Monastero di Ostrog (foto © NICOLA MESSANA PHOTOS/Shutterstock)

Monastero di Ostrog (foto © NICOLA MESSANA PHOTOS/Shutterstock)

In Montenegro la scorsa settimana una celebrazione religiosa, in violazione delle disposizioni per contrastare la pandemia di Coronavirus, è sfociata nel fermo dei sacerdoti e in un successivo conflitto aperto tra cittadini e polizia. Parte dell'opposizione ha sfruttato il fatto per alimentare lo scontro

(Originariamente pubblicato dal quotidiano Vijesti )

Secondo l’attivista Stevo Muk e il leader del movimento civico URA Dritan Abazović, il governo montenegrino e una parte dell’opposizione, in particolare il Fronte Democratico (DF), stanno cercando di acuire le divisioni nazionali e religiose e di provocare scontri all’interno della società montenegrina, allo scopo di ottenere punti politici.

Dal canto suo, il premier e vicepresidente del Partito democratico dei socialisti Duško Marković continua a ripetere che è in corso l’ennesimo attacco allo stato, mentre il leader del Fronte democratico Andrija Mandić minaccia, affermando che non permetterà che il vescovo della Metropolia del Montenegro Joanikije rimanga in carcere.

“Assistiamo all’ennesimo atto politico contro lo stato, contro le istituzioni statali. Assistiamo a comportamenti che mettono a rischio la salute pubblica, con la scusa di difendere i diritti e le libertà religiose. Assistiamo anche ad appelli sfacciati, provenienti dai banchi del parlamento, a violare le misure sanitarie, nonostante tale comportamento metta a repentaglio le vostre vite”, ha dichiarato il premier Marković giovedì 14 maggio in un messaggio rivolto ai cittadini montenegrini.

Lo stesso giorno, durante una seduta del parlamento, Andrija Mandić ha avvertito i deputati del DPS affermando: “Se mandate il vescovo Joanikije nel carcere di Spuž, preparatevi a indossare l’uniforme e a difendere ciò che ritenete giusto”.

I sacerdoti sono stati sottoposti al fermo di 72 ore per aver consentito ai fedeli di partecipare alla celebrazione dell’anniversario della morte di San Basilio di Ostrog, svoltasi lo scorso 12 maggio, violando così il divieto di assembramento introdotto a causa dell’epidemia di coronavirus e tuttora in vigore.

Martedì 12 maggio molti cittadini sono scesi in strada a Nikšić, Berane e Pljevlja per protestare contro la decisione del giudice di respingere la richiesta di scarcerazione dei sacerdoti. Le proteste sono sfociate in scontri con la polizia, con numerosi arresti e feriti sia tra le forze dell’ordine sia tra i manifestanti.

Negli scontri scoppiati martedì sera a Nikšić – durante i quali la polizia ha usato lacrimogeni e granate stordenti, mentre alcuni manifestanti hanno lanciato sassi e bottiglie, sono state arrestate 32 persone, tra cui anche alcuni minorenni. A Pljevlja sono state arrestate 9 persone, ad Andrejevica 5, a Podgorica 3, a Herceg Novi 2, mentre la polizia municipale di Budva ha fatto sapere di aver sanzionato 14 persone per aver organizzato un corteo di auto che ha sfilato per le strade di Budva in segno di protesta contro il fermo dei sacerdoti.

Giovedì 14 maggio la polizia ha lanciato un avvertimento ai manifestanti, affermando che risponderà a ogni forma di violenza. Ha inoltre reso noto che negli scontri a Pljevlja e Nikšić sono stati feriti 26 agenti delle forze dell’ordine. Le proteste organizzate giovedì scorso a Nikšić, Podgorica, Pljevlja e Berane si sono svolte senza gravi incidenti.

Stevo Muk, presidente del consiglio di amministrazione del think thank Institut alternativa di Podgorica, mette in guardia dall’uso di doppi standard da parte del governo montenegrino – una prassi che, stando alle parole di Muk, suscita sentimenti di ingiustizia nei cittadini – e dai rischi derivanti dal ricorso alla violenza fisica come risposta a quella che Muk definisce “violenza legale”.

