È un fenomeno tutt'oggi presente. L’aborto selettivo continua ad essere praticato in Montenegro nonostante gli appelli della società civile e dell’UE volti a far cessare questa pratica
Il re Nikola Petrović era definito, a cavallo tra Ottocento e Novecento, come primo suocero d'Europa, o semplicemente il suocero d'Europa. E lui andava fiero di tale titolo. Grazie alle sue figlie, ne aveva nove più i tre figli maschi, il sovrano montenegrino ha costruito la sua politica estera e la posizione privilegiata per il suo piccolo reame. Le figlie femmine furono la fortuna del suo regno, Jelena (Elena) fu la regina d'Italia, le altre si sposarono con i rampolli delle diverse famiglie nobili europee.
Il buon esempio del re Nikola non era seguito né da i suoi sudditi né dalle generazioni dei montenegrini che sono arrivate dopo. Le figlie femmine sono state trattate come un peso per la famiglia, un’altra bocca da sfamare o qualcosa di inutile. La letteratura è piena delle storie del trattamento discriminatorio delle donne che erano colpevoli di non aver dato alla luce figli maschi. Se vogliamo essere cinici, si potrebbe dire che in ogni montenegrino covava e cova un Enrico VIII in cerca spasmodica del figlio erede.
Ci sono diversi detti popolari, tramandati di generazione in generazione, che stridono alle nostre orecchie tipo “Una figlia femmina è la cena di qualcun altro”, ma ci danno l’idea in che posizione si trovavano le donne. La battuta “Che peccato, ti ho detto di partorire un maschio e non una femmina”, non è uno scherzo sopra le righe, ma un’accusa pesante che le donne montenegrine hanno sentito spesso, troppo spesso. “Ho un figlio maschio e un po’ di bambini” era un altro modo di far vedere che un figlio valeva più di tutte le altre figlie messe insieme.
“Figlio mio, sei proprio bella” (Sine moj, baš si lepa), no, non si tratta di un’errore grammaticale ma dell’usanza che resiste anche oggi in Montenegro di utilizzare il sostantivo maschile anche per le figlie. E forse, quella, meglio di altre spiega perché la modernità, la scienza, il progresso, vengano abusati per scopi immorali, ovvero per il cosiddetto aborto selettivo o gendercidio.
L’aborto selettivo non è solo, dal punto di vista morale e medico, un gesto abominevole, ma è anche punibile dalla legge montenegrina. Però, grazie al radicamento di una cultura patriarcale non viene punito perché, ancora oggi, in troppi credono che una famiglia senza l’erede maschio sia condannata a fallire ed estinguersi. E così, il figlio maschio rimane una pietra miliare per la famiglia, quasi l’unica verticale per la vita di un’importante parte dei cittadini montenegrini.
Božena Jelusić, parlamentare montenegrina e una delle più importanti attiviste per la difesa dei diritti delle donne ha ricordato recentemente che l’UE ha ammonito il Montenegro dieci anni fa di dover affrontare il problema dell’aborto selettivo.
Alcuni dati
Il fenomeno degli aborti selettivi si è consolidato in Montenegro negli ultimi decenni e il numero dei bebè maschi supera regolarmente quello delle bimbe al livello annuale: per ogni 110-112 maschi nascono solo 100 femmine. C’erano gli anni in cui si registravano anche 115 maschi per 100 femmine. Ricordiamo, il rapporto ideale sarebbe tra 102-104 bimbi per 100 bimbe.
“Siamo un paese che sta lottando contro la piaga della natalità negativa. È il nostro dovere a far rispettare il diritto a tutti di nascere, a prescindere dal sesso. Dobbiamo ancora lottare per i diritti delle donne e dell’uguaglianza tra i sessi. Non è una coincidenza che il fenomeno dello squilibrio delle nascite tra i sessi sia in correlazione con i diritti umani. I paesi che hanno lo stesso problema del Montenegro con il numero sproporzionato tra i maschi e le femmine sono quelli che non eccellono, per usare eufemismo, nel rispetto dei diritti umani e la parità tra uomo e donna: dai paesi grandi come la Cina e l’India, ai più piccoli come l’Albania, l’Armenia e l’Azerbaijan”, afferma la Jelusić.
La società civile e le attiviste per i diritti delle donne hanno iniziato quattro anni fa la campagna mediatica “Indesiderata” (Neželjena) con lo scopo di sensibilizzare i cittadini alla questione degli aborti selettivi. Il Centro per i diritti delle donne ha messo una targa commemorativa per tutte le bimbe non nate nel parco centrale di Podgorica, accanto al monumento del fondatore dello stato moderno montenegrino Sveti Petar Cetinjski.
Vergogna
“Il gendercidio è un marchio di vergogna per il Montenegro, che portiamo tutti”, ha detto Srđan Pavićević, medico e deputato del movimento URA nel parlamento del Montenegro. “La decisione se un bambino nascerà o meno - aggiunge il dottor Pavićević - spetta solo a sua madre. Per la medicina l’unica valida indicazione per l’aborto è che qualcosa non vada bene per il feto. Decidere se un bambino deve nascere basandosi sul suo sesso non è solo incivile, disumano ma altamente non etico. Chi è diventato genitore lo sa bene”.
Il lavoro della società civile è stato vanificato in parte dalle nuove tecnologie che permettono nella fase iniziale della gravidanza di sapere il sesso del feto. Qui non si parla di aborto in generale, che in Montenegro è permesso fino alla decima settimana di gravidanza, ma di scelta del sesso del bambino, ovvero la decisione di una coppia di effettuare aborti sino a che non viene concepito un maschio.
“Mi vergogno dei miei colleghi senza etica e senza onore che si rendono complici in questo gendercidio. Le persone comuni hanno diritto di essere ignoranti, non informati, hanno diritto di avere dilemmi o di sbagliare e di prendere decisioni insensate e immorali. Però, proprio per questo motivo esistono i dottori, gli psicologi, le strutture competenti che hanno il dovere di agire, spiegare e fornire risposte a tutte le domande. Manderei un messaggio chiaro ai miei colleghi di lasciar perdere quelle pratiche. Non comportatevi come se foste una divinità che decide sulla vita e la morte. Ci sono leggi biologiche che non vanno compromesse con le decisioni degli umani. Specialmente se dietro questi motivi si nascondano ragioni immorali ed economiche”, questa la posizione del dottor Pavićević che ha preso le distanze da quei colleghi che eseguono gli aborti selettivi e non fanno nulla per dissuadere le coppie da quella decisione.
È chiaro che dietro a questo fenomeno si nasconde anche un business molto remunerativo. Alcuni medici in Montenegro e i loro colleghi in Serbia hanno creato un sistema molto efficace che permette in poco tempo e per tanti soldi di far abortire le donne, senza troppa burocrazia, domande e ostacoli vari. Una buona parte degli aborti non viene eseguita nemmeno in Montenegro ma in Serbia in cliniche private, permettendo alle coppie di mantenere il segreto tra le quattro mura domestiche.
È molto indicativo che intorno al fenomeno degli aborti selettivi si sia eretto il muro dell’omertà totale. Nonostante il fatto che si registrano poco meno di 1500 aborti annualmente, nessuna delle donne che ha abortito per motivi legati al sesso del feto ha voluto testimoniare, nemmeno con la garanzia che ne sarebbe stata tutelata l'identità e garantito l'anonimato nei sondaggi svolti dalle organizzazioni che lottano contro il gendercidio. Anche questa è una prova rilevante di quanto sia opprimente la pressione che arriva dalla famiglia e dall’ambiente in cui vivono le donne costrette ad abortire.