Lo scoop dei cablo diplomatici Usa da parte del gruppo di Julian Assange svela retroscena anche in Moldavia. Un'offerta da 10 milioni di dollari da parte dell'ex presidente della Repubblica Voronin al suo oppositore Lupu, leader del Pdm e vincitore delle elezioni 2009 con la coalizione europeista, pur di restare al potere
È il 7 settembre 2009 quando Vladimir Voronin, Presidente della Repubblica moldavo, incontra in segreto nella sua dacia privata di Condrita Marian Lupu, leader del Partito Democratico Moldavo (Pdm).
Sono passate circa 5 settimane dalle elezioni parlamentari di luglio e Lupu fa parte dei partiti dell’Alleanza per l’Integrazione Europea, che, dopo 8 anni di attesa, sono riusciti a ottenere la maggioranza.
Trattative segreta nella dacia, anche dopo la sconfitta elettorale
Voronin, leader del partito comunista, fa un’offerta al suo ex compagno di partito perché rompa il patto con i nuovi alleati e ritorni dalla sua parte. L’offerta è di quelle che non è facile rifiutare: 10 milioni di dollari e una spartizione delle cariche che vede Lupu presidente e Voronin speaker in Parlamento. Qualche giorno prima Voronin gli aveva già offerto 5 milioni di dollari, per poi raddoppiare la posta in un disperato tentativo di restare alla guida del Paese.
Marian Lupu però non rompe il patto pre-elettorale e i partiti europeisti governano fino alla scorsa tornata elettorale di novembre 2010, pur inciampando nel solito famigerato ostacolo: l’elezione del presidente della Repubblica. Quattro giorni dopo l’incontro nella dacia, Voronin si era visto costretto anche a rassegnare le dimissioni da presidente.
Non è fantapolitica, ma la parte saliente sulla Moldavia dei noti cablaggi statunitensi resi pubblici nei giorni scorsi da Wikileaks. Un retroscena rivelato proprio quando, nonostante una nuova tornata elettorale, lo scenario è pressoché lo stesso di allora.
Dopo un anno, stesso clima di stallo e ambiguità
Lupu ogni giorno tiene i suoi elettori col fiato sospeso lasciando aperte per il suo partito entrambe le alleanze. Non ha infatti lesinato dichiarazioni sulle “offerte molto generose ricevute dal Partito Comunista” continuando però a prendere tempo per decidere da che parte stare. Mentre Voronin, dal canto suo, ha parlato di una “nuova coalizione di centro-sinistra”.
Lupu si è mosso con ambiguità anche nell’incontro con il capo dell’amministrazione presidenziale russa Sergei Nariskin tenutosi nella settimana post-elettorale a Chişinău. Rimane un mistero anche dove Voronin avrebbe trovato i 10 milioni di dollari promessi a Lupu. Inutile dire che molti osservatori cercano una risposta a Mosca.
Il leader del Pdm ha sempre ribadito l’importanza per la Moldavia di tenere un “bilanciamento assai logico” tra la Federazione Russa e l’Unione europea. Molti moldavi, però, dopo decenni di egemonia da parte di Mosca, vedono in questo bilanciamento una possibile propensione troppo spiccata verso est. Sergiu Ostaf – fondatore e direttore esecutivo di CReDO, una delle principali Ong moldave – ha affermato martedì scorso a proposito di possibili accordi commerciali con Russia, Bielorussia e Kazakistan come questo “orientamento a est” possa minare le offerte e in finanziamenti “più generosi e incondizionati” dell’Ue.
La Moldavia vicina all'unione doganale di Russia-Bielorussia-Kazakhistan?
Il cerchio si stringe quindi sul Marian Lupu e al narcisistico leader questo sicuramente non dispiace, abituato com’è a cercare di stare il più possibile sotto i riflettori, nonostante lui stesso abbia criticato le pressioni, denunciando anche aggressioni di rappresentanti del suo partito. Di pressioni per non scegliere l’alleanza con i comunisti certamente ne sta ricevendo, dai partiti europeisti alle organizzazioni della società civile, ma anche dall’interno del suo partito.
La Corte costituzionale intanto ha approvato la riconta dei voti chiesta dal Partito comunista e una prima stima del Comitato elettorale prevede una spesa di 13 milioni di lei (circa 800 mila euro). Un’ulteriore tegola per le asfittiche casse dello stato. L’esito del riconteggio è previsto per la fine di questa settimana.
Voto (non riconosciuto) anche in Transnistria, nuovo avviso di sfratto a Smirnov
La regione separatista della Transnistria è andata alle urne domenica 12 dicembre per rinnovare il parlamento transnistriano. Le elezioni – non riconosciute come legittime da alcuno Stato sovrano – hanno visto un’affluenza alle urne del 43% e, a fronte di un minimo richiesto del 25%, sono state dichiarate valide. Obnovleniye (Rinnovamento) si conferma il primo partito con 25 seggi su 43, superando nuovamente il partito “Repubblica” di Igor Smirnov, presidente in carica dal 1992.
In attesa delle presidenziali di dicembre 2011, nei prossimi mesi si comincerà probabilmente a vedere se Obnovleniye vuole davvero aprire una fase più riformista e di rinnovamento o se non si discosterà molto – anche per i controlli, le minacce e i limiti autoritari imposti dal regime – dalle scelte di Smirnov.
Sono andati alle urne lo stesso giorno gli abitanti della Gagauzia – una regione con forti autonomie situata nella parte sud-occidentale della Moldavia – per rinnovare il proprio governatore. I primi risultati vedono il governatore uscente Mihai Formuzal in testa al 37% seguito dal sindaco di Comrat Nicolai Dudoglo, la principale città della regione, al 32% e dal candidato comunista Irina Vlah col 31%. Il Partito comunista sembra ora orientato a sostenere Nicolai Dudoglo. Un’alleanza che magari considerano di buon auspicio per il parlamento nazionale.