“Il governo ha approfittato dell’epidemia di coronavirus per allargare i propri poteri, limitare i diritti umani, legittimare l’onnipresenza della polizia e rafforzare l’apparato repressivo. Ogni giorno che passa emergono sempre di più i tratti caratteristici di uno stato poliziesco. Oggi [in Montenegro] nessuno può scrivere sui social network, condividere post altrui, scrivere un editoriale e nemmeno dire in parlamento qualcosa che non piace al governo senza temere di essere arrestato e di finire in carcere”, afferma Stevo Muk.

Muk sostiene che il governo montenegrino ha istituito l’Ente nazionale di coordinamento per le malattie infettive (NKT) in modo illegittimo, violando la costituzione, e che questo ente ha preso il posto delle istituzioni legittime. “E ora [il governo] lo sta usando per raggiungere i propri scopi e obiettivi politici. Oggi è difficile spiegare e giustificare il divieto assoluto di assembramenti nei luoghi pubblici, così come è difficile spiegare perché fin dall’inizio dell’epidemia alcuni imprenditori edili, funzionari del DPS, agenti di polizia e altri individui e gruppi vicini al regime sono stati esclusi dall’applicazione delle misure. D’altra parte, gli arresti, i fermi e le pene detentive [per chi viola i divieti] sono diventati la regola anziché l’eccezione, una regola che però viene applicata in modo molto selettivo, e questo ha ulteriormente minato la fiducia [nelle istituzioni] e rafforzato il senso di ingiustizia nei cittadini”, spiega Muk.

Aggiunge inoltre che la recente decisione di sottoporre al fermo di 72 ore il vescovo Joanikije e altri sacerdoti è uno degli esempi dell’operato illegittimo delle istituzioni statali. “È difficile sottrarsi all’impressione che l’intenzione del governo fosse quella di suscitare malcontento tra i fedeli”, afferma Stevo Muk.

Secondo il leader del movimento URA Dritan Abazović, il DPS e il DF stanno consapevolmente spingendo il Montenegro verso un conflitto.

“Solo in uno stato governato da profittatori di guerra, è possibile condurre una politica così irresponsabile, spericolata e contraria alla costituzione, e questo avviene in un momento in cui il paese è ancora alle prese con una crisi sanitaria globale, l’economia è sull’orlo del collasso, e il turismo si trova ad affrontare la più grande sfida da quando è diventato un importante settore dell’economia [nazionale]. Solo un’opposizione retrograda e nazionalista, che non vuole mai salire al potere, può lasciarsi manipolare da quella stessa élite pronta a sacrificare tutto, persino il sangue dei cittadini, pur di migliorare il proprio rating. E poi ci meravigliamo che siamo diventati, agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, una dittatura soft, anziché un paese democratico”, afferma Abazović, aggiungendo che gli appelli alla solidarietà e all’unità, lanciati dal governo all’inizio dall’epidemia, si sono presto affievoliti.

Il Fronte democratico, in un comunicato stampa, ha affermato che la reazione del governo alle proteste dello scorso mercoledì è una conferma dell’ipotesi secondo cui il Montenegro sarebbe sull’orlo di un conflitto civile. “Il nostro stato ormai da tempo assomiglia ad un regime di apartheid, per via di abusi commessi dalla Direzione centrale di polizia”, si legge nel comunicato del DF.

Il comportamento delle forze di polizia durante le proteste è stato condannato da alcuni partiti di opposizione e da una parte della società civile. Il premier Marković, dal canto suo, ha dichiarato che mercoledì e giovedì scorsi in diverse città del Montenegro si sono verificate massicce violazioni delle disposizione e delle misure di contenimento dell’epidemia di coronavirus, aggiungendo che si tratta di un atto politico contro lo stato e che “la legge deve essere uguale per tutti”.

La reazione di Bruxelles non si è fatta attendere. Come riportato dall’agenzia di stampa MINA, “l’UE invita il governo montenegrino a trovare il giusto equilibrio tra il rispetto della libertà di riunione e di espressione e un’azione proporzionata, ricordando che questo è un valore fondamentale dell’Unione e un elemento chiave del processo di adesione del Montenegro all’UE, soprattutto in questo periodo pieno di sfide”.

