I loro obiettivi sono ancora molto lontano dall'essere raggiunti. Ma loro continuano a scendere in piazza da mesi. Forse, in un Montenegro sulla soglia della candidatura Ue, qualcosa sta veramente cambiando
“È ora! Andatevene!”, è questo il grido degli attivisti che da settimane scendono in piazza in Montenegro e che rivolgono al premier montenegrino Igor Lukšić e ai membri del suo esecutivo.
Ogni dieci giorni nella capitale montenegrina Podgorica vi sono manifestazioni organizzate dalla Rete per l’affermazione del settore non governativo (MANS ), l’Unione dei sindacati liberi e l’Unione degli studenti. Migliaia di persone che portano in piazza la loro insoddisfazione per la situazione economica e sociale, ma anche per l’inadeguatezza del governo nel combattere corruzione e crimine organizzato.
I dimostranti sfilano per le strade della capitale montenegrina e si soffermano presso ai cosiddetti "centri del sistema" (la sede della polizia, della magistratura, della tv di stato) urlando frasi contro quello che definiscono "regime". Davanti al palazzo del governo poi i comizi finali, con gli interventi degli organizzatori delle proteste e di alcuni intellettuali indipendenti.
Vanja la coraggiosa
A capo di queste proteste vi è la direttrice di MANS, Vanja Ćalović che secondo i sondaggi è la seconda persona più popolare in Montenegro dopo il presidente della Repubblica Filip Vujanović. La coraggiosa Vanja, grazie ad anni di azioni e di impegno civile, è diventata il simbolo della lotta contro il dilagare della corruzione e la sua MANS è oggi l’Ong più influente del Montenegro. “Vogliamo un governo che lavori per noi e non per i criminali. La libertà non si ottiene in un giorno, bisogna conquistarla”, afferma la direttrice di MANS.
A questi raduni partecipano regolarmente i leader dei partiti di opposizione, mentre i rappresentanti del governo le definiscono una "conferma della maturità democratica del Montenegro”. Se l’ex premier Milo Đukanović, ora leader del principale partito di governo DPS (Partito democratico dei socialisti), ha invitato l’esecutivo a fare di più, il premier Lukšić ritiene che le proteste siano politicamente motivate e che possano mettere in dubbio il percorso europeo del Montenegro.
È veramente poco probabile, però, che Lukšić accolga le richieste dei manifestanti e dia le dimissioni. Perché, nonostante la situazione economica e sociale stia tremendamente peggiorando, con il Montenegro sempre più indebitato, è ormai certo che Podgorica otterrà entro la fine di giugno la data di avvio dei negoziati di accesso all’Ue. E se da un lato sarà un sicuro successo del governo in carica, dall’altro significherà una miriade di nuovi impegni. Il Montenegro sarà tra l'altro il primo Paese ad avviare i negoziati con l’UE coi capitoli 23 e 24, quelli cioè che si riferiscono allo stato di diritto, ossia i problemi cruciali dell’odierno Montenegro.
Le pressioni dell’Unione europea
I funzionari europei, infatti, sostengono che il Montenegro deve realizzare velocemente dei progressi nella lotta alla corruzione e alla criminalità. “Il Montenegro deve dimostrare di saper applicare la legge, in particolare quando si tratta di corruzione ad alti livelli. Lo Stato deve indagare su tutti i casi di corruzione ad alto livello”, ribadisce il commissario Ue all’Allargamento Štefan Füle.
Anche in Croazia del resto è andata così: nessun caso di corruzione ad alti livelli del potere era stato risolto finché l’Ue non l’ha posto severamente come condizione per la piena adesione all’Unione. Füle ed altri funzionari europei stanno infatti già rammentando, e senza mezzi termini, che dopo l’inizio dei negoziati di adesione in Montenegro niente sarà più come prima.
Ma per ottenere qualcosa sembra evidente la necessità di riforme costituzionali a garanzia di un migliore stato di diritto e di indipendenza della magistratura. Ma per farle serve una maggioranza di due terzi del parlamento e l'attuale atteggiamento dell'opposizione di condizionare le riforme ad una serie di richieste estranee alle stesse non sembra che un tentativo - in linea con l'atteggiamento della maggioranza - di mantenere lo status quo. E questo certo non fa piacere all'Ue.
“Solo quando si entrerà più in profondità nelle riforme inerenti lo stato di diritto, per poter rispettare i criteri Ue, allora inizieranno a funzionare le istituzioni”, afferma l’esperto di integrazione europea Davor Gjenero. Secondo l’analista di Zagabria, il Montenegro potrebbe ottenere successi sin dall’inizio del processo, perché i negoziati saranno più semplici di quelli sostenuti dalla Croazia e soprattutto perché davanti al suo cammino europeo non ha nessun Paese confinante che, in quanto membro Ue, vuole bloccarlo.
Ad ogni modo, i problemi centrali del Montenegro sono interni e non certo esterni. Ora una nuova energia ha smosso il Paese con le proteste di strada di lavoratori, studenti e organizzazioni non governative. L'aspettativa è che con una maggiore pressione dell'Unione sul governo di Podgorica questi movimenti possano trovare rappresentanza politica. La speranza è che questi nuovi venti siano in grado di condurre il vascello Montenegro in un porto sicuro.