Una recente inchiesta dell’emittente pubblica tedesca MDR mette in luce di nuovo i danni ambientali causati dalle mini idrocentrali in Montenegro e i connessi affari sporchi nel settore dell'energia prodotta da fonti rinnovabili. I cittadini si uniscono in movimenti di difesa dei fiumi
(Originariamente pubblicato da Euractiv , il primo novembre 2021)
Ormai da una decina anni in Montenegro, così come in altri paesi dei Balcani, alcuni uomini d’affari si arricchiscono costruendo piccole idrocentrali che producono una quantità di energia elettrica irrisoria sul totale della produzione nazionale ma, al contempo, provocano danni irreversibili all’ambiente.
È quanto emerso da un recente reportage intitolato “Affari sporchi nel settore dell’energia verde” realizzato dall’emittente pubblica tedesca MDR. Come spiegano gli autori del reportage, le piccole idrocentrali costruite sui fiumi del Montenegro portano pochi vantaggi e grandi danni allo stato che però continua a incentivare gli investimenti privati nel settore.
Al pari di altri paesi dei Balcani, anche il Montenegro mira a raggiungere una quota rilevante di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, tra l’altro offrendo incentivi agli investimenti privati nel settore, incentivi che vengono finanziati con soldi pubblici. Oltre a fornire finanziamenti agevolati agli imprenditori che decidono di investire nella costruzione di piccole idrocentrali, lo stato acquista, sempre con i soldi dei contribuenti, l’energia elettrica prodotta da questi impianti ad un prezzo prestabilito, superiore a quello di mercato.
“Alcuni uomini d’affari vicini al governo montenegrino hanno capito di poter guadagnare dalla costruzione di piccole idrocentrali e anche la mafia ci ha messo le mani. Così negli ultimi anni in Montenegro, come anche in Serbia, Kosovo e Bosnia Erzegovina, si è assistito al proliferare di piccoli impianti idroelettrici, il cui numero sembra destinato ad aumentare. Il problema è che la costruzione di piccole idrocentrali porta alla distruzione dei fiumi”, spiegano gli autori dell’inchiesta pubblicata dall’emittente tedesca.
Ormai da dieci anni i Balcani sono investiti da una vera e propria ondata di impianti idroelettrici e nessun paese della regione sembra nemmeno prendere in considerazione altre fonti di energia rinnovabile, nonostante dal business del mini-idroelettrico traggano vantaggio solo pochi privilegiati.
Stando ai dati diffusi dal WWF, nel 2020 in Montenegro erano operativi 13 piccoli impianti idroelettrici ed è previsto che nei prossimi anni ne vengano costruiti altri settanta.
Irma Popović-Dujmović, rappresentante di WWF Adria, spiega che la costruzione di piccole idrocentrali incide negativamente sui sistemi fluviali e sulla vita della popolazione locale e che i danni provocati da questi impianti sono di gran lunga superiori ai benefici, considerando che in tutti i paesi dei Balcani la quota di energia elettrica prodotta da piccole idrocentrali è inferiore al 3% della produzione nazionale totale.
“La vita della popolazione locale ne risente fortemente: le persone si vedono private dell’accesso all’acqua necessaria per l’allevamento del bestiame e il territorio perde il suo potenziale turistico. Non si tratta solo di danni economici, ma anche della perdita dell’identità locale. E questo accade soprattutto nelle aree rurali povere dove la bellezza dell’ambiente è una delle poche cose di cui la popolazione locale può ancora godere”, ha dichiarato Irma Popović-Dujmović all’emittente MDR.
Stando alle sue parole, gli abitanti delle aree interessate dalla costruzione di piccole idrocentrali di solito vengono tenuti all’oscuro di questi progetti, venendone a conoscenza solo all’arrivo degli escavatori. Popović-Dujmović cita il caso del villaggio di Kraljska Bara, nel nord del Montenegro, i cui abitanti nell’estate 2020 avevano bloccato i lavori di costruzione di una piccola centrale idroelettrica, fornendo al governo di Podgorica prove dettagliate di tutta una serie di irregolarità commesse nell’ambito della procedura di rilascio della concessione per la costruzione dell’impianto in questione.
Simili iniziative di protesta contro la costruzione di piccole idrocentrali sono state lanciate anche in altri paesi dei Balcani e la scorsa estate a Sarajevo è stata fondata un’organizzazione regionale denominata “Odbranimo r(ij)eke Balkana ” [Difendiamo i fiumi dei Balcani] a cui hanno aderito anche alcune associazioni montenegrine.
Le mobilitazioni per la difesa dei fiumi del Montenegro – come si legge nell’inchiesta dell’emittente MDR – sembrano aver sortito qualche effetto, visto che nel 2019 il governo di Podgorica aveva cominciato a revocare le autorizzazioni rilasciate per la costruzione di piccoli impianti idroelettrici, mentre l’attuale esecutivo montenegrino, in carica dal dicembre 2020, aveva promesso di introdurre una moratoria sulla costruzione di nuove piccole idrocentrali, nonché di bloccare i progetti in corso.
Tuttavia, come sottolinea Irma Popović-Dujmović, il governo montenegrino, probabilmente temendo di essere denunciato dagli investitori, continua a indugiare nella revoca delle autorizzazioni rilasciate per la costruzione di piccoli impianti idroelettrici, un comportamento che di certo non contribuisce a rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.