Domenica 3 marzo, durante la cerimonia conclusiva del carnevale di Herceg Novi, è stato bruciato un pupazzo raffigurante lo scrittore Andrej Nikolaidis. La vicenda ha suscitato forti polemiche, riattualizzando la questione del confine tra carnevale e realtà, politica e arte, satira e linguaggio d'odio
Dal 15 febbraio al 3 marzo si è tenuta a Herceg Novi la 55° edizione della tradizionale “Festa della mimosa”. Ogni anno la manifestazione presenta un fitto programma di appuntamenti, dalle sfilate delle majorette ai concerti, dagli spettacoli teatrali agli eventi sportivi, passando per il carnevale, che col tempo è diventato un marchio di fabbrica del festival.
L’evento culmina con il cosiddetto “processo al carnevale”, durante il quale vengono bruciati i pupazzi raffiguranti diverse personalità pubbliche, dalla sfera culturale a quella politica. Ad esempio, l’anno scorso sul rogo era finito l’ex premier Dritan Abazović. La vicenda però non aveva suscitato grande scalpore nell’opinione pubblica montenegrina.
Quest’anno, invece, “la messa al rogo” di uno dei più famosi scrittori montenegrini contemporanei e, forse ancor prima, le motivazioni della scelta – la cui lettura è una parte imprescindibile dello spettacolo – hanno scatenato una vera e propria bufera, dando vita ad un susseguirsi di polemiche tra personalità pubbliche, scrittori, giornalisti e persino partiti politici.
Secondo il Centro per l’educazione civica (CGO) di Podgorica, il rogo appiccato al pupazzo di Nikolaidis è “conseguenza delle cattive politiche incapaci di garantire i principi e le libertà democratiche, di cui il Montenegro ha tanto bisogno”.
La Rete per l’affermazione del settore non governativo (MANS) ha reagito con un post su X, definendo “agghiacciante” l’episodio a cui si è assistito a Herceg Novi. “Quando, durante il precedente regime, lottavamo per la libertà di espressione, non immaginavamo nemmeno che potesse giungere il momento in cui qualcuno avrebbe ‘bruciato’ uno scrittore perché non condivideva le sue parole”, ha scritto MANS.
Il drammaturgo Stevan Koprivica, cresciuto a Herceg Novi, ha sottolineato che la colpa di quanto accaduto non deve essere addossata alla città. “Questa idiozia, che ha screditato sia la Festa che la popolazione di Herceg Novi (ma non Nikolaidis), ha i suoi ideatori. Quelli che l’hanno concepita e realizzata sottoscrivano pure questo atto vergognoso e siano fieri della propria dissennatezza. Non credo però che proveranno vergogna, lo faremo noi al posto loro”.
Non sono mancate le reazioni dei rappresentanti del potere. Se il premier Milojko Spajić si è limitato ad affermare che la libertà di espressione va coltivata e tutelata “anche quando un atteggiamento non ci piace”, Tamara Vujović, ministra della Cultura e dei Media, ha sottolineato che i carnevali sollevano sempre la questione del confine tra lecito e illecito.
“È risaputo che lo scrittore [Nikolaidis] ha espresso posizioni negative sulla città di Herceg Novi. Forse per questo è stato messo al rogo. Quando parliamo di carnevali e maschere, la domanda è sempre la stessa: fin dove si possono spingere la satira e la critica? È ancora valida quella vecchia usanza secondo cui ‘a carnevale tutto è lecito’?”, ha chiesto la ministra Vujović, ricordando che in passato sono stati bruciati anche pupazzi raffiguranti un ex premier.
La ministra ha poi espresso il suo punto di vista. “La mia posizione è chiara: la libertà di parola e di espressione artistica è inviolabile. Sono convinta però che, come società, dobbiamo ancora impegnarci per diventare capaci di esprimere il dissenso in modo accettabile. Da ministra della Cultura, non capisco come gli ideatori [del controverso episodio] non si rendano conto che il rogo appiccato al pupazzo raffigurante uno scrittore montenegrino può essere interpretato anche come un rogo simbolico del pensiero libero e critico, dei manoscritti e dei libri”.
La procura di Podgorica ha annunciato che indagherà sulla vicenda per accertare se ci siano elementi costitutivi del reato.
Poco prima dell’inizio della cerimonia di chiusura del carnevale di Herceg Novi si è fatto sentire anche Andrej Nikolaidis, affermando che solo chi è “ignorante o vanitoso può essere infastidito da un carnevale”.
“Per me non è problematica l’idea di bruciare un pupazzo che mi rappresenta. Credo che i carnevali funzionino come una sorta di catarsi. In parole povere, mi bruciano al carnevale per non bruciarmi nella vita reale, e va bene così, è un’opzione molto migliore”, ha commentato lo scrittore.
Secondo Stevan Katić, sindaco di Herceg Novi, alcune informazioni e ipotesi, diffuse dai media, sul pupazzo raffigurante Nikolaidis sono frutto dell’incapacità di comprendere il fenomeno del carnevale. Commentando gli insulti rivolti allo scrittore, Katić ha affermato che in molti non capiscono i carnevali e le feste montenegrine.
“Tutto è lasciato all’immaginazione dei partecipanti al carnevale. È sempre stato, e sarà sempre così. Non ci vedo nulla di problematico”, ha dichiarato il sindaco, assicurando che il carnevale di Herceg Novi semplicemente riflette “lo spirito e il fascino del Mediterraneo”.
A dire il vero, Nikolaidis ha un vecchio conto in sospeso con Herceg Novi. È risaputo che il rapporto tra lo scrittore e gli abitanti di questa città è a dir poco astioso, fatto che ovviamente non può fornire alcun alibi ai responsabili del recente rogo.
“Evito la misericordiosa Herceg Novi come se fosse Satana. Non solo perché provo disgusto per quella città e per i suoi abitanti, ma anche perché tempo addietro mi era stato ufficialmente vietato di entrare in quel Paradiso sulla terra. […] Quanto ai bosniaci, quelli il cui denaro era stato utilizzato dopo il terremoto del 1979 per ricostruire questa città, che altro non è che un mucchio di letame, consiglio anche loro di starsene ben lontani”, scriveva Nikolaidis in un suo editoriale del 2005.
Eppure, Nikolaidis e Herceg Novi si sono nuovamente incontrati, questa volta però davanti ad un rogo improvvisato, sul quale, anziché lo scrittore, come qualcuno auspicava, è finita la città stessa.