Una dei due attuali premier in Moldavia, Maia Sandu (OSCE Parliamentary Assembly/flickr)

Una dei due attuali premier in Moldavia, Maia Sandu (OSCE Parliamentary Assembly/flickr)

Sabato scorso si è aperta una grave crisi istituzionale in Moldavia. All'impasse seguita dalle elezioni dello scorso febbraio si è usciti con un'inedita maggioranza di governo, dichiarata però immediatamente illegittima dalla Corte costituzionale

12/06/2019 -  Mihaela Iordache

La Repubblica di Moldova, il più povero stato dell’Europa, si trova in piena crisi politica ed istituzionale: ha due governi, un parlamento e il presidente Igor Dodon sospesi da uno dei due premier, mentre migliaia di persone bloccano le porte d'ingresso delle principali istituzioni.

La situazione è la diretta conseguenza di una strategia politica che mira a marginalizzare l’oligarca Vlad Plahotniuc, leader del Partito Democratico Moldavo (PDM) al governo, accusato dai suoi oppositori di corruzione.

A tre mesi di distanza dalle elezioni del 24 febbraio 2019, dopo molti tentativi falliti di formare una maggioranza, il Partito Democratico si è infatti ritrovato improvvisamente fuori dai giochi: a sorpresa due formazioni politiche sino ad allora rivali, i socialisti  filorussi del PSRM e il blocco pro-europeo ACUM (formato dalla Piattaforma Dignità e Verità e dal Partito Azione e Solidarietà) hanno stretto un'Intesa Politica Temporanea (IPT) per la formazione di un nuovo governo guidato da Maia Sandu (pro-europeea e del blocco ACUM), governo che è stato votato sabato scorso dai 61 deputati presenti in parlamento (PSRM e ACUM). Zinaida Greceanii (PSRM) è stata votata alla presidenza del Parlamento.

La Corte costituzionale moldava il giorno successivo ha però dichiarato illegittimo il nuovo governo affermando, su un cavillo legale, che sarebbe stato superato il termine limite di 3 mesi dalle elezioni per la formazione di una maggioranza ed ha nominato come premier ad interim l'ex primo ministro Pavel Filip (PDM). Filip ha dichiarato dissolto il parlamento, sospeso Dodon e ha annunciato elezioni anticipate per il 6 settembre prossimo.

Due poli di potere

In seguito alle elezioni di febbraio i socialisti del presidente Dodon avevano ottenuto 35 seggi, il Blocco ACUM 26, il PDM 30, Partito SOR 7. La coalizione ad hoc tra i socialisti filorussi e i pro europei, rappresenta un’intesa temporanea – come dichiarato dai protagonisti - per la “disoligarchizzazione” del paese. Una coalizione fermamente sostenuta dall’Ue, dagli Usa ma anche da Mosca.

Ma di fatto da sabato scorso a Chișinău ci sono due poli di potere, due governi che si annullano a vicenda le decisioni prese. In più c'è la piazza. Migliaia di persone arrivate in pullman nella capitale hanno partecipato domenica ad una protesta a favore di Plahotniuc. Altre centinaia  bloccano l’accesso nella sede del governo e altre istituzioni dello stato, mentre il governo di Maia Sandu sta svolgendo le sue attività presso la sede del Parlamento.

Il nuovo governo a guida Sandu ha immediatamente approvato la creazione di una commissione per indagare sulle frodi nel sistema bancario: ”Stiamo cercando di liberare il paese e lo faremo perché questo è il governo legittimo”, ha dichiarato Sandu aggiungendo che ”l’obiettivo comune è quello di liberarsi dal regime, ne abbiamo discusso molto chiaramente: noi abbiamo un orientamento europeista, mentre il partito socialista ha un orientamento diverso. Ma abbiamo trovato dei punti in comune per definire il lavoro del nuovo governo. Vedremo più in la per quanto tempo avremo i numeri per sostenere questo governo ma vale la pena correre il rischio, se riusciremo a sbarazzarci del regime”.

Il segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjorn Jagland, ha chiesto il parere della Commissione  di Venezia sugli sviluppi in Moldavia (Commissione che dovrebbe esprimersi il 21 giugno) mentre ritiene che “le recenti decisioni della Corte Costituzionale di Chișinău sono difficili da comprendere e appaiono arbitrarie alla luce del testo della costituzione, delle leggi del paese e delle leggi internazionali”.

Il Pdm parla dal canto suo di colpo di stato e i suoi esponenti dicono di aver negoziato con il presidente Dodon che accusano ora di tradimento. Proprio sabato una rete televisiva di proprietà di Plahotniuc ha distribuito più filmati nei quali Dodon conferma di aver ricevuto dalla Russia fino ad un milione di dollari. In un altro video, parlando in russo, Dodon detta il piano per una riforma in chiave federale della Repubblica di Moldova.

Il nuovo ministro degli Esteri moldavo, Nicu Popescu, ha però subito rassicurato in una conferenza stampa affermando che questo “federalismo” non sarebbe affatto all'ordine del giorno: “Piani di riforma federale non saranno realizzati. Avete la mia parola. La maggior parte dei cittadini è contro il federalismo. Anch’io sono fermamente contro. Una riforma federale può essere imposta solo tramite una riforma costituzionale. Ma non è mai esistita una maggioranza  parlamentare che desideri il federalismo”.  Secondo Popescu le autorità di Chișinău continueranno a chiedere il ritiro dell’esercito russo dal territorio moldavo. Dal canto suo il governo guidato dall'esponente del Pdm Pavel Filip - che sembra avere il controllo delle forze dell'ordine - ha approvato ieri il trasferimento dell’ambasciata della Repubblica di Moldova in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme.

La posizione della Romania

La  Romania è intervenuta sulla crisi della Moldavia in modo confuso. Lunedì il ministro degli Esteri romeno Teodor Meleșcanu ha dichiarato che l’unica soluzione erano elezioni anticipate a settembre. Il giorno dopo il ministero degli Esteri ha reso pubblica la propria posizione rispetto alla crisi politica della Repubblica Moldova, sostenendo che la volontà espressa dai cittadini nelle elezioni di febbraio deve essere rispettata. Una posizione che lascia spazio ad un possibile riconoscimento del nuovo governo di Maia Sandu, che non viene però ancora espresso con chiarezza.

Intanto alcuni giornali di Bucarest non hanno risparmiato critiche all’indirizzo dell’oligarca Vlad Plahotniuc, descrivendolo come una persona corrotta, inventata dai servizi segreti romeni, con una tripla cittadinanza moldava, romena e probabilmente russa. La posizione della Romania resta importante. Nella Repubblica di Moldova vivono infatti centinaia di migliaia di persone che hanno la doppia cittadinanza: moldava e romena.