Aperta un’indagine per sospetto abuso di potere da parte della polizia

Nel frattempo, il Servizio di controllo disciplinare del ministero dell’Interno ha aperto un’indagine per accertare se negli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, scoppiati nella serata di mercoledì 13 maggio a Nikšić e Pljevlja, gli agenti abbiano fatto ricorso ad un uso eccessivo della forza, ovvero se abbiano commesso un abuso di potere.

Interpellato dai giornalisti di Vijesti, il Servizio di controllo della Direzione centrale di polizia ha affermato che analizzerà anche un video ripreso durante le proteste a Pljevlja in cui si vedono alcuni poliziotti in tenuta antisommossa, con manganelli, che picchiano brutalmente un uomo con pugni e calci.

Oltre al ministero dell’Interno, anche i vertici della polizia municipale di Pljevlja e Nikšić dovranno presentare un rapporto sugli incidenti verificatisi nei giorni scorsi, in cui gli agenti di polizia hanno fatto ricorso alla forza, usando anche gas lacrimogeni e granate stordenti per disperdere i manifestanti. I capi della polizia di Nikšić e Pljevlja dovranno aprire anche un’inchiesta interna sull’operato dei propri agenti per accertare se siano stati commessi abusi di potere durante i disordini.

In un comunicato stampa emesso giovedì 14 maggio, il Consiglio per il controllo civico sull’operato delle forze dell’ordine ha affermato che l’uso di sostanze chimiche da parte degli agenti di polizia durante le proteste a Plevlja è stato giustificato perché i manifestanti hanno lanciato contro di loro sassi, bottiglie e accendini.

Poco dopo la diffusione del comunicato, uno dei membri del Consiglio, Vladimir Dobričanin ha rassegnato le sue dimissioni perché – coma ha affermato – odia la forza che non distingue tra innocenti e colpevoli e ritiene ingiustificato l’uso di sostanze chimiche da parte della polizia.

Violenza della polizia

“A Nikšić i poliziotti fuori controllo hanno picchiato i cittadini. Ho visto con i miei occhi una scena spaventosa: un poliziotto si è avvicinato correndo a un uomo disteso in mezzo alla strada e ha cominciato a picchiarlo brutalmente allo stomaco, poi gli è saltato sopra e ha continuato a correre verso una nuova meta. Ho visto con i miei occhi un poliziotto che si è avvicinato ad un uomo che stava chiedendo tranquillo: ‘Cosa state facendo?’ e gli ha spruzzato negli occhi spray al peperoncino, dopodiché l’uomo è caduto a terra. Ho visto con i miei occhi come Anđela Peković, una ragazza tranquilla ed educata, è stata colpita alle gambe da una granata stordente, dopodiché è caduta. Ho visto con i miei occhi due poliziotti tenere fermo un anziano mentre il terzo lo picchiava. È stata una notte spaventosa”, ha raccontato Momo Koprivica, vicepresidente del partito di opposizione Montenegro democratico (DCG).

“La polizia ha raggiunto l’apice della sua arroganza quando si è rivolta al popolo dicendo: ‘Via di qua, mandria!’; esistono registrazioni audio e video che lo testimoniano. È un comportamento professionale o un comportamento da banditi? Io non ho alcun dilemma al riguardo. Già all’epoca del comunismo autoritario si erano verificati episodi straordinari in cui i poliziotti di Nikšić, ricorrendo a mezzi diplomatici, erano riusciti a placare gli animi dei gruppi contrapposti, delle famiglie, etc. Questo è qualcosa di diverso. [La polizia] ha sfruttato l’attuale situazione per calpestare brutalmente i diritti umani. Nel frattempo, tutti i comitati del DPS lavorano a piena capacità, stilano liste, distribuiscono aiuti di stato, mala gente vede tutto. Che il Montenegro sia uno stato antigiuridico lo testimonia anche il fatto che qui conta solo chi ha fatto qualcosa, e non cosa è stato fatto. Non valgono le stesse regole per tutti. Per i funzionari arroganti del DPS valgono certe regole, per tutti gli altri valgono regole diverse. Il governo ha introdotto limitazioni temporanee dei diritti fondamentali violando la costituzione. Il governo ha colpito i cittadini nei loro sentimenti più profondi, che nessuno ha mai osato toccare. Sono stati arrestati i sacerdoti più amati del popolo, stimati da persone provenienti da tutti i partiti, da tutti i paesi, persone di tutte le religioni. Le notti a Nikšić non sono tranquille perché questa è l’unica città in Europa, e non solo, dove un dignitario ecclesiastico e i suoi sacerdoti sono finiti in carcere”, afferma Koprivica.

