere la stabilità nei mutevoli Balcani e quella di salvaguardare l'unità all'interno della UE, Bruxelles non sembra sapere quale carta giocare al fine di dimostrare che essa ha ancora una qualche credibilità risolvendo il finale di partita in Kosovo.
* Branka Trivic è corrispondente di RFE/RL da Belgrado. Balkan Insight è la pubblicazione online di BIRN