Studenti, professori ed il Ministro dell'educazione ne hanno le scatole piene dell'amministrazione dell'Università di Pristina. Ma allora perché nulla cambia? Un reportage sullo stato della principale università del Kosovo
Di Alma Lama - articolo scritto per TOL
Traduzione a cura dell'Osservatorio sui Balcani
Petrit Hysaj è arrabbiato perché la sua ultima settimana è stata una perdita di tempo. Studente al terzo anno di scienze politiche presso l'Università di Pristina, Hysaj racconta come quattro giorni su cinque i suoi professori hanno cambiato l'orario dei propri corsi senza preavviso.
"Accade sempre" si lamenta Hysaj. Sfortunatamente non è solo la facoltà frequentata da Hysaj a dover affrontare tali problemi. Hysaj afferma che questa primavera è piena di frustrazioni per i 20.000 studenti, molti dei quali si reca a lezioni dove i professori non si fanno vedere. E questa è solo una delle innumerevoli lamentele.
Infatti, se chiedi agli studenti di descrivere la situazione attuale attraversata dall'università la parola che ritorna frequentemente è "crisi". Un anno fa un gruppo formato da più di cento studenti creò un movimento, Tjeterqysh (Diversamente), per portare del cambiamento in università. Un anno dopo lo stesso gruppo di studenti afferma che l'università è "clinicamente morta".
Non tutti sono comunque pronti a puntare il dito esclusivamente contro la facoltà. Glauk Konjufca, ex attivista di Tjeterqysh, ricorda che anche l'apatia degli studenti ha giocato la sua parte.
"Le proteste affinché cambiasse qualcosa in Università sono rimaste simboliche. Anche gli studenti sono responsabili di questa situazione" ammette Konjufca. "Molti studenti si interessano alla questione, ma sino ad ora non hanno espresso nessuna volontà di cambiarla".
Creata nel 1970 grazie allo sforzo di un'intera generazione d'intellettuali, l'Università di Pristina è l'istituzione più importante di formazione superiore dell'intero Kosovo. E' riuscita a sopravvivere ad un'autorità centrale spesso ostile, alla guerra del 1999, alla povertà. Molte sono state le crisi, quella che ha lasciato maggiormente il segno è stata la chiusura forzata, del 1990, ad opera del regime serbo. Per sopravvivere l'università è stata costretta a lezioni tenute presso case private, a 10 anni di apartheid virtuale. Ora la sopravvivenza di quel meccanismo è divenuto il maggior problema dell'Università di Pristina.
Quel sistema ha portato a segmentazione, corruzione ed un radicale peggioramento del livello dell'insegnamento. Il Ministro dell'educazione - membro del principale partito del Kosovo, l'LDK - ha accusato l'amministrazione dell'università di avere la cattiva abitudine di basare le proprie decisioni su criteri politici e non professionali. Tutti i funzionari nell'università sono membri di alto livello del principale partito all'opposizione, il PDK.
Nepotismo
Fitim Gllareva, assistente presso l'ufficio del Primo ministro, ha alle spalle un master presso un'università tedesca. Più di un anno fa ha partecipato ad un bando per un posto da assistente universitario presso il dipartimento di scienze politiche. All'inizio, racconta, non capiva come mai non avesse più avuto alcuna notizia da parte dell'università dopo aver inoltrato la propria richiesta. Si è poi informato scoprendo che la sua richiesta era sparita e che il suo nome "non esisteva" tra i concorrenti per il posto da assistente. Gllareva ritiene sia avvenuto perché a lui mancavano agganci politici.
"Se hai supporto politico, non è difficile ottenere un lavoro presso l'università, anche se non te lo meriti" afferma Gllareva.
Un altro concorrente, che ha preferito rimanere anonimo, denuncia che gli sono stati chiesti indirettamente 6000 euro per ottenere un posto di assistente presso la facoltà. Gli è inoltre stato detto che ottenere quel posto sarebbe stato impossibile senza pagare.
Anche gli studenti si lamentano delle modalità con le quali l'Università assume professori la cui qualità è molto bassa. Secondo l'ex attivista Konjufca - che è studente al quarto anno di scienze politiche - molti dei professori hanno ricevuto le proprie lauree 20 anni fa ed in seguito non hanno continuato a lavorare o fare ricerca nei rispettivi campi di studio.
