Nazioni Unite in Kosovo - B92

Negli scorsi mesi si sono verificate diverse esplosioni culminate con le ultime tre bombe nel cuore di Pristina il 2 luglio, mirate a colpire le maggiori istituzioni internazionali. E intanto la tensione comincia a salire in Kosovo con l'avvicinarsi delle trattative per definire il futuro della regione

26/07/2005 -  Anonymous User

Di Fatmire Terdevci per Transitions Online , 15 luglio 2005 (tit. orig.: "Explosive Tensions")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Letizia Gambini

Due settimane dopo le tre esplosioni che hanno scosso la capitale del Kosovo Pristina, nessuno ha rivendicato gli attacchi. Tutte e tre le esplosioni sono avvenute simultaneamente la sera del 2 luglio. Una delle bombe aveva come obiettivo la UNMIK (Missione ONU in Kosovo), mentre le altre due sono esplose vicino al palazzo del governo del Kosovo e ai quartier generali dell'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa).

Tre veicoli ONU sono saltati in aria, ma non ci sono stati feriti.

La polizia non è stata in grado di identificare alcun sospetto. "La indagini sono ancora in corso e secondo le mie informazioni non ci sono ancora sospetti", ha dichiarato questa settimana a TOL il portavoce della Polizia del Kosovo, Refki Morina.

Le esplosioni sono state quasi simultanee. Il loro obiettivo erano tre delle più importanti istituzioni nel Kosovo. L'UNMIK è incaricata all'amministrazione e ai compiti di polizia nella regione fin dal 1999, quando la NATO espulse tutte le istituzioni serbe dal Kosovo. L'OSCE ha organizzato tutte le elezioni in Kosovo da allora e è stata in particolare incaricata di monitorare il rispetto dei diritti umani e della legge. Entrambe le organizzazioni sperano che le istituzioni del Kosovo, che hanno ancora dei poteri limitati, saranno in grado di funzionare da sole una volta che lo stato della regione sarà determinato.

Dei colloqui sullo status della regione potrebbero partire già a settembre se la comunità internazionale riterrà che il Kosovo abbia fatto progressi significativi nel soddisfare un insieme di standard sulla sicurezza, i diritti umani e il governo che l'ONU ha stabilito.

Non è ancora chiaro se le bombe siano state scoperte poco prima di esplodere o se ci sia stato un avvertimento.

"Ero sul balcone del mio appartamento e ho potuto vedere tre veicoli della polizia bloccare la strada tra l'OSCE e il cinema. Gli agenti hanno evacuato molto in fretta le persone e poco dopo ci sono state le esplosioni," dichiara un testimone che vuole rimanere anonimo ad un giornale locale.

Un canale televisivo locale ha intervistato dei testimoni oculari, che hanno dichiarato di aver visto una coppia lasciare un borsone vicino all'edificio dell'OSCE.

Ma il portavoce della polizia non ha potuto dire come la polizia ha avuto le informazioni sulla bomba. "Non so niente di questo," ha detto Morina.

Le esplosioni sono state condannate dalle autorità locali e internazionali.

"Atti di questo tipo, che non sono sostenuti dal popolo Kosovaro, non saranno in grado di danneggiare il processo democratico in Kosovo," ha detto il capo della missione ONU in Kosovo, Soren Jessen-Petersen. Petersen ha inoltre dichiarato che la violenza non influenzerà la determinazione del UNMIK di sostenere le istituzioni del Kosovo e la popolazione nel costruire un Kosovo pacifico, democratico e multietnico.

Per il capo della missione OSCE in Kosovo, Werner Wendt, è molto preoccupante che queste esplosioni siano state nel cuore della capitale, ma come ha affermato, "è una ragione in più per noi per convincere i Kosovari che il futuro del Kosovo può essere determinato soltanto per vie politiche."

Per le autorità locali, le bombe sono azioni pericolose mirate a destabilizzare la provincia.

"Queste esplosioni sono state in un periodo in cui ci si aspetta che ci sarà un assestamento positivo degli standard, in un momento di transizione per il Kosovo, che avvicinerà il riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo," afferma il presidente del Kosovo, Ibrahim Rugova.

Ancora bombe

Un'altra bomba è esplosa il 4 luglio vicino al palazzo del Ministero per i Ritorni e le Comunità, che ospita anche gli uffici del Partito Democratico Serbo (SDP). Il Ministro per i Ritorni e le Comunità, Slavisa Petkovic, è l'unico di etnia serba nel governo del Kosovo ed è anche presidente del SDP.

Nessuno è rimasto ferito, ma l'edificio è stato danneggiato. La polizia non ha ancora sospettati neanche per questa bomba, ma in una conferenza stampa a Pristina due giorni dopo le esplosioni Petkovic ha pubblicamente accusato il Consiglio Nazionale Serbo (SNV) e uno dei suoi leader, Marko Jaksic, di essere dietro l'attentato.

