Un'aula scolastica a Chişinău - foto Francesco Brusa

Un'aula scolastica a Chişinău - foto Francesco Brusa

Un reportage dalle classi scolastiche di Chişinău, capitale della Moldavia e Tiraspol, capitale dello stato de facto indipendente della Transnistria. Una situazione complessa, con l'apertura di qualche spiraglio di futuro possibile

17/12/2018 -  Francesco Brusa

"Data la situazione in cui le azioni criminali delle formazioni anticostituzionali nella riva sinistra del Nistru sono culminate nell’occupazione dell’Università Statale di Tiraspol, […] il governo della Repubblica Moldava decide di accettare la proposta congiunta del Ministero della Scienza e dell’Educazione e del rettorato dell’Università Statale di Tiraspol per l’evacuazione provvisoria di questa istituzione presso la città di Chişinău". Con queste parole si apre la dichiarazione ufficiale numero 480 del 9 luglio 1992 da parte del governo moldavo.

Università in fuga

Il documento con cui si spostava nel 1992 l'università di Tiraspol a Chisinau

Il documento con cui si spostava nel 1992 l'università di Tiraspol a Chisinau

L’estate del 1992 è un periodo difficile per la neonata repubblica est-europea: alla complessa gestione del processo di indipendenza, si aggiunge la guerra in Transnistria scoppiata qualche mese prima. Con la fine dell’Unione Sovietica, vengono esacerbate le divisioni linguistiche ed etniche presenti sul territorio sino a un vero e proprio conflitto armato che, di fatto, non troverà mai conclusione se non nel congelamento delle ostilità e nella creazione al di là del Nistru di uno stato indipendente non riconosciuto.

È in questo clima di incertezza e confusione, che altre divisioni vengono a crearsi. Divisioni che, a dispetto di ciò che magari si credeva sul momento, sono destinate a durare. L’“evacuazione” di cui si parla nella dichiarazione ufficiale si rivelerà infatti tutt’altro che “provvisoria”. Se oggi vi capitasse di uscire dal centro della capitale moldava per andare verso il quartiere Buiucani, o per risalire la collina che conduce a Telecentru, trovereste appunto edifici su cui campeggia l’insegna “Università Statale di Tiraspol”. Cosa che potrebbe sembrare curiosa, visto che Tiraspol è la capitale dello stato de facto indipendente della Transnistria ed è collocato 80 km da Chişinău, oltre il confine. Ma, come tanti che non condividevano le spinte separatiste di chi combatteva, anche alcuni professori e alcuni alunni dell’università del capoluogo transnistriano decisero di cercare rifugio nel territorio sulla riva opposta del fiume, dove la situazione così creatasi si è infine cristallizzata allo stesso modo del conflitto.

E, assieme alle sorti dell’Università Statale di Tiraspol, paiono essersi cristallizzate in generale le tensioni presenti all’interno del sistema educativo della repubblica moldava. Quello di professori e alunni che ricreano la propria struttura formativa in un nuovo contesto e in una nuova città è un aneddoto, che però potrebbe essere metaforicamente esteso ad altre circostanze scolastiche e accademiche. L’istruzione primaria e secondaria tutt’oggi riflette infatti le molteplicità linguistiche che caratterizzano la popolazione della repubblica: molte scuole e molti licei di Chişinău utilizzano il russo come unica lingua di insegnamento, così come – specialmente nella regione autonoma della Gagauzia - altre minoranze possono trovare istituti vicini alla propria estrazione culturale.

Educazione sotto sequestro

Ma di gran lunga più controversa è la condizione delle scuole di lingua rumena presenti invece sul territorio della Transnistria. Dopo il conflitto, infatti, alcune strutture educative che si trovavano nell’area controllata dal regime di Tiraspol sono comunque rimaste sotto la giurisdizione moldava, mantenendone dunque idioma di insegnamento e programma educativo. "Ma sono subito iniziati forti problemi per queste strutture", ci dice Pavel Cazacu, consulente legale dell’associazione Promo-Lex, che si occupa in Moldavia e Transnistria della promozione dei diritti umani. "C’era una pressione fortissima da parte del governo separatista sulle autorità locali dei centri in cui erano presenti gli istituti in lingua rumena. Soprattutto nei primi anni 2000 la tensione ha iniziato ad aumentare. Nel 2004 le scuole di Rîbniţa, Bender e Grigoriopol sono state letteralmente assaltate dalla polizia, gli edifici sequestrati, alcune persone arrestate o costrette a lasciare la regione. Perciò genitori e insegnanti si sono rivolti a Promo-Lex, che allora era una piccola associazione agli inizi della propria attività. Abbiamo fatto tutto ciò che era in nostro potere, cercando di portare il caso alla Corte europea".

