La svastica in campo durante la partita del 2003 (foto Dnevnik)

In Macedonia è difficile parlare di destra, sinistra o di centro. L'estremismo emerso nella storia di questo Paese tuttavia ha sempre avuto una base etnica, e non sono mancati evidenti richiami all'antisemitismo. La democrazia macedone ha solo 13 anni, ma razzismo e xenofobia fanno passi da gigante. L'analisi del nostro corrispondente

28/01/2005 -  Risto Karajkov Skopje

L'ex primo ministro Ljubco Georgievski, nonché leader informale della nuova VMRO-Narodna, verso la fine di dicembre ha accusato il suo ex collega di partito e ministro delle finanze, Nikola Gruevski, il quale ha preso il posto di Georgievski alla guida della VMRO-DPMNE, il maggior partito di opposizione, di perdere l'identità di partito di destra, e gli ha proposto ironicamente di rinominare il partito in VMRO-Liberal.

La VMRO-Narodna nasce dalla VMRO-DPMNE, dopo la fallita mossa durante la lotta per il frazionamento del potere, in cui l'ex leader Georgievski aveva cercato di riottenere la sua precedente posizione dal successore Gruevski.

In un'intervista realizzata all'inizio dello scorso anno, l'attuale primo ministro social-democratico Vlado Buckovski, allora ministro della difesa, disse che l'ala destra della Macedonia non ha ancora risolto alcuni dilemmi di base che le farebbero ottenere lo spazio politico del centro.

Occorre dire, però, che in Macedonia lo spettro politico non segue i tradizionali versanti di appartenenza dalla sinistra alla destra, con un centro ben definito e le due estremità.

Le ragioni di ciò sono varie. Primo, questa gradazione politica non può essere equamente applicata ad ogni sistema politico. Secondo, la democrazia macedone ha solo 13 anni. Terzo, occorre tenere presente l'ulteriore complessità relativa alla composizione etnica della società. La scena politica macedone avrà sempre due grossi blocchi politici, quello macedone e quello albanese, ed essi dovranno sempre coabitare.

Attualmente la coalizione di governo è composta dai Social-democratici macedoni (SDSM), che sono convenzionalmente orientati verso il centro-sinistra, e il Partito democratico per l'integrazione degli Albanesi (DUI), formato dagli ex combattenti dell'UCK del 2001. Prima venivano definiti terroristi, estremisti e militanti. Oggi partecipano all'impegno di portare la Macedonia nella UE e nella NATO.

Tutto ciò che accade nell'agenda politica principale, influenza chiaramente tutto il resto. Il fatto che una delle principali collisioni nella società macedone, quella etnica, abbia luogo nel centro, ed ancora con una certa esplosività, priva i lati di un'identità distinta.

Il fatto è che la Macedonia non ha ancora una destra ben delineata. Anche se ciò non significa che il radicalismo non esista.

Alcune volte l'estremismo accade proprio sul conto di circostanze culturali. In alcuni paesi dell'Europa occidentale, gli estremismi di destra sono alimentati dalla presenza di immigrati. Ma non è il caso della Macedonia. Ad ogni modo, la violenza che emerge dall'incapacità di accettare le differenze, in Macedonia minaccia il nucleo della vita sociale e la base della sicurezza. E ciò si verifica proprio nel centro.

Prendiamo come esempio le differenze sessuali. L'attuale Commissione europea si è trovata nel bel mezzo di una crisi, poco prima del suo insediamento, perché uno dei candidati per il posto di commissario ha espresso un punto di vista conservatore sulla questione dei matrimoni tra omosessuali.

La Macedonia sembra essere distante migliaia di anni luce, dal momento che non ci sono politici nel Paese che si sognerebbero di dire qualcosa che vada nella direzione opposta. L'omosessualità è un tabù assoluto e un rifiuto culturale e la sua non accettazione è assolutamente pervasiva. Ci vorranno anni per poter prendere le distanze da questa mentalità diffusa e orientarsi verso una qualche sorta di alternativa.

Alcune attitudini alternative permangono come mode, bonariamente eccentriche, o a livello di atti sporadici di radicalismo individuale.

