Due villaggi nei pressi di Peje/Pec, Kosovo occidentale. Ed un rientro della comunità serba che procede, seppur lentamente, senza incidenti. Un racconto dal campo che volentieri pubblichiamo
Di Sergio "Piero" Capitanio*
Negli ultimi giorni a Brestovik e Siga si inizia finalmente ad assaporare il primo tepore primaverile. Gli abitanti serbi, da pochi mesi rientrati nelle loro case ricostruite, cominciano ad attivarsi e nell'aria si ravvisa un certo fermento. Nonostante l'inverno sia stato vivacizzato dalla presenza di Branko e Marta, i primi due bambini rientrati, la primavera è stata attesa come mai prima dagli ardimentosi che hanno mantenuto una presenza costante anche sotto la spessa coltre di neve, che ancora copre parzialmente i campi dell'area. Dopo una lunga sessione preparatoria, il processo di rientro è entrato nella sua fase operativa nella stagione meno favorevole, dato che i primi arrivi risalgono alla seconda metà di settembre dell'anno scorso. Durante l'inverno è stata garantita alle famiglie rientrate l'assistenza fondamentale nell'attesa della bella stagione; grande attenzione è stata comunque posta nel tentativo di evitare qualsiasi deriva assistenzialistica, rischio frequente in contesti simili, che rischiano di concentrare le attenzioni delle diverse agenzie che distribuiscono aiuti umanitari.
Nel frattempo sono stati fatti significativi passi nel complesso percorso di reintegrazione dei rientranti nell'inedita realtà kosovara post-bellica: gli abitanti di Siga e Brestovik usufruiscono regolarmente dei servizi pubblici e non mostrano alcuna preoccupazione nel recarsi al mercato di Pejë/Peć per fare qualche acquisto. L'ufficio predisposto alla registrazione anagrafica della popolazione, così come quello che gestisce le iscrizioni al magro fondo pensionistico o il sistema sanitario non hanno avuto alcun problema nel garantire l'accesso alle persone rientrate. La comunità ricevente ha dimostrato di poter accettare il ritorno dei vecchi nemici, facendo intravedere talvolta pure la solidità delle ancor più vecchie relazioni di buon vicinato. La responsabilizzazione delle autorità locali e la trasparenza nei confronti della popolazione albanese, aiutata dalla presenza nell'area di numerose famiglie bosniache, sta facilitando sensibilmente la normalizzazione del processo di rientro, unica via possibile per costruirne la sostenibilità. Un ulteriore elemento rasserenante è la presenza nell'area del Tmk, nucleo di protezione civile erede della guerriglia albanese, che sta lavorando a una serie di progetti infrastrutturali a vantaggio di ambo le comunità.
Insieme alla ricostruzione delle cinquantatre case previste per il 2005 nel progetto di rientro, che interesserà anche un terzo villaggio, ovvero Ljevoša, verrà anche riedificata la scuola, che sorge esattamente a metà strada fra le case albanesi e serbi, e che dovrebbe tornare a garantire l'istruzione elementare a tutte le etnie presenti nell'area, come prima del 1989. Questa settimana hanno avuto inizio anche alcune attività rivolte alle donne di Siga e Brestovik, che prevedono, oltre a momenti creativi e di confronto e attraverso il coinvolgimento di una locale associazione multietnica di donne, anche un corso base di albanese, che permetta nella quotidianità l'uso essenziale della lingua parlata dalla maggioranza della popolazione.
Corre voce che il Presidente serbo Boris Tadić non abbia saputo mascherare un certo stupore quando una delegazione di Brestovik ha raccontato con semplicità, durante una fugace visita a Belo Polije, le numerose e tranquille sortite in città. Anche durante i giorni immediatamente successivi all'incriminazione dell'ex Primo Ministro Ramush Haradinaj, l'atmosfera di Brestovik e Siga ha mantenuto la sua consueta serenità, nonostante fossero molti, soprattutto all'interno della comunità internazionale, a legittimare la terribile profezia del caldo marzo kosovaro, profezia che fortunatamente non si sta avverando, consegnandoci oltretutto la rassicurante immagine di una popolazione kosovara che ha saputo riflettere opportunamente sugli sciagurati eventi di marzo 2004 e ha voluto far proprio l'invito alla calma e soprattutto all'impegno del dimissionario Capo del Governo. Appaiono sorprendenti le dichiarazioni di sostegno che ha ricevuto dalle più alte cariche della diplomazia internazionale presente in Kosovo, comprensibili però grazie agli attesi cambiamenti che in soli cento giorni la leadership dell'ex comandante dell'Uçk aveva saputo apportare anche rispetto al rientro della minoranza serba.
Gli abitanti serbi più anziani raccontano con fervore una serie di episodi legati al passato, che svelano interessanti casualità storiche risalenti alla seconda guerra mondiale. La presenza militare italiana nell'area, ora retoricamente osannata, non è affatto una novità, dato il precedente della malaugurata occupazione della regione e in particolare, vista la prossimità del confine con il Montenegro, proprio nei nostri villaggi. Gli anziani di oggi, che allora erano bambini, facevano da tramite per la vendita di qualche pollo ai soldati italiani e ancora ricordano qualche espressione o apprezzamento in italiano carpiti all'interno della clandestina collaborazione alimentare. Anche la città di Bergamo, ora felicemente rappresentata da Bergamo per il Kosovo, era già tristemente nota essendo stata il luogo di prigionia per diversi abitanti di Siga e Brestovik impegnati nel contenimento dell'invasione nazifascista.
Esattamente un anno fa, il 17 marzo 2004, avevano inizio i nefasti disordini, che sembravano aver proiettato il Kosovo nel passato. A parte un falso allarme bomba, la giornata è stata tranquilla a Pejë/Peć, dove si sono svolte due commemorazioni, una nel villaggio natale e una in città, per ricordare l'albanese ucciso a Belo Polije. Insomma sembrerebbe proprio che il clima in Kosovo sia decisamente migliorato, anche se sono ancora molti i passi da fare e qualsiasi giudizio appare ancora prematuro. Comunque è difficile contenere la speranza che questa primavera rappresenti l'effettiva rinascita dei due villaggi di Siga e Brestovik e porti in sè l'augurio che la convivenza etnica possa ritornare a essere elemento irrinunciabile anche in Kosovo.
* Bergamo per il Kosovo