In Montenegro è grave crisi politica. Di recente il presidente della Repubblica Milo Đukanović ha rifiutato di dare il mandato per formare un nuovo esecutivo al leader di Demos Miodrag Lekić, spingendo per elezioni anticipate. Una mossa che potrebbe valergli l'impeachment
(Originariamente pubblicato da Vijesti, il 25 settembre 2022)
Invece di accogliere la proposta, sottoscritta da 41 deputati del parlamento montenegrino, di conferire a Miodrag Lekić, leader del partito Demos, il mandato di formare un nuovo governo, il presidente del Montenegro Milo Đukanović ha chiesto lo scioglimento del parlamento. La vecchia maggioranza parlamentare [quella formata dopo le elezioni politiche del 2020] ha reagito presentando una mozione di impeachment del presidente Đukanović che lo scorso sabato è stata inserita all’ordine del giorno del parlamento.
Il politologo Predrag Zenović spiega che, pur essendo l’avvio della procedura di messa in stato di accusa del presidente della Repubblica per violazione della Costituzione una prerogativa del parlamento, l’accertamento della sussistenza dell’illecito spetta alla Corte costituzionale. Recentemente però, dopo che uno dei giudici della Corte costituzionale è andato in pensione, è venuto meno il quorum [di tre giudici] necessario affinché la Corte possa deliberare.
“Non so quanto sia realistico aspettarselo, ma è di fondamentale importanza che a breve venga nominato almeno un giudice della Corte costituzionale”, afferma Predrag Zenović.
Alla fine di luglio di quest’anno l’ennesimo tentativo di eleggere nuovi giudici della Corte costituzionale è andato a vuoto perché nessuno dei sedici candidati ha ricevuto un parere positivo di almeno sette (dei tredici) componenti della Commissione parlamentare per affari costituzionali. Quindi, l’intero processo di nomina dei giudici costituzionali è ripartito da capo e, secondo alcuni esperti, nella migliore delle ipotesi durerà fino a novembre. I giudici della Corte costituzionale del Montenegro vengono eletti, tra i candidati selezionati dalla commissione parlamentare, dal Parlamento in seduta plenaria a maggioranza di due terzi dei componenti.
L'opinione degli esperti
Secondo Stevo Vuk, presidente del consiglio di amministrazione dell’Istituto Alternativa e membro del Consiglio della procura, l’elezione dei giudici costituzionali è una questione prioritaria e una precondizione necessaria per il buon funzionamento del sistema giudiziario e politico del Montenegro, e quindi anche per la difesa dei diritti umani e il rafforzamento dello stato di diritto.
Stevo Vuk afferma che l’iniziativa parlamentare di impeachment del presidente della Repubblica è un atto legittimo che riflette la posizione della maggioranza dei deputati riguardo ad una decisione del capo di stato. “Inoltre, se la Corte costituzionale dovesse essere chiamata ad esprimersi sulla questione ed eventualmente riconoscere la sussistenza di una violazione della Costituzione, ciò inciderebbe sulla futura prassi costituzionale in termini di obblighi e comportamenti [degli organi costituzionali dello stato]”, spiega Vuk, precisando che, qualora la Corte costituzionale dovesse constatare che il presidente della Repubblica ha violato la Costituzione, la mozione di impeachment verrà ancora una volta sottoposta al voto del parlamento.
“Quindi, oltre alla decisione della Corte costituzionale, è necessario che la maggioranza dei deputati approvi, per ben due volte, la mozione di destituzione del presidente della Repubblica. Se poi la Corte costituzionale riuscirà a raggiungere il quorum necessario per deliberare, e quindi anche per stabilire se il presidente abbia violato la Costituzione o meno, anche questo dipenderà dai deputati”, conclude Vuk.
Secondo la legge sulla Corte costituzionale, quest’ultima deve pronunciarsi su una mozione di impeachment del presidente della Repubblica entro 45 giorni dall’accoglimento dell’istanza.
