Podgorica - © VladaKg03/Shutterstock

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Podgorica è andata alle urne lo scorso 29 settembre per le amministrative: vero vincitore è stato il DPS col suo candidato sindaco Nermin Abdić. Ancora in bilico la futura maggioranza, col "Movimento per Podgorica" del presidente Milatović a fare da ago della bilancia. Un'intervista

21/10/2024 -  Milena Perović

(Originariamente pubblicato da Monitor , il 4 ottobre 2024)

Come commenta i risultati preliminari delle elezioni comunali tenutesi a Podgorica lo scorso 29 settembre?

I risultati, seppur non ancora definitivi, sostanzialmente rispecchiano gli equilibri di potere tra i principali attori politici in Montenegro. Anche un’eventuale ripetizione del voto in alcuni seggi elettorali difficilmente sconvolgerà l’attuale costellazione politica.

Da sottolineare che, nonostante ci si aspettasse una bassa affluenza alle urne, la maggior parte degli attori politici, ignorando questo aspetto, non ha ideato la propria campagna elettorale in modo da intercettare chi si astiene dal voto. Queste dinamiche hanno avvantaggiato i partiti ben strutturati, ma anche quelli che si sono battuti per superare la soglia di sbarramento, traguardo più facile da raggiungere con una bassa affluenza alle urne [alle amministrative del 29 settembre l’affluenza si è attestata al 56%, il dato più basso degli ultimi dieci anni].

Secondo lei, chi è uscito vincitore e chi perdente da questa tornata elettorale?

Il grande perdente è senza dubbio la coalizione composta dal movimento Europa adesso (PES) e dai Democratici. Parliamo di due forze politiche, attualmente al governo a livello centrale, che – pur avendo fortemente criticato tale prassi all’epoca in cui al governo c’era il Partito democratico dei socialisti (DPS) – hanno speso ingenti risorse per una campagna elettorale focalizzata sulla promozione personale di alcuni funzionari di partito. Ecco perché il PES e i Democratici non solo non sono riusciti a lavorare in sinergia, ma hanno raggiunto un risultato peggiore rispetto alle amministrative del 2022, quando il PES era ancora all’opposizione.

Similmente a quanto accaduto alle ultime elezioni comunali a Budva, dove il PES ha sacrificato invano Predrag Zenović, capo negoziatore [per l’adesione del Montenegro all’UE], spingendolo a candidarsi a sindaco, anche a Podgorica hanno sacrificato Saša Mujović, l’attuale ministro dell’Energia [alla tornata del 29 settembre la lista guidata da Mujović è arrivata seconda, preceduta da quella guidata dal DPS]. Così facendo il PES invia un messaggio tutt’altro che incoraggiante anche ai propri membri che – com’è ormai evidente – vengono trattati come merce e non di rado vengono consapevolmente sacrificati.

Sia Zenović che Mujović erano considerati politici promettenti, però spingendoli troppo presto in un’arena politica per la quale non erano ancora pronti, il PES ha di fatto limitato le loro carriere politiche. In particolare, a Mujović è stato imposto un ruolo [candidato a sindaco e capolista del PES a Podgorica] in cui evidentemente non si sentiva a suo agio e, di conseguenza, ha condotto una campagna elettorale poco convincente.

I vincitori indiscussi delle amministrative a Podgorica sono il DPS e il suo candidato a sindaco Nermin Abdić. Pur avendo affrontato le elezioni come un partito di opposizione, il DPS è riuscito a conquistare un terzo dei voti nella capitale. Parliamo di una forza politica che, dopo tre decenni di governo ininterrotto, quattro anni fa ha perso il potere a livello nazionale – provocando un vero e proprio sconvolgimento tettonico – poi due anni fa è stata sconfitta a Podgorica e in molti altri comuni in tutto il paese.

Alla tornata elettorale appena conclusa il DPS si è nuovamente imposto come il primo partito nella capitale, nonostante nel frattempo abbia perso non solo l’accesso alle risorse pubbliche [in passato abbondantemente utilizzate per l’autopromozione politica], ma anche una fetta significativa del proprio elettorato che alimentava quella rete clientelare e nepotista, ormai migrata verso l'attuale élite al potere. Uno spostamento che – lo evidenzio en passant – ha reso più fragile anche la base elettorale dei partiti attualmente al potere.

Un altro aspetto da sottolineare è che alle elezioni a Podgorica Nermin Abdić, candidato sindaco del DPS, ha condotto una campagna di basso profilo e, a differenza di molti dei suoi avversari, non ha cercato di dare una falsa immagine di sé, raccogliendo così le simpatie e la fiducia degli elettori.

Date queste premesse, il risultato ottenuto dal DPS a Podgorica è da considerarsi ottimo, indipendentemente dall’esito delle trattative post voto [che devono ancora iniziare]. È curioso notare che Abdić [che si dichiara musulmano] abbia vinto a Podogica, quindi in una città a maggioranza ortodossa, conquistando la maggior parte dei voti proprio tra quei cittadini che si identificano anche sulla base dell’appartenenza religiosa.

E questo nonostante negli ultimi anni in Montenegro si sia insistito molto sull’appartenenza religiosa, concetto su cui anche alcuni avversari di Abdić hanno posto l’enfasi durante l’ultima campagna elettorale. In questo contesto, la vittoria di Abdić dà un grande impulso all’idea civica, ma essendo anomala nel panorama montenegrino, è anche il segnale che lo spazio per una politica basata sui valori civici si sta restringendo.

