La lettera P di uno speciale abecedario, dedicato ai 25 anni dall'indipendenza della Moldavia. La povertà in Moldavia in un'intervista a Alex Kremer, responsabile della Banca mondiale nel paese
La Moldavia viene spesso definita “il paese più povero d'Europa”. Qual è la situazione attuale e quale fascia sociale risente maggiormente del problema? È possibile immaginare delle vie di sviluppo future? Nell'ambito economico, che ruolo gioca la posizione geopolitica ambivalente in cui si trova il paese?
La Moldavia è una nazione dal reddito medio-basso, che viene spesso etichettata appunto come “il paese più povero d'Europa”. Generalmente la povertà è concentrata nelle aree rurali (è più alta nelle regioni del centro e del sud) e colpisce soprattutto le famiglie numerose, con membri giovanissimi e anziani.
Tuttavia, esistono paesi con un tasso di reddito più elevato (Romania, Georgia, Romania...) che hanno in realtà anche un tasso di povertà più alto che in Moldavia. Quest'ultima, infatti, gode di una redistribuzione della ricchezza maggiormente equa: le rimesse, uno dei pilastri dell'economia della repubblica est-europea, costituiscono la principale entrata delle famiglie più povere che praticamente “spediscono” alcuni dei propri membri a lavorare all'estero. Ecco perché negli ultimi anni i redditi delle fasce più povere della popolazione sono cresciuti più velocemente della media nazionale ed ecco perché la Moldavia ha potuto compiere grandi progressi nella riduzione della povertà.
È importante però sottolineare come tali progressi siano basati su fattori difficilmente sostenibili.
Da una parte, appunto, la crescita delle rimesse non potrà durare per sempre: innanzitutto perché nel lungo periodo il numero di persone che potrà andare a lavorare all'estero semplicemente si esaurirà; poi, chi già si è stabilito all'estero tende ad allentare quando non a recidere le proprie relazioni con il paese d'origine. Possiamo infatti già osservare come le rimesse stiano decrescendo e probabilmente continueranno a farlo nel prossimo futuro.
Dall'altra parte le pensioni, che rappresentano il secondo fattore che ha permesso la riduzione della povertà negli ultimi anni, difficilmente potranno avere ancora un ruolo così importante. I fondi che sostengono il sistema pensionistico si stanno riducendo: abbiamo calcolato che se non ci sarà presto una riforma l'ammontare delle pensioni (che prima era circa il 47% del reddito del lavoratore e ora si aggira attorno al 27%) nel 2040 sarà pari al 14% del reddito del beneficiario.
L'unica via possibile per un miglioramento delle condizioni attuali passa dunque per l'aumento degli investimenti privati, sia domestici che esteri. Un tale scenario permetterebbe infatti di stimolare la domanda di lavoro interna, la quale farebbe rientrare anche parte della diaspora del paese. Questo però può accadere solo a patto che la Moldavia riesca a gestire il problema della corruzione e a stimolare la fiducia nel corretto funzionamento della legge.
Praticamente tutti i benefici economici che la repubblica potrà ottenere dagli accordi DCFTA (Deep and Comprehensive Free Trade Area) deriveranno dalle riforme che verranno messe in campo per creare un clima favorevoli agli investimenti. In questo senso, l'integrazione della Moldavia nella rete di mercato dell'Unione Doganale Eurasiatica (EACU) e, allo stesso tempo, in quella dell'Unione Europea non rappresenta una contraddizione. Anzi, la Moldavia dovrebbe continuare a commerciare con entrambe le parti, dal momento che possiede prodotti competitivi sia per il mercato a est che a ovest. Inoltre, è un paese che può fungere da vera e propria “cerniera” fra le due aree: le statistiche confermano che i settori del commercio di transito e della logistica sono in crescita.
Per quanto riguarda l'assistenza alle fasce più povere da parte dello stato, invece, la Moldavia riserva una fetta relativamente alta del Pil a questo genere di aiuti. Ciò è in parte dovuto alle dinamiche demografiche: molte delle persone in età lavorativa hanno lasciato il paese e di conseguenza la popolazione è invecchiata, portando così a un aumento delle spese pensionistiche. Tuttavia va rilevato che i fondi per l'assistenza sociale sono generalmente mal indirizzati. In Moldavia infatti si verifica spesso quella che viene chiamata “assistenza categoriale”. Vale a dire che le spese per l'assistenza sociale vengono molte volte automaticamente assegnate a categorie predeterminate piuttosto che a casi specifici che magari ne avrebbero maggiormente bisogno. Si tratta di una “eredità” dal sistema sovietico ma anche deriva dal fatto che le categorie che già beneficiano di aiuti da parte dello stato sono più organizzate e visibili rispetto ai singoli individui o nuclei famigliari e cercano ovviamente di mantenere le distribuzioni di aiuti per come sono organizzate attualmente.
In conclusione, dunque, l'economia moldava è un'economia in transizione, caratterizzata da una sorta di “sistema ibrido” per cui lo stabilimento dei diritti relativi alla proprietà privata è ormai ultimato ma allo stesso tempo le relazioni fra lo stato e il mercato rimangono altamente politicizzate. Dopo l'indipendenza, infatti, si è verificato attraverso le privatizzazioni di massa un passaggio molto veloce al regime di mercato, con la creazione del quadro legislativo e degli organismi economici che dovrebbero sostenerlo, ma l'adeguamento delle istituzioni giudiziarie ed economiche non è ancora completo. Ciò che occorre per il futuro della Moldavia è allora il raggiungimento della maturità istituzionale necessaria a supportare le dinamiche di mercato.