Una lettera aperta di Amnesty International al presidente della Repubblica del Montenegro Filip Vujanovic ed al premier Milo Dukanovic, con la quale si pone l'accento sul rispetto dei diritti umani
Amnesty International, 3 luglio 2006; Le Courrier des Balkans, 6 luglio 2006 (tit. Orig.: Monténégro: encore un effort pour le respect des droits de la personne).
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta.
In occasione dell'ammissione del Montenegro nelle Nazioni unite, Amnesty International chiede con forza al presidente della Repubblica del Montenegro Filip Vujanovic ed al premier Milo Dukanovic di approfittare dell'indipendenza recentemente acquisita per migliorare la situazione dei diritti umani.
«In qualità di più recente Stato membro delle Nazioni unite il Montenegro deve conformarsi ai suoi obblighi internazionali e rispettare e proteggere pienamente i diritti umani di tutte le persone che si trovano sul suo territorio», ha dichiarato Nicola Duckworth, direttrice del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.
«Contemporaneamente le autorità del Montenegro devono affrontare la questione delle passate violazioni dei diritti umani e rispettare gli obblighi internazionali di uno Stato membro delle Nazioni unite, in particolare rintracciando ed estradando tutte quelle persone incriminate dal Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, che si ritiene si trovino in territorio montenegrino o che vi si possano recare - tra cui i serbi bosniaci Radovan Karadzic e Ratko Mladic».
Amnesty International richiama il presidente ed il primo ministro del Montenegro a prendere delle misure concrete al fine di rispondere alle sfide più pressanti con cui il paese si confronta in materia di diritti umani, ivi comprese quelle che trovano la loro origine nella storia recente del paese: i crimini di guerra impuniti e l'esigenza di giustizia per le vittime e le loro famiglie fanno parte di queste sfide.
Non ci dovrebbero essere impunità per le violazioni del diritto internazionale umanitario e relativo ai diritti umani imputate alle autorità montenegrine o a unità montenegrine dell'esercito jugoslavo. Amnesty International si inquieta per esempio perché non ci sono stati procedimenti legali intentati dalle autorità contro le persone sospettate di essere responsabili dell'arresto, seguito da «sparizione» di circa 83 musulmani bosniaci, che si ritiene siano stati «deportati» nel 1992 dal Montenegro verso quella che allora era la Repubblica di Bosnia-Erzegovina.
«I familiari di questi "scomparsi" hanno il diritto di sapere cos'è stato dei loro cari. Le vittime e i congiunti delle persone decedute hanno il diritto di vedersi rendere giustizia nel più breve tempo possibile, e senza restrizioni ottenere un risarcimento», ha dichiarato Nicola Duckworth.
Casi di tortura rimasti impuniti
Amnesty International richiama inoltre le autorità a regolare la questione dell'impunità di cui continuano a beneficiare gli agenti di Stato responsabili di torture e maltrattamenti. I numerosi episodi di torture e maltrattamenti perpetrati da poliziotti nella regione del Sangiaccato, in particolare nel corso degli anni 1992-95, illustrano bene il clima d'impunità che regna per questo tipo di violazioni e la mancanza di volontà da parte delle autorità di porvi fine. Non c'è stata, fino ad oggi, alcuna inchiesta approfondita ed imparziale su queste accuse e i poliziotti presunti responsabili di tali azioni sono tuttora in servizio attivo nella regione del Sangiaccato.
L'organizzazione richiede poi alle autorità di mettere in atto le raccomandazioni del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, che ha stabilito in un recente rapporto che le persone arrestate erano spesso schiaffeggiate e colpite con calci e pugni nei commissariati, al fine di estorcere loro delle confessioni. Alcune persone arrestate avrebbero perfino subìto una esecuzione simulata, con la canna di una pistola infilata in bocca, altre avrebbero ricevuto colpi sulle piante dei piedi.
La questione dei rifugiati
Amnesty International richiama ancora le autorità montenegrine a continuare ad assicurarare la protezione dei più di 8.000 rifugiati, provenienti principalmente dalla Bosnia-Erzegovina e dalla Croazia, e delle più di 16.000 persone, profughi interni del Kosovo, che si trovano in Montenegro. Benché si siano già definiti degli accordi riguardanti il rimpatrio dei rifugiati, l'organizzazione richiama le autorità a continuare ad offrire protezione alle persone trasferite dal vicino Kosovo, principalmente d'origine serba o membri della comunità Rom, almeno finché sia risolta la questione dello status definitivo del Kosovo.
Le persone di ceppo albanese e bosniaco non hanno ancora ottenuto un pieno status di minoranza. Questo non impedisce ai bosniaci, per esempio, di ricevere comunicazioni ufficiali ed educazione scolastica nella loro lingua. Essi sono comunque sempre sottorappresentati nell'amministrazione e nelle compagnie pubbliche. Amnesty International ha espresso una particolare inquietudine riguardo ai Rom (come anche riguardo agli Ashkali ed agli «egiziani», presenti in Montenegro in numero minore), che hanno dovuto fronteggiare un aumento degli attacchi razzisti nel 2005 e si scontrano con una continua discriminazione in materia di accesso all'impiego, ai trasporti, e nei campi della sanità e degli alloggi.
Secondo Nicola Duckworth, «l'indipendenza recentemente acquisita dovrebbe incitare le autorità montenegrine ad affrontare organicamente e fattivamente tutte le questioni relative ai diritti umani. Rispettando i suoi impegni internazionali il Montenegro potrebbe migliorare la sua immagine, proprio nel momento in cui fa il suo ingresso come Stato membro nelle Nazioni unite e nel Consiglio d'Europa».