Mentre si stringe sempre più lo spazio di manovra del vecchio potere, incarnato nella figura del presidente montenegrino Milo Đukanović, non mancano i colpi di coda, compreso un invito esplicito alle forze dell’ordine di disubbidire ai superiori
Il cerchio si sta stringendo lentamente, ma inesorabilmente, intorno al presidente del Montenegro Milo Đukanović. Il suo Partito Democratico dei Socialisti del Montenegro (DPS), dopo la sconfitta alle elezioni dell’anno scorso, comincia a perdere il controllo dell’apparato statale, che garantiva all’entourage di Đukanović l’impunità, la protezione dalle indagini, la posizione privilegiata per ottenere gli appalti pubblici e i finanziamenti e le mani libere per la corruzione.
Il nervosismo tra le fila del presidente è alle stelle. Il suo consigliere per la sicurezza Veselin Veljović ha esortato i militanti, in un editoriale del 15 agosto pubblicato dal quotidiano Pobjeda, a impedire l’intronizzazione del metropolita Joanikije a Cetinje. Nello stesso pezzo ha invitato i poliziotti e gli agenti dei servizi a disobbedire agli ordini dei superiori.
Nelle ultime settimane la maggioranza parlamentare è riuscita a trovare un accordo per formare il consiglio di amministrazione della TV pubblica e di scegliere il nuovo direttore generale, creando presupposti per sottrarre il controllo della RTCG dalle mani di Đukanović.
In seguito è stato raggiunto un compromesso per creare il nuovo Consiglio nazionale della magistratura inquirente. Si tratta della mossa più importante, finora, della nuova maggioranza nel processo del depotenziamento del regime precedente, perché il Consiglio sceglie il procuratore generale e il capo della procura speciale per la lotta alla criminalità organizzata, corruzione, terrorismo, i crimini di guerra.
Negli anni precedenti i due ruoli più importanti della magistratura montenegrina sono stati occupati da Ivica Stanković e Milivoj Katnić, magistrati fedelissimi a Milo Đukanović. Sono stati gli architetti del processo montato, noto come “Il colpo di stato”, in cui hanno accusato falsamente i leader dell’opposizione montenegrina di alto tradimento e del tentativo di realizzare un colpo di stato.
La terza tegola per Đukanović e la sua famiglia è il cambio al vertice dell’Elektroprivreda Crne Gore (l’ente nazionale per l’energia elettrica). L’Elektoprivreda è il secondo maggior azionista della “Prva banka” (la banca della famiglia Đukanović) e di diritto ha due posti nel consiglio di amministrazione della banca e quindi la possibilità di chiedere la visione di tutti i documenti della banca. In altre parole, i rivali del presidente del Montenegro avranno la possibilità di controllare direttamente tutti gli affari e le transazioni della famiglia Đukanović negli anni precedenti.
La quarta grana per Đukanović è la perdita del resort e della sua spiaggia preferita sul litorale montenegrino, ovvero la famosa residenza della famiglia reale Karađorđević che è stata confiscata dal regime comunista dopo la Seconda guerra mondiale e non è mai stata restituita ai legittimi proprietari.
Per assicurarsi la “privacy” Đukanović, violando le leggi, non ha solo chiuso la Kraljičina plaža (Spiaggia della regina) per il pubblico, ma anche il parco di Miločer e Sveti Stefan, impedendo ai comuni mortali l’accesso al mare, inclusi i residenti del posto.
Il leader del DPS non potendo imporre le sue regole al nuovo governo e alla giunta locale, ha iniziato una campagna mediatica accusando i suoi avversari di voler distruggere il turismo di lusso e di aprire la costa montenegrina al turismo di massa. Đukanović e i suoi collaboratori e i media che tiene sotto il controllo hanno usato un linguaggio offensivo e sciovinista bersagliando i turisti della Serbia e della Republika Srpska (l’entità di Bosnia Erzegovina) definendoli “tomato turisti”.
È stato evidente anche un tentativo dell’ex regime di sabotare in ogni modo la stagione turistica, seguendo la massima: tanto peggio, tanto meglio. Non va dimenticato che l’industria del turismo vale più di un quarto del prodotto interno lordo del Montenegro.
Al DPS e Đukanović non conviene tornare alle urne, come del resto a quasi tutti i partiti parlamentari, visto che i sondaggi dimostrano che non ci sarebbero grandi cambiamenti per quanto riguarda gli equilibri tra le forze nel parlamento. Il DPS rimane, singolarmente, il partito più forte con il 28 per cento di supporto nell’elettorato, ma sempre lontano dalla maggioranza pur includendo i partiti delle minoranze etniche, nella distribuzione dei seggi parlamentari. Per questo motivo, l’obiettivo di Đukanović è seminare instabilità politica e logorare i consensi delle coalizioni che compongono la maggioranza attuale.
Il partito che ha governato per 30 anni il Montenegro ha un altro motivo per tenere alta la tensione: il censimento. La questione dell’appartenenza etnica, linguistica e religiosa è molto sensibile in Montenegro, specialmente tra quelli che si dichiarano montenegrini etnici e serbi. Secondo le leggi attuali il censimento dovrebbe avere luogo entro la fine di quest'anno e sarebbe il primo censimento non controllato dal regime di Đukanović.
I partiti delle minoranze che solitamente seguono le posizioni del DPS quando si tocca l’argomento del censimento si schierano con i partiti filoserbi. I partiti della minoranza bosgnacca sono particolarmente agguerriti sulla questione del censimento. Il motivo è molto semplice, fino all’ultimo censimento si dividevano in due gruppi: bosgnacchi e musulmani. Ora, per la prima volta, si sono messi d’accordo per dichiararsi tutti bosgnacchi e stando ai risultati precedenti, dovrebbero ottenere una percentuale a doppia cifra. Gli albanesi sono scesi per la prima volta sotto il 5 per cento all’ultimo censimento e vogliono tornarci.
In questo contesto è particolarmente grave il già citato editoriale del consigliere del presidente del Montenegro, nonché ex capo della polizia, Veselin Veljović sulle pagine del quotidiano Pobjeda. Veljović ha spronato i cittadini del Montenegro ad andare a Cetinje all’inizio di settembre per impedire la cerimonia formale dell’intronizzazione del nuovo metropolita del Montenegro e del Litorale Joanikije. Si ipotizza anche che Veljović sia alla guida del gruppo paramilitare chiamato “Komite”.
A parte linguaggio pregno d’odio nei confronti dei cittadini che non sono montenegrini secondo i parametri di Đukanović, è particolarmente preoccupante l’invito di Veljović ai poliziotti e agli agenti dei servizi segreti e di sicurezza di non obbedire agli ordini del governo e del ministro.
Il presidente Đukanović in una delle interviste dopo la sconfitta del suo DPS alle elezioni parlamentari aveva annunciato guerriglia e resistenza anche nei boschi e nelle montagne contro la nuova maggioranza. Il suo consigliere per la sicurezza nell’editoriale pubblicato da Pobjeda non ha usato la parola guerra, ma una frase in voga tra i comunisti jugoslavi: "La situazione attuale richiede una risposta ampia della società".
La scelta del momento e del posto non è casuale. La vecchia capitale del Montenegro è l’unica città in cui il DPS ha ancora una maggioranza schiacciante, mentre la Chiesa ortodossa serba è il bersaglio preferito dei seguaci di Đukanović.