Per esempio, l'esperienza della Macedonia con i gruppi di skinhead non va oltre la rottura di qualche monumento o di graffiti con le svastiche. Non riescono a trovare un legittimo oggetto per il loro odio e nemmeno riescono a creare una massa critica per la loro esistenza. Più occasionalmente ci sono gruppi di adolescenti ubriachi in cerca di identità, legati ai miti punk del vandalismo urbano.

Inoltre la Macedonia compare nel rapporto sull'anti-semitismo relativo al 2003 dello State Department degli USA perché nel marzo dello stesso anno comparve, durante una partita di pallamano una bandiera con disegnata una enorme svastica (vedi foto).

Sin dall'indipendenza alcuni Macedoni hanno sviluppato una fissazione eccentrica per le loro origini divine, tornando indietro fino ad Alessandro Magno. Una cosa del genere manda su tutte le furie i Greci. Da molti anni a questa parte l'associazione degli Antichi Macedoni, provenienti da una piccola città del Sud, lavora per rischiarare questo storico collegamento. Valga come aneddoto questo esempio dello scorso anno: un villaggio della regione meridionale di Strumica ha cambiato il nome da Nuovo Villaggio in Alexandria, mediante un referendum locale.

Un ragazzo della stessa città di Strumica, Mirko Hristov fece di se stesso un eroe popolare quando al tempo del conflitto del 2001 camminò a piedi, facendo una sorta di viaggio gandhiano tra le aree della crisi, protestando contro la distruzione dei monasteri (colpiti dai mortai degli Albanesi). Ma la sua immagine si guastò alcuni mesi più tardi, quando sparò alcuni colpi contro il palazzo del parlamento, in segno di disaccordo politico con il governo.

In Macedonia ci sono stati alcuni estremisti promettenti nel tempo relativamente breve della libertà di espressione. Nessuno di loro cercò di attenersi al punto di vista originario, sicché tutti sono poi passati alla moderazione una volta conquistato il potere.

Ljubco Georgievski per esempio, iniziò la sua carriera all'inizio degli anni '90 partecipando ad incontri dove sventolavano striscioni con scritto "Salonicco è nostra", rivivendo l'antico sogno dei "grandi territori". Molti di quelli che lo avevano ascoltato, benché non gli credano, amano ancora quello che diceva.

La sua guida dell'ondata provinciale e nazionalista finì presto, non prima però di screditare la posizione internazionale del nuovo stato emergente. Alcuni dei suoi più stretti collaboratori del passato iniziarono sulle sue orme, ma ben presto persero tutte le loro posizioni in politica. Semplicemente non c'era una risposta del pubblico per quel tipo di radicalismo.

Uno spiacevole scoppio di razzismo della destra furono le proteste studentesche del 1996, rinforzate dai politici, dal momento che in Macedonia gli studenti non hanno mai avuto l'integrità tale per potersi auto-organizzare. Quel gesto viene ricordato per lo slogan "Gli Albanesi nelle camere a gas". Ma tutto è passato. I leader della rivolta, più tardi, appoggiarono in parlamento ciò contro cui si erano battuti: il diritto di imparare l'Albanese nella scuola superiore.

Un'organizzazione che cerca di mantenere la propria posizione è il Congresso Pan Macedone, l'iniziatore del controverso referendum contro il decentramento amministrativo dello scorso anno. Lavora parecchio con la diaspora e si basa su rigide posizioni nazionalistiche.

Difficile è dire dove si trovi l'estrema destra sul versante albanese. Specialmente perché ciò dipende se si è al governo o all'opposizione. I partiti abbandonano le loro dichiarazioni accese appena flirtano col potere e si orientano alla stabilità appena mettono piede in ufficio.

Recentemente una vera agitazione è stata causata dall'attività, in Macedonia, della rinata associazione "Bali Combtar", originariamente di tendenze nazi e anti-comuniste al tempo della II Guerra mondiale e tuttora denunciata pubblicamente dallo stesso governo albanese.

Un degli ultimi sviluppi, più sorprendente di qualsiasi altro, è stato l'avviso di allerta, giunto poco tempo fa da Bruxelles, sull'esistenza in Macedonia di cellule del fondamentalismo islamico. Qualcosa che giunge come una sorpresa tanto per gli Albanesi che per i Macedoni. L'etnocentrismo e non la religione è sempre stato il nutrimento delle attività politiche da queste parti. Ma i tempi cambiano globalmente e gli effetti si sentono dappertutto.