Il processo negoziale tra Belgrado e Pristina ha portato ai primi accordi concreti su registro dell'anagrafe civile in Kosovo, libera circolazione e il riconoscimento dei titoli di studio tra Serbia e Kosovo, in vigore da novembre. Nonostante ricadute positive sulla vita di tutti i giorni, in Kosovo molti criticano la mancanza di visione politica del governo Thaci
A inizio di luglio i diplomatici di Pristina e Belgrado hanno annunciato con orgoglio i primi risultati del processo negoziale. Con la mediazione dell’Unione Europea, entrambe le parti hanno infatti trovato a Bruxelles un accordo su tre punti che dovrebbero migliorare la qualità della vita dei cittadini di Kosovo e Serbia, il vero slogan del dialogo tra i due paesi. Tali accordi costituiscono il primo vero risultato di un processo di questo tipo tra le autorità di Pristina e di Belgrado dalla fine della guerra nel giugno 1999.
Secondo il mediatore UE Robert Cooper, le parti hanno trovato un accordo su tre questioni principali: il registro dell'anagrafe civile in Kosovo, la libera circolazione delle persone con la sola carta d’identità e il riconoscimento dei titoli di studio nei due paesi.
Il responsabile del gruppo di negoziazione kosovaro, Edita Tahiri, sostiene che questi accordi, che verranno messi in atto a partire da novembre, sono il primo passo verso il riconoscimento del Kosovo da parte della Serbia. Questa è anche la posizione del Primo Ministro Hashim Thaci, che ha abbracciato totalmente la causa del dialogo nonostante le forti critiche ricevute in casa.
Thaci sostiene che il dialogo costituisce lo standard nei rapporti tra stati in Europa e, di conseguenza, apre una prospettiva chiaramente europea per il Kosovo e la Serbia. Ma è proprio così? È vero che questo è un passo avanti per la Serbia nel rafforzamento dei suoi legami con Bruxelles, visto che il dialogo ha avuto inizio dopo una risoluzione coordinata Serbia-UE presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il “dialogo per migliorare la vita delle persone”, come è stato presto ribattezzato dai media, ha infatti seguito la sentenza della Corte di Giustizia Internazionale, che ha sancito che la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo non viola il diritto internazionale.
In seguito al collasso di uno dei pilastri sorretti dalla diplomazia serba, secondo molti in Kosovo il dialogo è ora il nuovo mantra di Belgrado verso il mantenimento dello status quo in Kosovo e l’avvicinamento della Serbia all'UE. Questo approccio costruttivo nei confronti del Kosovo, a quanto pare, frutterà alla Serbia lo status di paese candidato entro la fine dell’anno, specialmente dopo l’arresto del principale sospettato di crimini di guerra, Ratko Mladić.
Visto da Pristina
Ma qual è la posizione del Kosovo all'interno del processo di dialogo? I passi in avanti cambieranno la sua posizione rispetto al processo di integrazione europea, e riuscirà a far mutare atteggiamento ai cinque paesi dell'Unione ancora restii a riconoscere la sua indipendenza? Alla fine, come verrà misurato il grado di successo nel processo negoziale nel caso del Kosovo? Sfortunatamente nessuna di queste questioni è stata sollevata dal governo, che si sta nascondendo dietro alla "prospettiva europea" che il dialogo darà al Kosovo.
Inizialmente, le istituzioni kosovare si sono affrettate ad accettare il dialogo, immediatamente dopo la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, senza tuttavia specificare ciò che intendono ottenere dal dialogo stesso. I diplomatici di Pristina hanno affermato che i kosovari sono interessati a discutere di tematiche che migliorano la vita dei cittadini, non a parlare di sovranità o di qualsivoglia altro argomento che metta in discussione l'idea di stato. I temi della discussione sono l’energia, il commercio, le telecomunicazioni, le persone scomparse etc. Su iniziativa dell’opposizione, l'assemblea ha poi discusso e sostenuto il dialogo, ma solo dopo avere ottenuto dal governo assicurazioni sul fatto che avrebbe sottoposto gli accordi al parlamento prima di metterli in pratica. Tuttavia, il governo ha distorto la natura degli accordi, che solitamente sono vincolanti per gli stati, definendoli conclusioni e classificandoli come frutto di accordi bilaterali, che non hanno dunque bisogno di essere adottati dall’Assemblea di Pristina.
