Le dimissioni del ministro degli interni avvengono in un momento delicato per la scena politica e giudiziaria della repubblica montenegrina. Forse proprio il desiderio di non essere coinvolto in nuovi scandali ha portato il ministro alle dimissioni
Mercoledì scorso, (19 novembre) i media hanno dato notizia della decisione del ministro della polizia, Milan Filipović, di dimettersi dalla sua posizione. In meno di un mese sono le seconde dimissioni di un ministro del governo montenegrino (precedentemente ci sono state quelle del ministro dell'ambiente). Una situazione per niente desiderabile per il Governo, anche per il fatto che già in dicembre, il ministro degli affari esteri andrà ad occupare la posizione di ambasciatore della Serbia e Montenegro a Londra.
Filipovic ha confermato al quotidiano "Vijesti" (20 novembre) che la sua decisione è stata stimolata dalle stesse ragioni che aveva avanzato nel luglio di questo hanno, quando nell'intervista rilasciata allo medesimo quotidiano, il ministro aveva già annunciato di aver intenzione di ritirarsi in autunno.
Allora, Filipovic aveva dichiarato che pensava di occupare la posizione di ministro finché non fossero state approvate le leggi sulla riforma della polizia e sull'agenzia per la sicurezza nazionale, già in preparazione sotto la sua direzione. Nel caso in cui queste leggi non si fossero approvate entro settembre o ottobre, egli non avrebbe più avuto voglia di attendere che la coalizione governativa si decidesse per la loro approvazione.
Al momento la legge sulla polizia e sull'agenzia della sicurezza nazionale, sono state tolte dalla discussione parlamentare, perché il SDP (Partito socialdemocratico) insisteva affinché il parlamento approvasse le nomine delle persone chiave nei servizi che sono regolati da queste leggi, mentre il DPS (Partito Democratico dei socialisti) era contrario a tale richiesta. Infatti il DPS ha accusato subito il SDP per le dimissioni di Filipovic, perché ha rifiutato di dare il sostegno a queste due leggi, per altro proposte dai rappresentanti del SDP e dallo stesso ministro.
Il socialdemocratici dichiarano che non si sentono responsabili per le dimissioni di Filipovic e che non c'è bisogno di cercare il colpevole tra i due partner della coalizione governativa. Un rappresentante di questo partito ha spiegato, al quotidiano "Vijesti", che trovare la soluzione per il capo della polizia in un periodo breve sarebbe stato molto importante per il caso del giudice Ana Vukovic, per i mandati di cattura dell'Interpol italiano emessi recentemente contro due businessman montenegrini, e infine per l'approvazione delle leggi che in questo momento sono fuori dal procedimento parlamentare.
Riguardo il caso di Ana Vukovic - giudice istruttore nel caso di trafficking della ragazza moldava S.C. - nella sua lettera pubblicata dal quotidiano "Dan" (5 novembre) ha dichiarato di essere stata vittima, durante il procedimento del caso S.C, di intercettazioni, pressioni, minacce e di essere stata pedinata e ricattata,. Per la prima volta un funzionario della magistratura montenegrina si lamenta pubblicamente per tali questioni.
A ciò, hanno reagito immediatamente il ministro della polizia ed il capo dell'agenzia della sicurezza statale, smentendo le dichiarazioni del giudice e invitandola a dimostrare le prove. Anche il primo ministro in uno dei suoi discorsi in pubblico, ha dichiarato d'essere sicuro che Ana Vukovic non sia stata vittima di intercettazioni.
Nel frattempo, Ana Vukovic ha accolto i suggerimenti del ministro ed ha consegnato le prove al procuratore statale, Vesna Medica. Al momento non si sa niente del contenuto di tali prove, mentre il ministro della polizia, rispondendo alle domande dei giornalisti riguardo le sue dimissioni, ha dichiarato che il suo ministero non ha mai ricevuto le prove.
