Dall’incontro con la Moldavia di Paolo Paterlini e Cesare De Giglio, già autori di Routes, è nato The Moldovan Diaries, che con interviste, video e fotografie, esplora questo piccolo paese, sospeso tra Unione Europea e Russia, presente e tradizioni
The Moldovan Diaries nasce durante un viaggio in Moldavia. Cosa vi ha colpito tanto da lanciare una campagna kickstarter e creare questo progetto?
Molteplici ragioni. Da tanti anni ci interessiamo di Europa orientale e la Moldavia è una regione poco conosciuta, quasi totalmente assente dai media occidentali; questo ci spinse a viaggiare nel paese nel 2012. Rimanemmo colpiti dalla Piaţa Centrală di Chișinău, il principale snodo per i trasporti nell'intera regione. La capitale appariva come una vera e propria città-stato, da cui una vasta rete di minibus si estendeva fino ai villaggi più remoti della nazione.
Il contrasto tra la capitale e il resto del paese era piuttosto visibile e cominciammo a riflettere sulle differenze economiche, etniche e di classe all'interno della Moldavia. Ci interrogammo sui flussi migratori che dal paese portano verso l'Europa Occidentale o verso Est, soprattutto Russia e Ucraina. Nonostante la diaspora moldava abbia raggiunto dimensioni enormi, raramente ci si interroga sulle ragioni sociali che alimentano questo esodo.
Il collasso dell'Unione Sovietica è avvenuto un quarto di secolo fa, eppure il paese viene spesso visto ed analizzato solo in relazione a questo evento. Si parla frequentemente di Moldavia come del paese più povero d'Europa: è un dato incontrovertibile, ma quale faccia ha questo paese, chi ci vive?
Ci rendemmo conto che un’indagine giornalistica e documentaristica più ampia era necessaria per rispondere a queste domande. Durante il primo viaggio, rimanemmo colpiti anche dalle identità regionali di Transnistria e Gagauzia: una regione separatista e de facto indipendente e un dimenticato popolo turcofono ortodosso, il tutto in un angolo d'Europa non lontano da noi. Come non rimanere attratti da queste storie? Così abbiamo deciso di pianificare il progetto, cercare finanziamenti e finalmente riportare la Moldavia e le sue diverse identità sulla mappa europea.
Molto presente nelle interviste è il carattere multietnico della Moldavia. E’ stato difficile rapportarsi con queste molteplici identità, spesso politicamente connotate?
La politicizzazione di certe identità è stata purtroppo imposta, negli ultimi due decenni, da una classe dirigente inadeguata che ha esacerbato differenze linguistiche tramutandole talvolta in supporto per l'uno o l'altro progetto politico. Vero, ci sono idee forti presenti nel panorama politico del paese: unionisti pro-romeni, nazionalisti gagauzi, separatisti pro-russi. Ma la realtà è molto più complessa e, nonostante la presenza di idee che talora creano divisioni a Chișinău, una distinta identità nazionale moldava è spesso presente anche tra chi si percepisce come membro di una particolare comunità etnica, che sia romena, bulgara, ucraina, russa, rom o gagauza.
Dalla nostra indagine emerge un senso di unità tra le varie identità del paese. La divisione, in parte vera, del paese tra sostenitori di una linea politica filo-russa e sostenitori di una linea filo-europeista è forse superata da un comune senso di disgusto verso il sistema clientelare e la corruzione, problemi sentiti da tutti i cittadini moldavi. I dubbi e le critiche allo stato moldavo sono rivolti soprattutto alla cattiva amministrazione e non all'idea di Moldavia come nazione.
Proprio per questi motivi, non è stato difficile rapportarsi con queste molteplici identità, è stato anzi un rapporto proficuo. Per molti intervistati identità significa soprattutto storia familiare, non rivendicazione nazionalistica. Questo ci ha permesso di raccogliere documenti molto importanti sulla storia moldava degli ultimi decenni. Siamo soddisfatti di aver mostrato i legami tra storie individuali e comunitarie, e storia nazionale.
