E' la rivelazione della recente tornata elettorale. In pochi mesi "Pozitivna Crna Gora" è diventato un partito ed ha ottenuto 7 seggi al parlamento montenegrino. I suoi elettori sono in prevalenza giovani. Nostra intervista con Dritan Abazović, membro della presidenza del partito, editorialista e politologo
Come giudica i risultati delle elezioni politiche di domenica 14 ottobre?
Queste elezioni rappresentano una chance unica per il Montenegro. Per la prima volta, da quando nel paese è stato introdotto il multipartitismo, esiste la possibilità di un cambiamento democratico al vertice dello stato. Il Montenegro, dalla fine del sistema socialista, avvenuta 23 anni fa, è dominato da un unico partito: siamo l'unico paese dell'area a non aver ancora completato la transizione verso la democrazia.
Pozitivna Crna Gora, pur presentandosi da pochi mesi come partito politico, è riuscita ad assicurarsi un posto importante nel parlamento di Podgorica. Missione riuscita?
L'obiettivo di Pozitivna Crna Gora (PCG) era quello di farsi largo nel corpo elettorale del Partito democratico dei socialisti, per far sì che la coalizione che ruota intorno al partito di Milo Đukanović non riuscisse ancora una volta a raggiungere la maggioranza assoluta. E ci siamo riusciti. La situazione emersa dalle urne forse non è ideale, ma per la prima volta assistiamo ad un cambiamento di paradigma. Ora ci saranno negoziati politici, e la nostra speranza è che questi possano portare ad un cambiamento democratico dell'attuale regime politico. La proposta di PCG è che questo avvenga non con una coalizione delle forze di opposizione, troppo eterogenee dal punto di vista ideologico e politico, ma attraverso un governo di transizione di minoranza.
Quali sarebbero i compiti assegnati a questo governo di transizione?
Il governo avrebbe un mandato limitato, un anno o diciotto mesi, con tre chiari obiettivi: de-politicizzazione della società montenegrina, lotta alla corruzione e la criminalità organizzata e accelerazione del processo di integrazione europea. La naturale conclusione del governo sarebbero le prime elezioni davvero libere e democratiche nel paese. Fino ad oggi, i cittadini non hanno mai potuto esercitare fino in fondo il proprio diritto alla scelta libera dei propri rappresentanti: rimangono problemi irrisolti, pressioni indebite, compravendita di voti. La situazione è particolarmente complicata per chi lavora nell'amministrazione pubblica e nelle aziende statali. Non a caso, i settori da cui proviene la maggior parte dei voti per la coalizione di governo.
Un anno sarebbe sufficiente per cambiare davvero le carte in tavola?
Un anno non è sufficiente ad un cambiamento radicale, ma secondo noi sarebbe abbastanza per iniziare a decostruire l'attuale sistema di potere, eredità diretta del regime mono-partitico. I cittadini, in Montenegro, percepiscono ancora “lo stato” e “il partito” come due elementi indivisibili di una stessa realtà: un modello semi-autoritario, inaccettabile in prospettiva di sviluppo democratico e integrazione europea. L'anno, anno e mezzo senza l'attuale esecutivo al potere, metterebbe i cittadini del Montenegro nella possibilità di scegliere la propria classe politica secondo coscienza e non sotto dettato della coercizione.
A oggi, però, sembra quasi certa la formazione di una maggioranza formata dalla coalizione “Montenegro europeo” insieme ai partiti delle minoranze etniche...
Questo è lo sbocco più probabile, anche perché la coalizione di Đukanović ha bisogno di solo due voti per arrivare alla maggioranza in parlamento. Moltissimo dipende ora dalle decisioni prese dai partiti che rappresentano le minoranze. Se questi rinunceranno a dare carta bianca all'esecutivo, a mio modo di vedere il principale responsabile dell'insufficiente rispetto dei diritti delle minoranze nazionali in Montenegro, insistendo invece per un vero cambiamento di rotta da parte del governo, credo saremmo di fronte ad un cambiamento importante. Vista la posizione di debolezza che la piattaforma avrebbe nei confronti di Đukanović, però, sono piuttosto pessimista.
