Chișinău - Arco di trionfo e sede del Governo (foto © Calin Stan/Shutterstock)

Chișinău - Arco di trionfo e sede del Governo (foto © Calin Stan/Shutterstock)

Quali sono le sfide della Moldavia? Riuscirà il neo governo creato da partiti filo russi e partiti filo occidentali a reggere? Ne abbiamo parlato con Marian Radu uno dei più giovani deputati del parlamento di Chișinău

02/08/2019 -  Simone Benazzo

Eletto con la coalizione pro-UE ACUM alle elezioni dello scorso febbraio, Marian Radu è uno dei più giovani parlamentari della Moldavia. La sua elezione ha suscitato l’immediato interesse della stampa moldava, non solo per la giovane età: Marian è il primo parlamentare di origine rom della storia della piccola repubblica post-sovietica. Suo nonno materno, infatti, era di etnia rom, comunità presente nella fu Bessarabia da secoli, dai tempi almeno di Stefano il Grande. Classe 1990, Marian incarna la nuova classe dirigente moldava: filo-occidentale, cosmopolita ed educata all’estero (ha studiato in Scozia e Stati Uniti). Dopo mesi di stallo, la coalizione europeista che rappresenta, ACUM, è entrata in governo con i socialisti filo-russi. Un’alleanza poco ortodossa, nata per riscattare il paese dagli oligarchi e ripristinare lo Stato di diritto. Ma sono in pochi a scommettere sulla tenuta di questo patto faustiano. Lo abbiamo incontrato a Chișinău, proprio davanti al Parlamento, per parlare della delicatissima fase politica che sta vivendo la Repubblica di Moldova.

Quali sono le principali sfide che deve affrontare ora la Moldavia?

La prima è certamente la corruzione dilagante e la diffusa malversazione praticata dai funzionari pubblici. La seconda è il ripristino dello stato di diritto e di una magistratura indipendente – il fatto di non avere uno stato di diritto effettivo significa che non abbiamo giudici professionali e indipendenti che possano indagare e perseguire casi di corruzione su larga scala e l’appropriazione indebita di fondi pubblici. Non avendo una giustizia indipendente, la società perde fiducia nel governo e, di conseguenza, perde fiducia nel futuro. E questo credo abbia un effetto devastante sul futuro del paese e spiega perché abbiamo così tante persone che emigrano dalla Moldavia. Perché il terzo problema è naturalmente la povertà, i bassi redditi, il che è evidentemente legato alla debolezza delle istituzioni e ad un’economia non competitiva. Non abbiamo uno spirito imprenditoriale molto sviluppato nella nostra società. Queste le motivazioni della povertà che segna il nostro paese. Ma ci tengo a ribadire la mia convinzione che la povertà sia strettamente dovuta alla mancanza di un potere giudiziario autonomo e di istituzioni funzionanti: gli investitori e gli imprenditori locali non investono perché non si fidano delle istituzioni.

La Moldavia non è candidata ad entrare in Unione Europea. Cosa significa essere “pro-UE” in questa situazione?

Essere un partito pro-Ue significa dichiarare espressamente, nel tuo discorso politico, che vuoi un’integrazione più stretta con l’UE. Questo, concretamente, comporta: incentivare la formazione dello stato di diritto, promuovere l’indipendenza del potere giudiziario e l’integrazione economica con il blocco UE. Comporta difendere i valori UE, i diritti umani, l’uguaglianza. Questo è come noi interpretiamo l’essere “pro-UE”.

Come potrà la Sua coalizione (ACUM) realizzare le riforme annunciate stando al governo con una forza apertamente filo-russa?

L’accordo che abbiamo firmato coi socialisti riguarda esclusivamente il ripristino dello stato di diritto e di standard democratici e aumentare gli standard di vita materiali delle persone. Se ci atterremo a queste priorità, quest’alleanza e questo accordo rimarranno in piedi. Ma deve restare limitato esclusivamente a questo. Anche i socialisti sono d’accordo con il fatto che l’integrazione con l’UE è fondamentale: in termini economici, siamo semplicemente molto dipendenti dall’Unione Europea. Sono assolutamente d’accordo con quest’evidenza. Ad ogni modo ciò non significa che non possiamo migliorare le nostre relazioni economiche con la Russia. Questi due scopi non sono in sé mutualmente esclusivi: possiamo perseguire un’integrazione economica più stretta con l’UE, possiamo assumere pubblicamente l’impegno ad approfondire questa relazione economica e, allo stesso tempo, provare ad approfondire la nostra relazione economica e commerciale con la Russia.