In Italia la Transnistria ha avuto il suo momento di fama con Educazione Siberiana. Che ricordi portate a casa da questa regione?
Un ricordo intimo, distante dalla atmosfere cupe e gangsteristiche di Educazione Siberiana. Abbiamo incontrato tante persone che hanno condiviso con noi le loro idee sull'essere cittadini moldavi e transnistriani. Spesso Transnistria è sinonimo di mancanza di democrazia e assenza di regole: l'ultimo, bizzarro bastione del socialismo reale gestito da mafiosi locali. Tutto vero, ma c'è anche un aspetto di placida quotidianità, fatto di comuni cittadini, pensionati, studenti e lavoratori, che poco si preoccupano di vivere in una entità politica non riconosciuta, del tutto disinteressati alla parate militari o agli onnipresenti simboli di falce e martello.
Abbiamo cercato di dare voce ad alcune di queste persone ma non abbiamo dimenticato, nella lunga intervista con Ion Manole, direttore dell'organizzazione non governativa Promo-LEX, di sottolineare le torbide vicende politiche regionali e il sistematico abuso dei diritti umani da parte dell'autoproclamata amministrazione transnistriana verso gli oppositori politici.
Una critica che può essere fatta a Moldovan Diaries è che proponga l’immagine della Moldavia che ci si aspetterebbe, fatta di povertà agricola, emigrazione, classe politica corrotta e dualismo Russia-Europa. Come replicate?
Non è possibile parlare di identità in Moldavia nel 2015 senza riferirsi, anche indirettamente, a una contrapposizione tra quelle che abbiamo definito due diverse idee di cittadinanza, una rivolta verso l'Unione europea, l'altra verso l'Unione Doganale Eurasiatica di matrice putiniana. Senza dubbio, come ricordavamo precedentemente, il dualismo Russia-Europa non è del tutto reale ma una dicotomia imposta dai partiti politici che ha finito per essere accettata da molti cittadini moldavi.
Ci è sembrato importante non tralasciare questo aspetto: riducendo la scelta politica a una dichiarazione a favore o contro l'Unione Europea non è mai realmente avvenuto un vero dibattito condiviso su come riformare il paese. Ciò ha avvantaggiato oligarchi locali, che hanno tutto da guadagnare dal mantenimento dello status quo. E non esistendo una netta divisione tra classe dirigente e uomini d'affari in Moldavia, questo dualismo imposto dall'alto spiega tante cose.
Inoltre, la Russia è come un ospite non invitato che bussa sempre alla porta quando si parla di società moldava: molte cose spesso portano a parlare di Russia, bon gré mal gré. Riguardo l'emigrazione abbiamo pensato a come raccontare storie personali, dare un volto ai numeri che non possono e non devono essere taciuti. Ci interessava raccogliere vicende familiari, aneddoti e riflessioni intime su cosa significhi lasciarsi tutto alle spalle: siamo contenti di aver dato voce ad alcune di queste persone.
Abbiamo esplorato aspetti della società moldava che molto raramente finiscono nei (pochi) reportage dalla regione. Ad esempio, la comunità LGBT raccontata dall'attivista Artiom Zavadovski, i giovani educati all'estero che ritornano in patria per stabilire attività commerciali (il caso di Mara Woman), minoranze etnolinguistiche come i Rom, la dimenticata vicenda dei tedeschi di Bessarabia, il patrimonio architettonico della comunità ebraica, interviste a giornalisti, sindaci, insegnanti, preti ortodossi e cooperanti internazionali. Forse un'immagine non sempre rosea del paese ma decisamente un ritratto ampio e coinvolgente.
La Moldavia rimane il paese più povero d'Europa ma, grazie a lavori come il nostro, speriamo non rimanga anche uno dei paesi meno conosciuti d'Europa.