La Corte di Cassazione italiana ha negato la immunità diplomatica al Primo Ministro Djukanovic, indagato dalle Procure di Napoli e Bari per il traffico di sigarette tra le due sponde dell'Adriatico. I riflessi della decisione della Corte italiana nella stampa montenegrina alla luce del dispositivo della sentenza, che non considera la repubblica un Paese sovrano
Da Monitor, Podgorica, 14.01.05
Traduzione dal francese (Le Courrier des Balkans) per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
La Corte suprema italiana, dopo un'analisi della carta costituzionale dell'Unione di Serbia e Montenegro condotta dagli esperti del Ministero degli Affari Esteri, ha concluso: «Il Montenegro non è uno Stato sovrano (...), il che significa che i suoi organi istituzionali e i membri del suo governo non hanno diritto all'immunità nel diritto penale».
La decisione della Corte, scavalcando l'avvocato di Djukanovic, è stata prima di tutto inviata all'agenzia ANSA che riceve le informazioni esclusive concernenti il caso del capo del governo montenegrino. Questo ha provocato una violenta reazione a Podgorica. L'entourage di Milo Djukanovic nota che questa informazione è stata diffusa subito dopo l'annuncio in Italia che nuovamente il Primo Ministro montenegrino stava facendo decisamente rotta verso l'indipendenza.
«È impensabile che un tribunale straniero metta in discussione la struttura di un altro Stato. Sono i circoli nazionalisti fautori della "grande Serbia" e i loro centri lobbistici all'estero, che sono dietro a tutto ciò. Queste accuse sono state lanciate per l'ennesima volta dagli stessi media, dopo che un nuovo passo è stato fatto verso l'indipendenza. Io sono certo che, anche questa volta, tutto si risolverà in vani tentativi di discreditare i leader e le istituzioni montenegrine», ha dichiarato Miodrag Vukovic, dirigente del Partito Democratico dei Socialisti (DPS), la formazione di Milo Djukanovic.
Branko Lukovac, ambasciatore di Serbia-Montenegro a Roma, pensa che la motivazione della Corte di Cassazione non riguardi solamente il Primo Ministro Djukanovic, ma tutto il governo sotto l'egida del quale l'affare delle sigarette è stato organizzato. «Ciò che è da deplorare, è che il Montenegro sia trattato come una regione, una provincia, più del fatto che un procuratore italiano cerchi, dopo anni, di farsi valere contro il Primo Ministro di un altro Paese», nota l'ambasciatore.
Le inchieste di Bari e di Napoli
Milo Djukanovic è da molto tempo oggetto di una inchiesta a Bari e a Napoli. Nel corso dell'estate 2003, l'agenzia ANSA aveva annunciato che la Procura di Napoli aveva spiccato un mandato d'arresto contro il Primo Ministro montenegrino, in quanto egli avrebbe, in complicità con Paolo Savina, Dusanka Jeknic e Veselin Barovic, «promosso, fondato e diretto una associazione a scopo criminale, il cui fine era il traffico di sigarette dal Montenegro all'Italia e in altri Paesi dove ci sono zone commerciali franche».
I documenti della Procura sono stati molto velocemente inviati alla stampa montenegrina. Il quotidiano Vijesti ha pubblicato in appendice una parte del voluminoso materiale comprovante le collusioni nel traffico di sigarette, come la trascrizione delle conversazioni telefoniche intercettate tra i protagonisti montenegro-italiani sul telefono di Dusanka Jeknic, allora rappresentante commerciale del Montenegro a Milano.
La Procura di Napoli ha accusato direttamente Milo Djukanovic di aver accordato dei permessi ai criminali italiani per il transito delle sigarette, depositate al porto di Bari, ricavando una percentuale sull'affare. Si dice anche che Milo Djukanovic è sospettato dal procuratore di Bari, Giuseppe Selzi, di avere dei legami con la mafia e di essere implicato nel contrabbando di sigarette e nel riciclaggio di denaro sporco.
Un tribunale di prima istanza e la Corte d'Appello italiana avevano in precedenza concluso che Milo Djukanovic non poteva essere perseguito dalla giustizia, poiché godeva dell'immunità. Il processo per traffico di sigarette, senza la presenza di Milo Djukanovic, si è comunque aperto lo scorso ottobre, e la prossima udienza è fissata per la fine del mese di gennaio. Prima dell'inizio del processo, i mandati di cattura spiccati contro Jeknic, Barovic et Branko Vujosevic, menzionati nell'atto d'accusa e considerati i subordinati di Milo Djukanovic, sono stati annullati.