Muk: l’UE non capisce bene i rischi o non è interessata ad aiutare

“Il governo gioca apertamente la carta delle divisioni nazionali e religiose, e spesso gode dell’appoggio di alcuni individui, gruppi e partiti estremi che considerano la questione nazionale e religiosa come la questione delle questioni. La violenza fisica non può e non deve essere una risposta alla violenza legale. Pertanto è necessario condannare sia la violenza nei confronti della polizia sia l’uso eccessivo della forza da parte della polizia. Particolarmente deplorevole è la recente affermazione del leader del DF in cui ha invitato [i suoi avversari politici] a indossare divise militari. È l’ennesima dichiarazione di questo tipo che non contribuisce certo a placare le tensioni. Le forze alternative devono usare metodi nonviolenti perché solo così avranno la possibilità di raggiungere un successo. Bisogna sempre tenere a mente che sia gli agenti di polizia che i manifestanti sono, per la maggior parte, disprezzati e privati dei loro diritti, sono i perdenti della transizione, 'la classe operaia' del nuovo ordine sociale ed economico ingiusto”, afferma Stevo Muk.

Stando alle sue parole, “tutti i gruppi sociali e politici, le organizzazioni non governative e i partiti politici devono rafforzare i loro appelli ed esercitare pressione su quelli che detengono il potere politico affinché venga avviato un dialogo al più alto livello su almeno tre questioni che ormai da troppo tempo premono sulla società montenegrina”.

“Questo appello deve essere rivolto anche all’UE, che non capisce bene le sfide e i rischi affrontati da questo paese, oppure non è interessata ad aiutarci, ed è l’unica che può farlo mentre ancora gode di grande fiducia da parte dell’élite politica e dei cittadini montenegrini. Deve essere avviato un dialogo sul sistema giudiziario ed elettorale e sulla creazione delle condizioni per lo svolgimento delle prossime elezioni parlamentari; sulla controversa Legge sulle comunità religiose, e infine su come riportare la lotta contro l’epidemia entro limiti definiti dalle leggi e dalla costituzione. Questo implica che l’opposizione deve trovare un minimo comune denominatore per le sue richieste e che il governo deve scendere a patti e accettare le richieste dell’opposizione. Dobbiamo trovare quello che ci unisce e che potrebbe spingerci ad abbandonare la strada lungo la quale abbiamo perso lo status di paese democratico. Dobbiamo farlo se vogliamo uscire dallo stato di emergenza che, nonostante non sia mai stato proclamato, dura dal 2016, e con l’approvazione della Legge [sulla libertà religiosa] nel dicembre dell’anno scorso e con la crisi sanitaria è solo peggiorato”, spiega Muk.

Amfilohije invita i cittadini a non provocare il governo

Nel frattempo il metropolita montenegrino Amfilohije ha invitato il governo a smettere di abusare dei propri poteri contro il popolo e di processare lui se ritiene che qualcuno deve assumersi la responsabilità per quello che sta accadendo in Montenegro. In un messaggio video Amfilohije a invitato all’amore fraterno di cui, stando alle sue parole, c’è un bisogno urgente. “Se qualcuno deve rispondere dell’accaduto, chiedo a quelli che sono al potere – e lo metterò anche per iscritto in una lettera rivolta al signor presidente e al premier – che sia io a rispondere”, ha dichiarato Amfilohije.

Il metropolita ha inoltre implorato i cittadini di non provocare, con il loro comportamento, il governo e di fare uno sforzo tutti insieme.

Nota

Nella serata di venerdì 15 maggio, poche ore prima della scadenza del fermo di 72 ore disposto nei confronti del vescovo Joanikije e di altri otto esponenti della Metropolia, i sacerdoti sono stati rilasciati, ma il procuratore ha presentato la richiesta di rinvio a giudizio nei loro confronti presso il tribunale di Nikšić.