La “crisi” dell’estate del 2004 assume in effetti una portata sempre più ampia, con il tentativo della Moldavia di isolare commercialmente la Transnistria (che rispose con tagli al rifornimento energetico) nonché con l’interessamento di vari organismi internazionali. Dopo qualche anno la Corte europea si esprimerà sui fatti condannando la Federazione Russa, chiamata in causa dato il suo storico supporto alla regione separatista, per mancata garanzia del diritto all’istruzione (è il cosiddetto “Catan case”), decisione che consentirà infine una relativa stabilizzazione dei rapporti e delle attività educative.

Un liceo di lingua russa a Chisinau - foto di Francesco Brusa

Un liceo di lingua russa a Chisinau - foto di Francesco Brusa

Ma come mai la scelta del rumeno per l’insegnamento ha creato tensioni così forti? È evidente che la questione linguistica veicola con sé molte altre problematiche. "Inizialmente le pressioni riguardavano lingua, che in qualche modo si voleva proibire in tutto il territorio della Transnistria. Dopodiché le attenzioni del governo separatista si sono concentrate sui libri di testo, che comunque arrivavano dalla Moldavia", spiega sempre Cazacu.

La “battaglia” per il controllo delle istituzioni scolastiche è chiaramente una battaglia anche per il controllo dell’interpretazione degli eventi storici, non da ultimi quelli recenti che hanno visto contrapporsi militarmente le due sponde del Nistru. A complicare il quadro, poi, c’è il referendum del 2006 in cui la maggioranza dei cittadini dello stato de facto si è espressa in favore di una possibile annessione alla Russia. A seguito di tale referendum, infatti, il sistema educativo della Transnistria è stato praticamente uniformato a quello della Federazione russa, creando non poche complicazioni burocratiche per chi invece studiava in strutture facenti riferimento a Chişinău.

Nuovi accordi di collaborazione

Più che rispetto al passato, e alle sue controverse interpretazioni, però, la questione dell’educazione andrebbe forse analizzata in relazione al futuro. Il percorso formativo scelto da ciascuno è anche espressione delle sue aspirazioni e delle sue speranze. "Quando mi sono iscritta a scuola, non conoscevo una parola di rumeno", ci racconta Cristina, che ora vive a Tiraspol e ha studiato in una scuola moldava sul territorio transnistriano. "Mio padre ha origini bulgare, e conosce solo il russo mentre mia madre è moldava. È stata lei a decidere che dovessi frequentare la scuola “Alexander Cel Bun”, e lo ha fatto perché desiderava che il mio futuro fosse connesso all’area rumena e all’area europea". Dopo il liceo, infatti, Cristina ha completato gli studi universitari a Cluj-Napoca. "In generale, non posso dire di aver subito eccessive discriminazioni. Studiare in una scuola moldava sul territorio della Transnistria è stato difficile più per la lingua che per altro. Ricordo però quando la polizia è arrivata nel 2004: i nostri insegnanti hanno avuto un sacco di problemi e l’istituto si è ritrovato vicinissimo alla chiusura. Ma la determinazione della nostra direttrice, che ha convinto e coinvolto anche noi studenti e i nostri genitori, è riuscita a salvare la scuola. Abbiamo fatto sentire il nostro punto di vista, per cui si trattava di un nostro diritto poter ricevere quel tipo di educazione".

L’istituto che si frequenta per la propria formazione, ma soprattutto la lingua in cui avviene l’insegnamento, possono rivelarsi determinanti per i percorsi successivi. La decisione con cui tanti difendono le scuole moldave nel territorio della Transnistria, la disponibilità di genitori e alunni per coprire alcune spese anche di tasca propria, sono probabilmente anche il segno di come molti cittadini della regione separatista si immaginano un futuro che possa comprendere l’Europa nelle loro scelte.

Ad ogni modo, oggi sono stati compiuti importanti passi in avanti verso una maggiore armonizzazione del sistema educativo. Il novembre 2017 Moldavia e Transnistria hanno firmato una serie di accordi di collaborazione, alcuni dei quali riguardano proprio l’istruzione. Il regime di Tiraspol si impegna infatti ad assicurare il “corretto funzionamento” delle scuole in lingua rumena presenti sul proprio territorio. Bisognerà vedere quanto le due parti riusciranno a rispettare le promesse fatte, oppure se l’educazione verrà ancora una volta usata da pretesto per conflitti di altra natura. Intanto, questi accordi suonano comunque come una rassicurante “campanella di intervallo”.