Queste affermazioni vengono ripetute anche da Xhavit Rexhaj, direttore del settore università in seno al Ministero dell'educazione. L'amministrazione dell'università, afferma, ha ignorato candidature molto qualificate per garantire le cricche esistenti. "Il rettore è la chiave di tutto" afferma Rexhaj accusando l'amministrazione di avere "chiuso l'accesso di docenti a tutte le facoltà ed ai loro dipartimenti, creando una situazione molto difficile".
Il Ministero dell'educazione si è inoltre lamentato del fatto che l'università ha posto numerosi ostacoli a chi ha cercato di farsi riconoscere percorsi di studio svolti all'estero. Secondo una lista redatta dal Ministero, ed ottenuta da TOL, più di 66 persone che hanno terminato i propri studi universitari all'estero hanno dovuto attendere più di un anno e mezzo per il loro riconoscimento. Pratica che sarebbe dovuta durare circa tre mesi. I documenti emessi dall'Università di Pristina sono fondamentali per un laureato per ottenere lavoro.
Il contrasto tra il Ministero dell'educazione e l'ufficio del rettore si è trascinato fin davanti alla Corte Suprema. Il Ministero considera il rettore Arsim Bajrami e la sua amministrazione come illegalmente eletti poiché l'università, nella loro nomina, non avrebbe seguito la normativa da essa stessa definita. La corte recentemente ha affermato di non essere competente per decidere in merito. Bajrami si è dichiarato il vincitore di questa battaglia legale, ma lo scontro va avanti.
Il 25 marzo scorso Georg Woeber - un esperto internazionale sull'educazione universitaria che ha preparato alcuni statuti per l'università di Pristina nel 2004 e che ha operato da mediatore tra le due istituzioni - ha affermato in una lettera aperta che il processo elettorale è stato "non compatibile con la legislazione applicabile in Kosovo" e che di conseguenza Bajrami non poteva essere considerato legalmente il rettore dell'università.
Preoccupazioni, in Kosovo ed all'estero
Non è solo in Kosovo che ci si preoccupa dello stato della principale Università del Kosovo. Affinché quest'ultima riesca ad ottenere un riconoscimento dei principi stabiliti nell'Accordo di Bologna sull' educazione universitaria europea - accordo realizzato in modo da uniformare l'educazione universitaria in tutt'Europa - l'Università di Pristina dovrà procedere con molte riforme.
Secondo il funzionario del Ministero Rexhaj, "Questa riforma è stata ritardata ma non fermata" ma quest'affermazione sembra contraddetta da quanto afferma dopo. "Complessivamente, l'implementazione della riforma viene fatta in modo fittizio. Tutto ciò che si sta facendo all'università è solo per "far credere" qualcosa", afferma Rexhaj.
E gli studenti si ritrovano bloccati nel mezzo.
Hysaj, lo studente di scienze politiche, afferma di avere molti esempi che dimostrano come l'università non funzioni. "Vi sono stati casi di studenti che hanno dovuto sostenere due esami lo stesso giorno perché i professori non si erano coordinati tra loro", spiega.
Shkelzen Gashi, un altro studente dell'Università di Pristina, riporta che un altro problema è che "non vi è alcun meccanismo per il monitoraggio delle relazioni tra professori e studenti. Gli studenti non hanno nessun luogo dove riportare le proprie lamentele", afferma Gashi.
I quotidiani del Kosovo hanno riportato di studenti minacciati da professori. Ma non è mai partita alcuna denuncia, neppure in casi di sospetta violenza sessuale.
A causa dell'attenzione dimostrata dai media l'ufficio del rettore ha adottato alcune misure per provare a frenare l'ondata di critiche rivolte all'università. Ha sottoscritto accordi di collaborazione con molte altre università nella regione ed ha promesso di pagare i professori 1000 euro al mese, mossa criticata dal Ministero dell'educazione.
Gli scettici però temono che queste iniziative siano rivolte esclusivamente a nascondere la profonda crisi in seno all'università.
Enver Hoxhaj, professore presso l'Università di Pristina, è tra gli scettici.
"L'Università di Pristina non ha alcuna visione chiara sul futuro" afferma. "Questo rende tutto molto difficile".
Il portavoce del rettore, Zenun Halili, si rifiuta intanto di commentare in merito ai problemi dell'università.
"Le vostre domande sono provocazioni" Salili risponde al telefono "La nostra risposta è semplicemente 'No Comment'".