Ines Mrdović, direttrice dell’ong Akcija za socijalnu pravdu [Azione per la giustizia sociale], ritiene che le forze politiche promotrici dell’iniziativa di impeachment del presidente Đukanović non siano mosse tanto dalla certezza di riuscire ad innescare un’effettiva svolta, quanto dal desiderio di sfruttare tutti gli strumenti giuridici a disposizione.
Mrdović spiega che il presidente del Montenegro non può sciogliere il parlamento senza un motivo fondato, solo per soddisfare il propri interessi politici. Pertanto se, dopo un’eventuale decisione dell’assemblea parlamentare – peraltro già annunciata dalle forze politiche uscite vincitrici dalle ultime elezioni – di respingere la proposta di scioglimento anticipato del parlamento [presentata dal presidente Đukanović lo scorso 20 settembre e motivata dal fatto che il parlamento, nella sua composizione attuale, non sarebbe capace di esprimere una nuova maggioranza in grado di sostenere un governo], Đukanović dovesse decretare lo scioglimento del parlamento, tale atto sarebbe da ritenersi arbitrario e rappresenterebbe una palese violazione della Costituzione.
“Tuttavia, considerando le attuali turbolenze politiche nel paese e il fatto che Đukanović non ha affidato a nessuno il mandato per formare il nuovo governo, è del tutto possibile che il presidente interpreti in modo ‘creativo’ la norma secondo cui il parlamento deve essere sciolto se non riesce ad esprimere una maggioranza in grado di formare il governo entro novanta giorni dal momento in cui viene per la prima volta proposto un candidato per formare il governo. Quindi, sembra che il Montenegro stia andando verso nuove elezioni anticipate che potrebbero tenersi la prossima primavera e alle quali Đukanović, come anche alle prossime elezioni presidenziali, si giocherà tutto”, spiega Ines Mrdović.
Secondo il politologo Predrag Zenović, le élite politiche, con il loro comportamento irresponsabile in cui gli interessi di partito prevalgono sull’interesse comune, minano le più alte istituzione del sistema giudiziario e politico del Montenegro.
“Innanzitutto mettono in pericolo l’esercizio dei diritto al voto, indugiando sulla nomina dei membri del Consiglio della Magistratura e dei giudici costituzionali, ma anche dimostrando mancanza di senso di responsabilità per quanto riguarda il processo di elezione del governo previsto dalla Costituzione. L’assenza di norme specifiche in materia di elezione e funzionamento del presidente e del governo è conseguenza dell’inerzia istituzionale che ha sempre, sin dall’approvazione della Costituzione nel 2007, giovato alle élite politiche”, afferma Zenović, aggiungendo che sia l’attuale parlamento sia il presidente del Montenegro sono stati eletti democraticamente, quindi, secondo la Costituzione, nessuno dei due può chiedere arbitrariamente un’abbreviazione del mandato dell’altro.
“Quindi, credo che assistiamo ad un’irresponsabilità politica e a pagarne le spese sarà l’ordinamento giuridico e costituzionale, nonché i cittadini del Montenegro”, conclude Zenović.
La mozione di destituzione del presidente Đukanović è stata sottoscritta da 41 deputati del parlamento montenegrino eletti nelle fila del Fronte democratico (FD), del Montenegro unito, del movimento civico URA, del Partito socialista popolare (SNP), del Movimento per il cambiamento (PzP) e del movimento CIVIS.
Il motivo per cui si è deciso di avanzare una richiesta di impeachment di Đukanović risiede nel fatto che il presidente non ha invitato alle consultazioni per la formazione del nuovo governo gli esponenti di alcuni partiti, tra cui il Partito dei lavoratori (RS), il Montenegro unito, ma anche il partito Demos, guidato da Miodrag Lekić, proposto dalla maggioranza parlamentare per formare un nuovo governo.
