L'ultimo rapporto della Commissione europea promuove la Macedonia e ne apre la strada ai negoziati di adesione. Ma la disputa sul nome e i rapporti di buon vicinato con la Grecia rimangono ancora i principali ostacoli sulla strada di Skopje ad un effettivo via libera
Dopo quattro anni di attesa, la Macedonia finalmente ottiene l'invito della Commissione europea ad avviare i negoziati di adesione con l'Ue. Durante la presentazione dei rapporti annuali della Commissione Europea sui progressi attuati dai Paesi che aspirano all'integrazione, il Commissario per l'allargamento Olli Rehn ha affermato che la Macedonia ha compiuto un sostanziale progresso per quanto riguarda le riforme e che la Commissione raccomanda l'avvio dei negoziati di adesione.
Il Primo ministro della Macedonia Nikola Gruevski ha ribadito che si tratta di "una giornata storica per la Macedonia e i suoi cittadini. Spetta ora al Consiglio dei ministri dell'Ue la decisione di avviare i negoziati e stabilirne la data di inizio. Il Consiglio ne discuterà nella sua prossima riunione in dicembre.
La Macedonia è diventata paese candidato nel 2005, ma diversamente dai precedenti altri candidati non ha ottenuto una data precisa per l'avvio dei negoziati. Questi sono stati rinviati e vincolati ad ulteriori progressi nell'ambito delle riforme. Ci sono voluti altri quattro anni affinché Skopje raggiungesse il livello successivo. L'anno scorso il paese ha gettato via l'opportunità di procedere nel proprio cammino europeo a seguito delle violenze in concomitanza con le elezioni politiche anticipate. Ciò ha fatto si che la Commissione includesse una clausola aggiuntiva ai già esistenti otto punti di riferimento rispetto ai quali il paese era stato criticato: elezioni regolari.
Bruxelles si è però ora detta soddisfatta dei progressi compiuti dal paese. Il rapporto della Commissione europea constata i progressi della Macedonia nella maggior parte dei campi prima criticati. "La Macedonia ha fatto progressi convincenti", ha affermato il Commissario Olli Rehn esortando l'apertura dei negoziati di adesione. Rimane ancora molto lavoro da fare ma la Commissione ritiene che la Macedonia abbia agito bene nelle aree del dialogo politico, della democrazia e dello stato di diritto così come nelle riforme economiche.
Alcuni progressi sono stati riscontrati anche a riguardo delle riforme nella pubblica amministrazione e in quella giudiziaria e nella lotta contro la corruzione, nonostante in questi campi rimanga ancora molto da fare. Il documento riporta accuratamente i punti deboli dovuti alle pratiche di discriminazione, violazione dei diritti umani e libertà dei media.
Complessivamente, però, è stato un gran giorno per la Macedonia. Finalmente un cenno da Bruxelles. Nelle principali città si sono svolte celebrazioni pubbliche, pur senza grandi ostentazioni. La gente in macchina guidava agitando bandiere dell'Ue. "Il nostro governo e la nostra amministrazione hanno dimostrato di essere stati pronti alla sfida" ha affermato il Presidente Georgi Ivanov, accogliendo la buona notizia proveniente da Bruxelles.
Tutti i partiti politici del paese si sono rallegrati del rapporto positivo della Commissione. Anche se naturalmente c'è un "ma". La decisione sull'avvio dei negoziati deve essere presa dal Consiglio europeo dove la Grecia ha potere di veto. La Grecia ha reso noto diverse volte che la Macedonia non sarebbe entrata nell'Unione europea prima di aver risolto la questione del proprio nome.
Durante la presentazione del report della Commissione europea, la scorsa settimana, il vice ministro greco agli Esteri, Dimitris Droutsas, ha ribadito la posizione del suo paese: "Tutti i paesi devono soddisfare i criteri necessari e per quanto riguarda la FYROM si tratta di risolvere la questione del nome. La posizione greca è nota".
Cosa succederà ora alla riunione del Consiglio dei ministri europeo in dicembre? La Grecia bloccherà o meno l'avvio dei negoziati? La maggior parte delle previsioni suggeriscono che Atene sfrutterà il suo potere per impedire l'apertura delle trattative. In ogni caso questo non è l'unico scoglio che Skopje deve superare: la Grecia può infatti esercitare la sua obiezione sull'apertura o chiusura di tutti i singoli capitoli nel processo di negoziazione, in modo del tutto simile a quello che fece la Slovenia sul percorso della Croazia prima della recente soluzione della loro disputa territoriale. In altre parole, Atene può bloccare la Macedonia su ogni singolo passo del processo.
"Invece di fare congetture su ciò che potrebbe accadere in dicembre, ribadisco il fatto che la risoluzione della controversia rimane essenziale e che tutte le energie dovrebbero essere concentrate su questo tema", ha dichiarato l'ambasciatore dell'Ue a Skopje, Ervan Fuere.
Anche il Commissario per l'allargamento Rehn ha reso manifesto che tutto dipende dalla questione del nome. "Sottolineo che le relazioni di buon vicinato, così come la soluzione della controversia sul nome sono fondamentali", ha affermato Rehn. Egli ne ha ribadito l'assoluta urgenza, nella speranza di essere compreso. Di conseguenza la questione reale dovrebbe essere: è possibile il miracolo? Può la controversia che più ha coinvolto la Macedonia nelle sue relazioni internazionali nel corso degli ultimi 18 anni essere risolta nell'arco di due mesi, da qui a dicembre?
Sarebbe veramente una bella sorpresa, ma sembra improbabile. Potrebbe succedere se il Primo ministro Gruevski all'improvviso decidesse di fare una grossa concessione. Ad ogni modo, dal fallimento di Bucarest della scorsa primavera, quando la Grecia pose il veto all'entrata della Macedonia nella NATO, Gruevski ha continuato a ribadire una posizione netta: ogni accordo che il governo decida di intraprendere con la Grecia necessita di un referendum di conferma dei cittadini. In altre parole, prosegue con una politica intransigente poiché risulta difficile credere che i macedoni si precipiterebbero alle urne per confermare una decisione di compromesso con la Grecia, percepita come umiliante.
Il leader dell'opposizione Social-democratica (SDSM) e precedente Primo ministro e Presidente, Branko Crvenkovski, si è opposto all'ipotesi del referendum, affermando che già nel 2001 la maggioranza dei cittadini non aveva sostenuto l'Accordo quadro di Ohrid, ma ha poi imparato ad accettarlo col tempo.
Recentemente i media hanno persino ipotizzato la domanda del potenziale referendum: "Siete favorevoli ad aderire all'Ue e alla NATO con il nome di Repubblica della Macedonia del Nord?" Il governo ha declinato qualsiasi coinvolgimento e ha affermato che si trattava di pura fantasia, ma c'è stato chi ha interpretato il fatto come un test della possibile reazione dei cittadini
Il clima per i negoziati con la Grecia è forse però reso più facile dalla nuova compagine governativa di sinistra in Grecia. Il nuovo Primo ministro George Papandreou è considerato più propenso a risolvere la questione e più interessato alla leadership greca nella regione. Ma non ci si può aspettare che oltrepassi la "linea rossa" dell'interesse nazionale greco.
La domanda, comunque, è se entrambe le parti agiranno effettivamente per iniziare la delicata trattativa o concentreranno le proprie attenzioni sul rafforzamento delle proprie posizioni a Bruxelles in vista della riunione di dicembre. Per il momento, se non altro, sembra che siano più propensi per la seconda ipotesi.