Petkovic ha anche chiesto che la polizia ONU proclamasse l'SNV un'organizzazione terroristica. L'SNV è un partito serbo dalla linea dura con base nella parte nord della città divisa di Mitrovica.

Il motivo degli attacchi, secondo Petkovic, era il calo del supporto per l'SNV, mentre quello per il suo partito, l'SDP, sta crescendo ogni giorno.

"Un altro motivo è legato alle mie affermazioni che i Serbi del Kosovo dovrebbero cercare il loro futuro qui e non da qualche altra parte," ha detto Petkovic alludendo agli stretti legami del SNV con il governo di Belgrado. L'SNV boicotta infatti le istituzioni del Kosovo.

Nella stessa conferenza stampa, Petkovic non ha risparmiato neanche il capo dell'UNMIK, Jessen-Petersen, che lui ha accusato di non aver dialogato con il suo partito, ma con Belgrado.

Alcuni osservatori hanno collegato le esplosioni alle recenti visite delle autorità serbe in Kosovo.

Vuk Draskovic e Prvoslav Davinic, i ministri degli Esteri e della Difesa della Serbia e Montenegro, hanno visitato la regione recentemente e incontrato i rappresentanti dell'UNMIK, come anche ha fatto il Presidente serbo Boris Tadic. La Kosovo Action Network, un'organizzazione studentesca, ha manifestato durante la visita di Draskovic. Ventidue persone sono state arrestate per aver tirato uova contro i veicoli che scortavano Draskovic.

Il mese scorso, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha nominato il diplomatico norvegese Kai Eide come suo inviato speciale in Kosovo. Eide dovrà valutare l'implementazione degli standard ONU e riferire sui risultati delle sue indagini per la fine dell'estate.

I colloqui per determinare il futuro del Kosovo cominceranno nella seconda parte dell'anno se gli standard saranno soddisfatti. La maggioranza etnica albanese si rivela ansiosa rispetto ai risultati di questa operazione.

Secondo i documenti pubblicati dai media locali, Eide nella sua seconda visita in Kosovo all'inizio di luglio si è occupato di più della minoranza serba che della maggioranza albanese. Il suo calendario includeva visite alle enclave serbe per stabilire se ci fosse stato un miglioramento della libertà di movimento dei membri della comunità serba.

Nel frattempo però i diplomatici stranieri continuano a fare pressioni sulla maggioranza albanese per lavorare al raggiungimenti degli standard.

Uno di questi, l'ex Segretario di Stato Madeline Albright, ha visitato il Kosovo all'inizio di luglio. Alla fine degli anni 90, la Albright è stata forse la più alta autorità internazionale che ha sostenuto gli albanesi del Kosovo. Lei e il suo entourage hanno pianificato l'accordo di pace di Rambouillet del 1999, che Belgrado ha poi rifiutato, creando così le condizioni per l'intervento NATO in Serbia sempre del 1999. Parlando al parlamento del Kosovo, la Albright ha detto che il Kosovo dovrà diventare una società governata dalla legge e capace di dare eguali diritti a tutti i suoi cittadini.

"Il 2005 è cruciale per il Kosovo. Ci sono molte cose da fare," ha detto la Albright ai parlamentari. Ha chiesto loro di fare tutto quanto in loro potere per assicurare il ritorno di tutti i profughi, di qualunque etnia.

Il mancato ritorno dei serbi e di altre minoranze che hanno lasciato la regione nel 1999, così come i problemi relativi alla loro libertà di movimento sono stati due delle più grandi ragioni per cui non si sono dati maggiori poteri alle autorità del Kosovo.

Gli attentati esplosivi, spesso centrati sull'UNMIK, si sono intensificati, specialmente dopo le dimissioni dell'ex Primo Ministro Ramush Haradinaj in marzo e la sua consegna al Tribunale Internazionale per i Crimini nella Ex Yugoslavia (ICTY) per affrontare le accuse di crimini di guerra.

Il 15 marzo, un ordigno è esploso vicino ad un veicolo che stava trasportando il Presidente Rugovae il 17 aprile una grossa esplosione ha devastato la sede del più giovane partito albanese del Kosovo, ORA. C'è stata anche un'altra esplosione in maggio nel cuore di Pristina, nei pressi del quartier generale dell'UNMIK.

La Polizia finora non è stata in grado di identificare i responsabili.

Nonostante la frequenza delle esplosioni, non c'è stato panico tra la popolazione del Kosovo. "Le persone hanno visto gli attacchi come parte dello scenario locale," afferma il direttore dell'International Crisis Group, Alex Anderson.

Secondo lui, elementi estremisti ripeteranno tali attacchi. "I prossimi mesi saranno incerti in Kosovo," continua Anderson.

Gli osservatori pensano che, avvicinandosi i colloqui sul futuro assetto della regione, causa di crescenti tensioni saranno le diverse aspettative degli albanesi, che chiedono la completa indipendenza e dei serbi, che invece vorrebbero che il Kosovo rimanesse parte della Serbia.