Le reazioni dei politici
Sabato 24 settembre Marko Kovač, ministro della Giustizia ad interim, ha dichiarato che la Costituzione del Montenegro definisce solo la procedura di nomina del primo ministro dopo la formazione del parlamento, senza prevedere alcuna norma specifica nel caso tale procedura dovesse ripetersi più volte nel corso della stessa legislatura.
Il ministro ha precisato che, in assenza di chiare disposizioni costituzionali che possano indicare una via d’uscita dall’attuale situazione di stallo, deve essere rispettata la volontà, chiaramente espressa, della maggioranza parlamentare, tenendo in considerazione anche il fatto che il parlamento, nella sua attuale composizione, può funzionare senza difficoltà.
Dritan Abazović, primo ministro ad interim e leader del movimento URA, ha dichiarato che il parlamento dovrebbe approvare la mozione di impeachment nei confronti del presidente Đukanović, inviando così un chiaro messaggio politico. Quanto alla possibilità di sbloccare l’attuale situazione di stallo in cui si trova la Corte costituzionale, Abazović ha affermato che si tratta di una questione di cui dovrebbero occuparsi i giuristi.
“Siamo ostaggi di un uomo ormai da trent’anni e ora ci si aspetta da noi che continuiamo ad accettare di essere tenuti in ostaggio. Non credo sia la scelta giusta da fare. Penso che molti partner [del Montenegro], non solo statunitensi, capiscano bene la situazione”, ha dichiarato Abazović in un’intervista rilasciata all’emittente Voice of America dopo il suo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite tenuto lo scorso 23 settembre.
Predrag Bošković, deputato del parlamento montenegrino eletto nelle fila del Partito democratico dei socialisti (DPS) ha invece consigliato al Fronte democratico e ai suoi sostenitori di rinunciare a manipolazioni e tentativi di acuire ulteriormente la situazione di instabilità attraversata dal Montenegro.
La proposta di Đukanović
Il presidente Đukanović ha inviato al parlamento una nuova richiesta di scioglimento anticipato dopo che la presidente del parlamento Danijela Đurović ha rinviato a Đukanović la prima versione della richiesta per una modifica in quanto, secondo il Collegio della presidente del parlamento, non conteneva la descrizione della proposta di Đukanović su cui il parlamento è chiamato ad esprimersi.
Nella nuova proposta di scioglimento anticipato del parlamento, Đukanović ha chiesto la convocazione di una seduta straordinaria del parlamento per il prossimo 30 settembre per discutere della questione.
Ines Mrdović afferma che così facendo Đukanović sta cercando di “tirare fuori l’ultimo asso dalla manica”, ma resta da vedere fin dove arriverà perché il suo partito ormai non gode di un sostegno così ampio come in passato.
“Il fatto che [Đukanović] stia cercando di creare una coalizione quanto più ampia possibile non significa che sia all’apice del suo potere politico. Significa invece che l’indebolimento del suo partito è ormai inarrestabile”, spiega Mrdović, ricordando che la Costituzione prevede esplicitamente che il mandato per la formazione del governo debba essere conferito entro trenta giorni dalla formazione del parlamento, e l’attuale parlamento montenegrino è stata formato il 30 settembre 2020.
“Quindi, anche la formazione dell’ormai ex governo di minoranza è da ritenersi incostituzionale, così come sarebbe incostituzionale la formazione di qualsiasi nuovo governo nel corso dell’attuale legislatura. Le forze politiche hanno violato la Costituzione, stabilendo una regola incostituzionale per cui ogni volta che il parlamento esprime una maggioranza in grado di sostenere un nuovo governo debba essere applicata (o meglio abusata) quella norma che prevede la scadenza di trenta giorni [per la nomina del premier]. Đukanović, che si è sempre tenuto in disparte, senza mai intervenire sulla questione, avrebbe comunque dovuto conferire il mandato al candidato (nella fattispecie a Miodrag Lekić) che ha ottenuto il sostegno della maggioranza parlamentare. Scegliendo di non farlo ha violato la Costituzione”, conclude Mrdović.