Pozitivna Crna Gora è pronta a collaborare con le altre forze di opposizione?
Noi siamo aperti e pronti a collaborare con altre forze politiche, e credo che oggi, con i risultati di queste elezioni, si siano aperti spazi di manovra e dialogo nuovi. Prima ancora di trasformarsi in movimento politico, PCG ha però messo in chiaro che poniamo alcuni principi fondamentali alla base dei futuri i rapporti con altre formazioni, siano queste al governo o all'opposizione. PCG non collaborerà con chi è sospettato di rapporti con la criminalità organizzata, né con chi non è pronto a prendersi piena responsabilità di reazione all'attuale grave situazione economica e sociale. Situazioni che riguardano soprattutto l'attuale classe di governo. Al tempo stesso, e mi riferisco stavolta principalmente alle forze di opposizione, non collaboreremo con chi non rispetta la costituzione e i simboli dello stato, con chi non riconosce l'indipendenza del Kosovo e con chi si oppone al percorso di integrazione euro-atlantica, e al futuro ingresso del Montenegro nella Nato.
In Montenegro c'è ampio consenso sul prossimo ingresso del paese nell'Unione europea, ma un dibattito acceso sulla possibile membership nella Nato. Perché PCG è a favore dell'ingresso nell'Alleanza atlantica?
Siamo convinti che, per un paese di appena 650mila abitanti come il nostro, far parte del sistema di sicurezza collettiva della Nato sia il sistema più efficace ed economicamente sostenibile per assicurare la difesa al Montenegro. Visto anche il recente e problematico passato nei Balcani, una scelta di neutralità ci isolerebbe e sarebbe pericolosa sul lungo periodo.
Secondo i dati a vostra disposizione, chi ha votato per Pozitivna Crna Gora?
Per PCG hanno votato gli elettori di orientamento civile di tutti i gruppi etnici presenti nel paese, chi vuole un cambiamento reale. Siamo particolarmente soddisfatti perché abbiamo attirato il consenso di una base molto ampia e variegata, sia in termini di affiliazione politico-ideologica che di età. Il partito è andato bene in tutte le aree geografiche del paese: una fetta della società che, nelle nostre speranze, avrà un peso sempre maggiore nel determinare il futuro del Montenegro.
Quali sono i problemi più urgenti che il prossimo governo e parlamento saranno chiamati ad affrontare?
Al primo posto c'è la crisi economica, che si evidenzia in più dimensioni: dalla disoccupazione al crescente disavanzo commerciale, da privatizzazioni altamente controverse all'esistenza di monopoli basati su interessi oligarchici. Ci sono poi il peso di corruzione e criminalità organizzata, il basso grado di professionalità nelle istituzioni, la mancanza di un sistema giudiziario davvero efficiente e terzo. Qualsiasi cambiamento, però, presuppone una chiara volontà politica. Cosa che, al momento, in Montenegro non esiste.
Qual è la vostra visione per il futuro economico del Montenegro?
Noi siamo un partito di centro-sinistra, e chiediamo innanzitutto più responsabilità sociale. I partiti oggi al governo, purtroppo, di sinistra hanno soltanto il nome, e negli ultimi decenni abbiamo assistito a un vero trionfo del neo-liberalismo. Non siamo contro il libero mercato, ma chiediamo un maggiore intervento da parte dello stato. Chiediamo maggiore impegno per i tanti cittadini che, a differenza dei pochi milionari, vivono oggi sulla soglia della povertà, e investimenti per ridurre il distacco tra il sud, relativamente ricco, e il nord povero. Pensiamo si debba puntare alla produzione interna, come nell'agricoltura, perché gli investimenti dall'estero da soli non sono in grado di garantire la crescita nel paese.