Nell'articolo pubblicato il 13 novembre dal settimanale "Monitor", il ministro della polizia ha commentato che se la nuova legge sulla polizia fosse stata approvata, la storia delle intercettazioni, probabilmente non sarebbe accaduta. Questo perché nella proposta della legge in questione le intercettazioni telefoniche sono regolate in un modo nuovo e molto radicale. Al momento la competenza per i pedinamenti e le intercettazioni telefoniche è esclusivamente del ministero della polizia, mentre la futura agenzia per la sicurezza nazionale dovrà chiedere il permesso del tribunale per condurre tali operazioni.
Il giorno successivo alla notizia delle dimissioni del ministro, su "Vijesti" è stato pubblicato anche il rapporto del gruppo di esperti indipendenti dell'OSCE ed del Consiglio europeo, riguardo il caso S.C. Gli autori di questo rapporto non hanno ancora consentito la pubblicazione, però il quotidiano ha valutato che in questo modo si sono impedite le speculazioni dell'opinione pubblica.
Scritto in un linguaggio molto tecnico, il rapporto dimostra che il caso è stato condotto in una situazione molto difficile, sia dal punto di vista del quadro legislativo montenegrino, che dovrebbe essere adattato agli standard europei, sia dal punto di vista dell'ambiente generale del paese, dove grazie al fatto che il Montenegro sia un paese piccolo, i collegamenti famigliari e personali hanno danneggiato seriamente la trasparenza e l'oggettività nel procedimento. La considerazione generale è che tutti gli attori professionali, dalla polizia, via il settore civile e la giurisprudenza, hanno eseguito diversi errori. I rappresentanti della polizia, collegati in vari modi con gli accusati, sono falliti di non essere da parte durante le testimonianze. Nel rapporto si loda il sostegno che ha offerto alla vittima la ONG "Casa sicura della donna" (Sigurna zenska kuca), però si menziona che i rappresentanti di questa organizzazione successivamente sono stati troppo coinvolti nel caso, specialmente con le numerose dichiarazioni comparse sui media. Una osservazione simile riguarda anche i rappresentanti della comunità internazionale coinvolti nel caso, che - secondo il rapporto - hanno danneggiato il procedimento del caso con frequenti dichiarazioni sui media, ancora prima che il caso fosse chiuso. In seguito il rapporto sostiene che probabilmente il giudice istruttore si è legata troppo alla vittima ed infine che la decisione del procuratore statale di chiudere il caso senza inviarlo al tribunale è stata completamente sbagliata. Se eventualmente si decidesse di ripeterlo, gli esperti suggeriscono che per il fatto che l'intero caso fosse abbastanza imbrattato, il processo si dovrebbe tenere in un luogo diverso, sotto la competenza di un altro tribunale principale del Montenegro, nonché sotto la competenza di un altro procuratore, e sempre sotto il monitoraggio di un rappresentante della comunità internazionale.
L'altro caso di cui si diceva prima riguarda i recenti mandati di cattura emessi dall'Interpol italiano nei confronti di due businessman montenegrini, Veselin Barovic e Branko Vujosevic. I mandati riguardano il coinvolgimento di queste due persone in azioni di riciclaggio, contrabbando di sigarette e associazioni a delinquere. "Vijesti" scrive che secondo fonti della procura di Bari, si tratterebbe di una lista di accusati molto più lunga. Con ogni probabilità si tratta del proseguimento della storia estiva riguardante le accuse della magistratura italiana nei confronti di cittadini montenegrini per contrabbando. A quel tempo, ci si ricorderà, i media riportavano dell'esistenza di prove anche contro il primo ministro montenegrino, Milo Djukanovic, scrivendo che probabilmente si è salvato grazie all'immunità diplomatica. Dal momento che gli accusati sembra che siano stretti amici del premier, alcuni analisti in questi giorni vedono le dimissioni del ministro della polizia come il desiderio di quest'ultimo di non essere coinvolto in questo caso.
Insomma, con questi casi aperti, oggi tutti concordano su una cosa: il lavoro del nuovo ministro della polizia, non sarà per niente facile.
Vedi anche:
- Trafficking in Montenegro, il governo destituisce due procuratori
- Djukanovic nel mirino della Procura di Napoli