Il cantiere di una nuova autostrada che collegherà la Serbia alla costa montenegrina sta distruggendo il canyon della Tara. A nulla vale che sia classificato come patrimonio dell'Unesco
(Pubblicato originariamente da Monitor , l'8 febbraio 2019, tradotto e selezionato da Le Courrier des Balkans e OBCT)
Coloro i quali fanno affidamento sui propri occhi piuttosto che sulle dichiarazioni dei politici scopriranno che il canyon del fiume Tara è cambiato notevolmente. "Non vedo cosa ci sia di sbagliato in un progetto di questo genere", ribadisce invece il ministro dello Sviluppo sostenibile Pavle Radulović dopo una visita al cantiere dell'autostrada che passa vicino a questo fiume protetto dall'Unesco dal 1976. "La costruzione dei ponti Tara 1 e Tara 2 segue i dettami del permesso di costruzione", afferma, sottolineando che il lavoro si sta svolgendo in aree del fiume dove è permesso aprire cantieri.
Secondo l'ingegnere e geologo Mihailo Burić, l'autostrada passerebbe molto lontana dal canyon protetto della Tara. Quest'ultimo spiega infatti che la regione è divisa in diverse zone, quella rigorosamente protetta dall'Unesco e un'altra, conosciuta come "di transizione", con un regime di protezione meno rigido, dove è possibile costruire pur rispettando "condizioni rigorose".
Quindici anni fa, una dichiarazione adottata dal parlamento montenegrino assicurava la protezione della Tara rinunciando alla costruzione della centrale idroelettrica di Buk Bijela. Una decisione arrivata in risposta a una forte mobilitazione dei cittadini che ha rappresentato una sonora sconfitta per Filip Vujanović, allora Primo ministro. Quest'ultimo aveva dato il via libera all'inondazione del canyon per quattordici chilometri. La decisione parlamentare, precisando che qualsiasi progetto di sviluppo riguardante la Tara sarebbe dovuto essere “soggetto a referendum”, ha rappresentato una vittoria dei cittadini montenegrini contro la mafia dell'energia.
Dieci anni dopo, non si voleva più correre il minimo rischio. La decisione di costruire l'autostrada proprio vicino al fiume è stata presa senza previo accordo né con i deputati e neppure con la società civile. "Non ricordo che il fiume Tara sia stato menzionato nel corso del dibattito parlamentare sul finanziamento dell'autostrada", afferma l'ex deputato Mladen Bojanić. "All'epoca, il tragitto non era definito, non potevamo intuire il suo impatto sul fiume e il governo ha sempre fornito solo informazioni frammentarie".
Nonostante la pubblicazione di foto sui danni irreparabili provocati dal cantiere del casello di Mateševo, il ministro Pavle Radulović ancora continua a sostenere che il letto del fiume non è stato deviato, anche se due dei quattro caselli dell'autostrada sono previsti esattamente nei letti dei fiumi Morača e Tara. I rappresentanti dell'azienda cinese CRBS, che sta costruendo l'autostrada, hanno essi stessi confermato che "il letto del fiume Tara è stato spostato, secondo il progetto iniziale", aggiungendo che sarebbe stato riportato al suo posto originale a fine lavori.
Il ministro Pavle Radulović assicura che "il fiume Tara rimarrà sempre la più preziosa goccia d'acqua d'Europa", ma Vanja Ćalović-Marković, dell'Ong Mans, non ne è affatto convinta. "Lo shock provocato dalle immagini della Tara dimostra che l'opinione pubblica non è stata informata della vera natura del cantiere", ha dichiarato indignata. "Sono state divulgate pochissime informazioni perché il governo ha secretato le relazioni sullo stato di avanzamento dei lavori. In queste circostanze, è molto difficile parlare di un controllo pubblico sulla costruzione dell'autostrada".
La posizione del governo è fragile anche perché l'ingegnere Mihailo Burić, uno dei principali sostenitori del progetto, è stata pagato dalla CBRC per la stesura di una relazione dal titolo "Proposta di misure correttive e programma di monitoraggio dello stato dell'ambiente del fiume Tara". In quest'ultimo si legge che il casello di Mateševo "abbellirà il paesaggio", che si trasformerà da "caotico a coltivato".
Da parte sua Nataša Kovačević, della Ong Green Home, afferma che l'attuale stato idrologico del fiume Tara è catastrofico. "L'alveo e le sue rive sono stati devastati dalla pesante meccanizzazione e la biodiversità che caratterizzava il fiume è scomparsa". Anche un gruppo di ricercatori della Facoltà di Scienze Naturali che studia le popolazioni ittiche del fiume è molto preoccupato. Queste ultime sono diminuite in modo molto significativo rispetto allo scorso anno. Il professor Vladimir Pešić sottolinea che riportare la fauna selvatica allo stato precedente al cantiere implica un lungo lavoro della durata di almeno dieci anni, con nessuna garanzia che si riescano a salvare le specie rare o endemiche.
"Il canyon della Tara fa parte del patrimonio mondiale. Alcune attività vi sono permesse, ma la situazione che abbiamo trovato non rappresenta uno sviluppo economico che sia sostenibile per l'ambiente, come richiesto dall'Unesco ", ha dichiarato Vanja Ćalović-Marković. "Stiamo assistendo a un mutamento totale del paesaggio, gli interventi umani hanno modificato il letto della Tara e i ricercatori indicano un significativo degrado della flora e della fauna. Il governo sembra aver finalmente capito cosa sta succedendo, ma non ha ancora intrapreso azioni adeguate".
E l'ex parlamentare Mladen Bojanić aggiunge: "Non sono un esperto e non sono in grado di proporre una via alternativa ma, in quanto cittadino, ho il diritto di chiedere al ministro di proteggere la Tara".