Quanto conta l’elemento geopolitico per spiegare le dinamiche politiche moldave?

L’elemento geopolitico è ancora un elemento preponderante, e molto discusso. Quattro anni fa sarebbe stato semplicemente inimmaginabile per un partito pro-UE e uno pro-Russia pensare di entrare in coalizione. Tuttavia, gli standard democratici – in primis, l’indipendenza del potere giudiziario – si erano così tanto deteriorati che non avevamo nessun’altra alternativa. Anche solo sei mesi fa per noi era impossibile ipotizzare una coalizione del genere, ma a fronte di un quadro così critico, non avevamo altra alternativa. Gli osservatori occidentali se ne rendono conto. Non a caso, i nostri partner occidentali stanno imponendo condizioni più severe per concederci assistenza finanziaria, condizioni relative al ripristino dello stato di diritto, alla lotta contro la corruzione, alla difesa degli standard democratici. Non è più come prima: nessuno ci concederà assistenza finanziaria, se non riportiamo standard democratici nel nostro paese.

Esiste una connessione tra questo nuovo governo e la “Twitter revolution” del 2009?

La classe politica che emerse nel 2009 si rivelò un fallimento totale agli occhi dei giovani, me stesso incluso, che a quella rivoluzione avevo partecipato. Ho molti amici che hanno abbandonato il paese a causa di questa, profonda e dolorosa, disillusione. La connessione tra noi e quel periodo è che noi, davvero, non vogliamo deludere le aspettative. Abbiamo avuto per trent’anni politici che andavano e venivano, ripetendo sempre le stesse cose – “porteremo prosperità, porteremo giustizia”. Promesse che non si sono mai materializzate. Quando ripensiamo al 2009, capiamo che deludere le persone è l’ultima delle cose che vogliamo. Non possiamo permetterci di farlo: in quella rivoluzione noi c’eravamo, io c’ero, non riuscirei ad andare a letto con la coscienza tranquilla per il resto della mia vita, se realizzassi di aver deluso questa popolazione. La connessione con gli eventi del 2009 è proprio questa.

Cosa è lecito aspettarsi dall’UE in questo frangente delicato della politica moldava?

L’UE ha già espresso il suo pieno sostegno a questo governo. Ci sono molti segnali di ottimismo, che lasciano presupporre che l’Occidente sosterrà il nostro governo e le nostre riforme. Questo è quello che l’UE si aspetta, e che si aspetta anche la popolazione moldava: i moldavi si aspettano che noi portiamo a termine le riforme annunciate. E l’UE è pronta a fornirci assistenza – economica e tecnica – per questo. Siamo davvero fiduciosi che questo aiuto non verrà a mancare.

Infine, un’ultima domanda sul tema rom. Lei è l’unico rappresentante politico in Parlamento con parziali origini rom (nonno materno). Qual è la situazione dei rom in Moldavia e come può essere migliorata?

Il primo problema è la mancanza di comunicazione tra rom e non rom. Tutti i rom partono dal preconcetto che i non rom siano inevitabilmente nemici, a loro ostili. Ma non è sempre così. Ho sempre avuto amici non rom, pur avendo origini rom, e ho capito che esistono molte persone tolleranti e comprensive. I rom dovrebbero capirlo. Per quanto riguarda i non rom, spesso si ritiene che i rom siano una comunità indifferenziata al proprio interno, fanno l’elemosina, non vogliono andare a scuola. Questo è completamente sbagliato. Risolvere questa mancanza di comunicazione è la chiave per migliorare la situazione dei rom.

Il secondo problema è lo scarso coinvolgimento dell’élite rom in politica. Vorrei incoraggiare i giovani rom a cimentarsi nella politica istituzionale, perché è lì che si prendono le decisioni più importanti: le politiche educative relative ai rom sono decise in parlamento dai partiti che ottengono il potere e dal governo. Dobbiamo fare in modo che i bambini rom vadano a scuola. Anche quando le famiglie sono contrarie, il governo dovrebbe adottare un’azione che mi spingo a definire “aggressiva” per portare questi ragazzi sui banchi. La nostra coalizione si è data questo obiettivo.