In quale direzione potrebbero andare le trattative per la formazione del nuovo consiglio comunale a Podgorica?

A mio avviso, ci sono due possibili ipotesi. La nuova maggioranza nella capitale potrebbe essere formata dai partiti che fanno parte della maggioranza a livello nazionale, quindi dal PES e dai Democratici, e da quelli riuniti nella coalizione “Per il futuro di Podgorica”, guidata dal partito Nuova democrazia serba (NSD) e dal Partito popolare democratico (DNP). Quest’alleanza avrà poi bisogno del sostegno della coalizione guidata dal presidente del Montenegro Jakov Milatović.

La seconda ipotesi vede il DPS formare la nuova maggioranza nella capitale, con il sostegno di quei partiti e alleanze che hanno partecipato al rovesciamento del precedente governo locale, ma anche con l'appoggio di altre forze politiche, ideologicamente vicine al DPS. Anche in questo scenario, a giocare un ruolo cruciale sarà la coalizione guidata da Milatović.

Lei ritiene che la coalizione “Movimento per Podgorica”, guidata da Milatović, e di cui fa parte anche il movimento URA dell’ex premier Dritan Abazović, possa fare da ago della bilancia?

Esatto. Quest’alleanza politica – che peraltro ha portato allo scioglimento del precedente consiglio comunale – inciderà in modo decisivo sull’andamento delle trattative post voto a Podgorica. La coalizione guidata da Milatović, pur avendone fatto parte, non era soddisfatta della precedente maggioranza e del suo modo di operare.

A livello nazionale, il movimento URA è all’opposizione e i partiti di governo cercano con sempre maggiore insistenza di emarginare il presidente Milatović. Durante la campagna elettorale per le amministrative a Podgorica, URA e Milatović sono stati il principale bersaglio della leadership al potere, convinta di poter formare da sola il nuovo consiglio comunale nella capitale.

Questa si è rivelata una pessima previsione, e ora l’élite al potere sta tentando di rimediare ai danni facendo ricorso a due tattiche neanche tanto velate: la strategia della carota, con cui si cerca di mitigare gli insulti in precedenza rivolti a Milatović e Abazović, e quella del bastone, che comprende le minacce e i tentativi di tacciare Milatović e Abazović come traditori della cosiddetta “maggioranza del 30 agosto” [il riferimento è alle elezioni del 30 agosto 2020 che hanno segnato la sconfitta di Milo Đukanović dopo trent’anni di potere], come se il tempo si fosse fermato e come se negli ultimi quattro anni non fossero accaduti molti cambiamenti nella scena politica montenegrina.

Quali lezioni dovrebbero trarre le forze politiche dalle ultime elezioni comunali a Podgorica?

La prima lezione è che non bisogna mai sottovalutare i cittadini e le cittadine del Montenegro. La popolazione montenegrina sta dimostrando di essere molto più matura di quelli che pretendono di governarla. Questo vale soprattutto per i partiti di governo che non hanno mantenuto molte delle promesse date.

In molti fanno ancora fatica a capire che ormai abbiamo lasciato dietro di noi un periodo in cui il potere politico sembrava immutabile e la popolazione era meno critica nei confronti degli attori politici.

Inoltre, le forze politiche dovrebbero fare meno promesse e lavorare di più, invece di avventurarsi in ogni tornata elettorale con promesse irrealistiche che poi rischiano di ritorcersi contro chi le ha fatte. E le promesse realistiche andrebbero effettivamente mantenute.

Contemporaneamente al voto a Podgorica, si sono svolte anche le amministrative a Kotor. Come commenta i risultati?

Pur essendo rimasto all’ombra delle elezioni a Podgorica, anche il voto a Kotor è interessante sotto vari aspetti.

Primo, delle dodici liste che hanno partecipato alle elezioni più della metà ha riunito forze politiche locali, ed è una dinamica molto stimolante per il decentramento e l’attivismo civico. Ovviamente, molto dipenderà da come queste forze locali si riorganizzеranno durante le trattative post voto e dal valore aggiunto che porteranno attraverso la partecipazione al consiglio comunale.

Secondo, anche a Kotor, come accaduto a Podgorica, i partiti che fanno parte della maggioranza a livello nazionale devono fare i conti col fatto di non essere riusciti a rispondere in modo adeguato al malcontento dei cittadini, pur avendo investito ingenti risorse nella campagna elettorale. Questo vale in particolare per la coalizione PES-Democratici che ha speso maggiori risorse proprio per la campagna per le elezioni a Kotor.

Terzo, se le liste civiche dovessero innescare cambiamenti inaspettati a Kotor, o se uno dei loro candidati venisse eletto sindaco, tale svolta darebbe un’impronta inedita alle elezioni appena concluse e potrebbe avere anche un effetto domino sulle future elezioni amministrative. Se quest’ipotesi, tutt’altro che irrealistica, dovesse avverarsi, i grandi partiti nazionali sarebbero costretti a ridefinire completamente il proprio funzionamento, e questo porterebbe ad una maggiore democratizzazione interna dei partiti stessi.

Quarto, ma non meno importante, sembra che la visita orchestrata del patriarca della Chiesa ortodossa serba Porfirije, il quale ha celebrato una liturgia a Kotor il giorno del voto, sia stata controproducente. Una mossa che però suggerisce però che Belgrado ha capito meglio di Podgorica le difficoltà nel mantenere il potere a Kotor. È un bene per il Montenegro civico che questo stratagemma elettorale sia fallito.