Milo Djukanovic si prepara a ritornare sulla scena politica, assumendo il quinto incarico istituzionale della sua carriera, dopo che il premier uscente Zeljko Sturanovic si è dovuto dimettere per gravi problemi di salute
Leader di lungo corso del Montenegro e architetto dell'indipendenza del Paese, Milo Djukanovic, torna ad essere primo ministro.
La decisione dell'ormai premier uscente Zeljko Sturanovic, del 31 gennaio scorso, di dimettersi dall'incarico di primo ministro per gravi motivi di salute, ha aperto la strada alla formazione di una nuova compagine governativa. Il partito al potere, il Partito Democratico dei Socialisti (DPS), ha deciso all'unanimità, il 6 febbraio scorso, di nominare Milo Djukanovic come premier. Questa è stata per Djukanovic la quinta nomina ad un'alta carica istituzionale: considerato che come leader del DPS ha avuto tre mandati come primo ministro, due consecutivi tra il 1991-98 e uno tra il 2003-2006, ed uno come Presidente tra il 1998-2002.
Secondo quanto ha riportato l'emittente B92 il primo febbraio scorso, il Parlamento del Montenegro molto probabilmente confermerà la nomina di Djukanovic durante la seduta straordinaria del 15 febbraio prossimo. "Djukanovic annuncerà l'agenda e le priorità che il nuovo governo dovrà adempiere, e se queste saranno accettate richiederà l'attribuzione del nuovo mandato", ha riportato una fonte del DPS.
Lo stesso Djukanovic ha annunciato dieci giorni fa il suo ritorno sulla scena politica in un'intervista presso la tv Hyatt di Sarajevo, non escludendo la sua nomina a primo ministro qualora "le circostanze lo rendano necessario". Non era nelle mie intenzioni presentarmi come premier, ma non voglio evitare tale responsabilità - ha affermato Milo Djukanovic. "Io sono il presidente del partito e se le circostanze sono tali da richiedere un'altra decisione allora prenderò atto di questo, sono consapevole del fatto che non ho diritto a seguire solo il mio interesse personale", ha concluso.
Nelle prime reazioni i rappresentanti dell'opposizione hanno augurato al premier uscente Zeljko Sturanovic di rimettersi presto, ma allo stesso tempo, hanno criticato il DPS per il loro piano di eleggere il nuovo premier ora che è già iniziata la campagna presidenziale, lasciando la possibilità che il DPS possa trarre vantaggio dall'elezione del premier. Le dimissioni del primo ministro significano anche le dimissioni del governo. Secondo la legislazione, il presidente propone il nuovo premier e lo elegge il Parlamento.
Secondo quanto riporta il quotidiano "Danas" (8 febbraio), Djukanovic ha dichiarato che il suo rientro al posto di premier sarà dedicato al miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini ed anche alla continuazione del processo d'integrazione europea, dopo che lo scorso ottobre è stato ratificato l'Accordo di Stabilizzazione e Associazione con l'UE.
"Quando parlo di qualità della vita penso, prima di tutto, al lato economico, dov'è necessario un miglioramento per le diverse imprese ed investimenti in modo tale che, nel prossimo periodo, elimineremo completamente il problema della disoccupazione e l'aumento di stipendi e pensioni diventerà più dinamico" ha dichiarato Milo Djukanovic.
Djukanovic ha anche aggiunto che tenderà a rafforzare le istituzioni del sistema. "In passato ho mostrato di riconoscere l'importanza della questione e non posso essere in nessun modo di ostacolo allo sviluppo delle istituzioni. Perciò sono sicuro che da qualsiasi posizione, da presidente del partito, da premier o da qualunque altra posizione, compresa quella da cittadino del Montenegro, continuerò a contribuire in modo altruista allo sviluppo delle istituzioni, con la convinzione che questa sia l'unica strada verso lo sviluppo democratico della nostra società", ha dichiarato il futuro premier.
Djukanovic ha rifiutato l'ipotesi che il suo rientro al governo possa sollevare un conflitto d'interessi, per via dei suoi affari privati, spiegando che anche in passato, mentre ricopriva importanti cariche statali, ha sempre cercato di evitare situazioni controverse.
Djukanovic si era dimesso a sorpresa dalla carica di primo ministro dopo la vittoria al referendum per l'indipendenza dalla Serbia nel maggio 2006, sostenendo di aver preso questa decisione perché voleva riposarsi dalla politica e occuparsi dei propri affari. All'epoca Djukanovic diceva di aver concluso la prima tappa della sua carriera professionale e che era il tempo per dare spazio ai più giovani (si tenga presente che Djukanovic adesso ha 45 anni).
Nonostante le sue dimissioni, Djukanovic è rimasto un uomo influente all'interno del Paese, sempre pronto per un eventuale rientro in politica. Secondo quanto riporta "Danas" (08 febbraio) Djukanovic ha moltiplicato la sua fortuna, mentre si manteneva dietro le quinte. Per i media montenegrini, soltanto con le azioni della Prva banka, dove l'azionista di riferimento è suo fratello, Aco Djukanovic, ha moltiplicato di 7 volte il suo capitale.
Secondo l'opposizione, nessuna decisione su progetti importanti del Paese si poteva prendere senza il benestare di Djukanovic, anche se ufficialmente non aveva incarichi di governo. Mentre era fuori dalla scena politica, Djukanovic manteneva dei buoni rapporti a livello internazionale facendosi paladino delle integrazioni euro-atlantiche del Montenegro, ma anche mantenendo rapporti con la Russia.
Ci sono alcuni motivi che potrebbero spiegare il ritorno di Djukanovic sulla scena politica montenegrina.
Prima di tutto, il suo rientro è motivato dalle divisioni all'interno dell'establishment del Montenegro createsi negli ultimi mesi, motivo confermato indirettamente anche dal premier uscente Zeljko Sturanovic: "In questo momento il Montenegro ha bisogno di un governo nel pieno dei suoi poteri", indicando la necessita di una persona forte al posto di primo ministro, nel periodo in cui il Paese si avvicina alle elezioni presidenziali di aprile.
Secondo, il posto di premier darà l'opportunità a Djukanovic di condurre alcuni progetti di privatizzazione a cui sono interessati sia investitori locali che stranieri.
Infine, Djukanovic da anni si trova al centro delle indagini della procura di Bari nell'ambito di una presunta vicenda di contrabbando e traffici illegali. Se venisse accusato, l'immunità diplomatica potrebbe essere una carta importante per il futuro primo ministro.