Chişinău

Chişinău, veduta invernale (flickr/inyucho)

Migliaia di persone di nuovo in piazza nella capitale Chişinău. È l’ennesima protesta dalla scorsa primavera. Intanto la polizia ha arrestato i componenti di un presunto gruppo paramilitare separatista filorusso

11/12/2015 -  Danilo Elia

A fine novembre, negli stessi giorni in cui i moldavi tornavano in strada a Chişinău e in altre città del paese per manifestare contro la corruzione e il malgoverno, le forze di sicurezza facevano sapere di aver eliminato una cellula paramilitare che stava organizzando una rivolta separatista filorussa.

I 15 arrestati avevano in programma, secondo fonti della polizia, di attaccare sedi di istituzioni nella capitale e liberare detenuti nel penitenziario della città di Bălƫi per destabilizzare il paese e dare vita a uno stato separatista filorusso, la repubblica di Budžak, simile a quelle di Donetsk e Luhansk nell’est dell’Ucraina. “Con le loro azioni speravano di reclutare più uomini, soprattutto tra i detenuti, e attaccare le abitazioni di membri del governo”, ha dichiarato il capo della polizia Gheorghe Cavcaliuc. “Un membro del gruppo paramilitare è un cittadino di etnia russa proveniente dal Donbass, mentre un altro è un agente della dogana russa”.

“È un gruppo armato simile a quelli in azione a Donetsk e in Crimea”, ha detto l’ex vice ministro degli Interni, Gennady Cosovan. “Sono una combinazione di ex militari e criminali che vogliono destituire il potere in Moldavia”.

Le forze di sicurezza tenevano d’occhio il gruppo già da ottobre, da quando il cosiddetto parlamento popolare di Bessarabia, un’organizzazione separatista attiva in Ucraina a Odessa e al confine con la Moldavia, aveva annunciato di voler creare la repubblica di Budžak. La Bessarabia è una regione storica che coincide con l’attuale Moldavia – inclusa Transnistria – e quella porzione di Ucraina stretta tra il delta del Danubio e il Mar Nero, la Budžak appunto. Il progetto separatista avrebbe come obiettivo di riunire quest’ultima alla Găgăuzia, la regione turcofona e filorussa nella Moldavia del sud, che già in passato ha manifestato intenzioni separatiste.

Rischio “ucrainizzazione”

Le manifestazioni e gli arresti non sono in relazione. Ma la coincidenza temporale degli eventi mette in evidenza il rischio di “ucrainizzazione” della Moldavia.

Il paese ha fatto nell’ultimo anno importanti passi verso l’Europa, e le elezioni di novembre 2014 hanno dato vita a governi europeisti, nonostante la buona affermazione del Partito socialista, fortemente antieuropeo e filorusso e prima forza politica.

Ma il voto uscito dalle urne non è stato in grado di garantire un governo solido. Il primo ministro Chiril Gaburici, succeduto a Iurie Leancă, si è dimesso a giugno scorso e Valeriu Streleƫ che ne ha preso il posto ha dovuto mollare dopo appena tra mesi per una mozione di sfiducia proposta da comunisti e socialisti. La coalizione di partiti filoeuropei non ha saputo finora attuare le riforme politiche ed economiche per aumentare la trasparenza e bloccare la corruzione e che potrebbero favorire anche il percorso di Chişinău verso Bruxelles. Anzi, si è impantanata in quello che viene ormai chiamato “il furto del secolo”, la sparizione di un miliardo di dollari dalle casse delle prime tre banche moldave.

A partire dalla primavera scorsa non si contano le occasioni in cui decine di migliaia di moldavi sono scesi in piazza per protestare, fino alla tendopoli davanti al palazzo del governo e alla grande manifestazione di settembre con 100mila persone a chiedere le dimissioni di tutto l’establishment. In molti hanno parlato di una Maidan Moldava, per le similitudini con la rivoluzione di Euromaidan in Ucraina.

E del resto le analogie non si fermano qui. La Moldavia ha già la sua Crimea nella Transnistria, di fatto controllata dalla Russia, mentre rischia di avere il suo Donbass in altre regioni a forte presenza di popolazione di etnia e lingua russa.

In un contesto così incerto, la Russia può giocare le sue carte per far tornare la Moldavia nella sua orbita.

La mano di Mosca

Proprio come in Ucraina durante i mesi di Euromaidan, le proteste in Moldavia sono la conseguenza diretta della frustrazione di un popolo impoverito da una corruzione endemica e da una classe politica arrogante. Lo scandalo del miliardo di dollari e la conseguente reazione della casta sono la prova che il cambio dei governi, anche europeisti, non è stato accompagnato da un vero ricambio della classe politica.

Alla stessa maniera, le proteste non hanno niente a che vedere con le divisioni etniche e linguistiche del paese, né con le spinte separatiste che di tanto in tanto riemergono. I manifestanti sventolano bandiere moldave accanto a quelle dell’Unione europea, chiedono lotta alla corruzione, fine del potere degli oligarchi ed elezioni anticipate.

E proprio le elezioni, più che le tensioni separatiste, possono lasciare spazio sufficiente alla Russia per condizionare le sorti moldave. I partiti filorussi, socialisti in primo luogo, potrebbero riuscire a guadagnare la maggioranza dei seggi, a cui sono molto vicini. La sospensione del partenariato orientale da parte dell’Ue ha fatto svanire l’appoggio economico dell’Europa. La Russia potrebbe trarne vantaggio offrendo alla Moldavia la riapertura del maggior mercato per le proprie merci, ora precluso dal blocco delle importazioni voluto da Mosca. E, in ultima analisi, non si può escludere un ingresso nell’Unione economica eurasiatica, fortemente voluta proprio dai socialisti. Durante l’ultima campagna elettorale, le città erano state tappezzate di cartelloni con la foto di Igor Dodon, capo del partito, in compagnia del presidente russo Vladimir Putin. Lo slogan scritto sotto diceva inequivocabilmente “Insieme alla Russia”, in romeno e russo.

Del resto, già in occasione della scorsa campagna elettorale erano emerse chiare le manovre russe per condizionare il voto: il partito Patria di Renato Usatii, un uomo d’affari di origini moldave ma formatosi in Russia, era stato bandito dalla competizione elettorale con l’accusa di aver ricevuto fondi da Mosca. La prova era in un’intercettazione audio in cui lo stesso Usatii ammetteva di rispondere agli ordini dell’Fsb, il servizio segreto russo. In un tale scenario, il futuro della Moldavia appare ancora incerto.