La sovranità del Kosovo forse non è stata danneggiata dai primi tre accordi raggiunti a Bruxelles, ma lo stato kosovaro non è certo uscito rafforzato dal dialogo. Il primo accordo, secondo il quale Pristina otterrà soltanto copie dei registri civili, conferma la posizione di Belgrado, secondo cui il Kosovo fa parte della Serbia e il registro resta quindi nelle mani del suo “legittimo proprietario”. Per quanto riguarda invece l'accordo sulla libera circolazione, i cittadini kosovari per la prima volta potranno accedere liberamente alla Serbia, ma mostrando le proprie carte d'identità, e non il passaporto emesso dalla Repubblica del Kosovo. Allo stesso modo, le auto con targa kosovara dovranno apporre una targa temporanea mentre circolano in territorio serbo. Per quanto riguarda i titoli di studio, sarà una parte terza ad accreditare i titoli accademici emessi dalle università kosovare. Ne consegue che, indirettamente, la Serbia continuerà a non riconoscere alcune istituzioni kosovare.
Voci contro
Ad ogni modo, questi accordi hanno suscitato non poche reazioni tra i legislatori e la società civile. In Serbia la leadership politica di Tadić è stata accusata di aver compiuto il primo passo verso il riconoscimento del Kosovo, mentre a Pristina il governo di Thaci è accusato di avere ceduto parte della propria sovranità al vicino settentrionale. Lasciando molti a bocca aperta, il presidente dell’assemblea Jakup Krasniqi, compagno di partito di Thaci, ha dichiarato di essere tra i critici degli accordi raggiunti. Krasniqi si oppone all’idea che i kosovari possano varcare il confine serbo con la sola carta d'identità e ha definito il confine con la Serbia una “linea amministrativa”; inoltre Krasniqi è contrario alla restituzione delle sole copie dei registri civili e catastali.
Il movimento di opposizione Vetevendosje, che ha organizzato e tenuto un dibattito sul dialogo in maggio, afferma che gli accordi non hanno natura internazionale e indeboliscono la sovranità statale del Kosovo rispetto alla Serbia.
Bruxelles ha fatto pressione sul Kosovo perché si impegnasse nel dialogo, mentre avrebbe dovuto insistere molto di più con la Serbia perché mutasse il proprio atteggiamento negativo contro il Kosovo.
Riconoscimenti allo stallo
Il Kosovo sta ancora tentando di convincere altri stati (oltre agli attuali 76 che hanno già effettuato questo passo) a riconoscere la sua indipendenza. Fino ad un certo punto in molti sostenevano che che la lentezza con cui la compagine internazionale sta riconoscendo l’indipendenza del Kosovo avesse a che fare con l'attesa della sentenza della Corte Penale Internazionale sulla legalità della dichiarazione di indipendenza di Pristina.
Tuttavia, nonostante la sentenza arrivata nel settembre del 2010 sia sostanzialmente a favore del Kosovo, da allora ci sono stati soltanto sei nuovi riconoscimenti. Il Kosovo non ha fatto alcun progresso per quanto concerne l'entrata in organizzazioni internazionali, oltre a non essersi rivelato in grado di mantenere il favore delle organizzazioni di cui già fa parte. Il dialogo si è rivelato un'urgenza per Pristina, che ha indetto elezioni anticipate lo scorso inverno, con un processo elettorale complesso, conclusosi con turbolente elezioni presidenziali.
E' ora chiaro più che mai che la diplomazia di Pristina sta seguendo il suo istinto gregario, e sta sostanzialmente agendo in base alle indicazioni di Bruxelles, tentando di accontentare cioè tutte le parti coinvolte senza prendere posizione propria. In altre parole, il Kosovo ha nuovamente lanciato l'amo, e resta ora in attesa di vedere cosa gli riserverà il futuro.