La decisione della Corte di Cassazione ha radicalmente cambiato la posizione del Primo Ministro Djukanovic. Il suo avvocato Nikola Martinovic non è sorpreso dalla sentenza della Corte, perché essa ha osservato strettamente il diritto internazionale. «Nel diritto internazionale, il Montenegro non è un soggetto sovrano, perché ha trasferito la sua sovranità al livello della Unione delle due Repubbliche, per cui la decisione della Corte di Cassazione non rappresenta altro che la conferma di una situazione reale», è il suo commento.
Egli spiega che gli inquirenti italiani possono ora presentare richiesta presso un tribunale italiano, da qui all'estate prossima, per intentare un procedimento giudiziario contro il Primo Ministro montenegrino. «Se ciò dovesse avvenire, Milo Djukanovic dovrebbe ricevere una convocazione per un'udienza, oppure il tribunale italiano potrebbe fare richiesta che sia condotto un interrogatorio davanti a un tribunale locale. In caso di non cooperazione, il tribunale italiano può emettere un mandato di cattura - che non obbliga il Montenegro, poiché quest'ultimo non può estradare i suoi propri cittadini davanti a tribunali stranieri».
Naturalmente, benché irrevocabile, la decisione della Corte di Cassazione non è una sentenza giudiziaria. Essa dà il via libera agli organi giudiziari, se essi possiedono delle prove, per aprire la procedura contro il Primo Ministro. Secondo il dottor Martinovic, non è un compito facile: «La responsabilità penale di Milo Djukanovic dev'essere provata dal punto di vista della legge montenegrina, dal momento che egli non è incolpato per atti commessi sul territorio italiano. E noi tutti sappiamo che questi affari di sigarette sono stati condotti dalle istituzioni del regime in conformità con le nostre leggi».
Ciò nonostante, se il tribunale italiano pensa che ci sia un ben fondato motivo perché Djukanovic sieda sul banco degli accusati, non gli restano che due soluzioni, secondo Nikola Martinovic. «Se l'atto d'accusa viene emesso, Milo Djukanovic diventa l'oggetto del procedimento e sta a lui scegliere se sarà presente di persona oppure no. Il procedimento si svolgerà comunque, e la posizione di Djukanovic verso questo processo dipenderà soprattutto dalle valutazioni dei suoi avvocati».
Perché il caso rispunta proprio ora?
Il presidente del consiglio del Gruppo per i Cambiamenti, Svetozar Jovicevic, non può fare a meno di pensare che questo caso venga imbastito oggi nell'intenzione di ostacolare il percorso del Montenegro verso l'indipendenza. «Quale che sia il risultato, le notizie dall'Italia hanno una influenza negativa sulla situazione politica interna e sugli sviluppi a livello internazionale. Le cose non sarebbero così incerte se noi stessi avessimo chiuso i nostri vecchi conti, e se ci fossimo occupati di quelli che hanno abusato del traffico delle sigarette per arricchirsi dall'oggi all'indomani, e che ora con questi soldi dettano la situazione economica e politica del Paese», dice.
Vuksan Simonovic, alta responsabile del Partito Socialista Popolare (SNP, all'opposizione) ha così commentato la situazione : «Chiunque abbia a cuore il Montenegro e la sua reputazione non può essere indifferente davanti a questa decisione. Per questo Djukanovic deve immediatamente presentare le sue dimissioni e comparire davanti alla giustizia italiana, se egli è innocente come da anni afferma». Vuksan Simonovic ha sottolineato che una buona parte delle dichiarazioni e dei risultati provenienti dai documenti della Procura italiana, la cui opinione è stata resa nota, concordano con quelli della Commissione d'inchiesta parlamentare di cui egli era presidente. «Io penso prima di tutto alla creazione della società MTT che era la coordinatrice dell'affare delle sigarette e che è stata fondata personalmente da Djukanovic, cosa che è stata provata dalla Commissione. È evidente che enormi quantità di sigarette dal Montenegro sono finite in Italia e in altri Paesi dell'Unione Europea, il che ha causato perdite fiscali nei loro bilanci, ammontanti a sei miliardi e mezzo di dollari».
Il Primo Ministro Djukanovic ha respinto a più riprese queste accuse come inesatte e tendenziose, affermando che il commercio delle sigarette in Montenegro si è svolto conformemente alla legge. Milo Djukanovic aveva precedentemente dichiarato che egli era pronto a far fronte alle accuse dell'Italia.
L'epilogo dell'affare delle sigarette non deciderà solo la sorte di Djukanovic. Guidato dalle circostanze, Milo Djukanovic si è messo alla testa degli indipendentisti montenegrini, e il destino di questo progetto dipende in gran parte dalla sua persona. Ciò riflette tutta la fragilità del progetto nazionale montenegrino, la cui realizzazione è rinviata da anni, a causa delle pressioni e dei ricatti esercitati contro i dirigenti del Montenegro.